Lena Mukhina, un cigno dalle ali spezzate

Elena Mukhina (Foto: Boris Kaufman / Ria Novosti)

Elena Mukhina (Foto: Boris Kaufman / Ria Novosti)

Era considerata una delle migliori ginnaste dell'Unione Sovietica. Fino a quel tragico incidente, alla vigilia delle Olimpiadi di Mosca, che la costrinse per sempre su una sedia a rotelle

Nervi di acciaio, grazia di un'amazzone. Per una sicura stella della ginnastica mondiale. Così la leggenda rumena Nadia Comaneci, il primo “10” mai assegnato in una competizione a cinque cerchi, alle parallele asimmetriche, definiva Elena Mukhina, una dei talenti migliori mai espressi dall'Unione Sovietica. Ma si è messa di traverso la storia. Perché la russa in carriera ha vinto cinque medaglie agli Europei, cinque ai Mondiali (oro nel 1978 a Clermont Ferrand, in Francia, oscurando proprio Nadia Comaneci e il mito russo Nellie Kim) e altri allori nelle competizioni nazionali, non poco per uno scricciolo di 152 centimetri per 42 kg.

Ma a pochi giorni dalle Olimpiadi di Mosca, mentre a Minsk provava il famoso Salto Thomas (rotazione aerea di 540 gradi, un salto mortale e mezzo all’indietro), esercizio per la competizione olimpica, senza pubblico o giornalisti, come prevedeva il protocollo Urss, la sua caviglia infortunata non le consentì di staccare con la necessaria dinamicità. Lena – il soprannome della Mukhina, assieme a “la ragazza dal viso ghiacciato” che gli era stato assegnato dai giornalisti sportivi – cadeva con violenza sul tappeto della pedana.

Un medico presente intervenne immediatamente. Un dolore terribile, prima della perdita di conoscenza. Portata d'urgenza prima all'ospedale di Minsk, poi a quello militare di Mosca. E operazione d'urgenza per la frattura del rachide cervicale. Paralisi dal collo in giù. Carriera finita per una potenziale leggenda della disciplina. Che aveva voluto competere con ostinazione, nonostante una caviglia fratturata durante un periodo di gare in Gran Bretagna. Mai guarita, anzi, indebolita da allenamenti da dieci ore al giorno: i medici le avevano consigliato di chiudere con lo sport agonistico, c'era in ballo la sua salute. Ma il suo allenatore non volle sentire ragioni. La Mukhina era l’unica atleta della Cska che potesse ambire a una medaglia olimpica. Quindo doveva finire in pedana, anche a mezzo servizio.

Dopo il suo incidente, l'Urss alzò la cortina di ferro sulle sue condizioni. In Occidente si era diffusa la notizia del suo decesso, fino alla smentita dell'allenatore della squadra sovietica di ginnastica, Yuri Titov, plurimedagliato di Melbourne 1956 e Roma 1960. Poi, mesi, anni di silenzi, spifferi, fino alla consegna della medaglia d'argento per meriti olimpici da parte del Cio, consegnatagli dal presidente Antonio Samaranch. Lena era appena in grado di stare su una sedia a rotelle. E così fino al 2006, morta per arresto cardiaco dovuto alla sue condizioni di salute.

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