Sognando di fare il giornalista

Un mestiere che richiede talento, sacrifici e applicazione. Ecco come viene visto questo lavoro in Russia e in Italia, e quali sono le strade da intraprendere per seguire questa carriera
 
Niva Mirakyan
(Archivio personale) 

È giunto il momento di parlare di coloro grazie ai quali ogni giorno riceviamo le informazioni e le notizie più aggiornate. Vediamo qual è l'atteggiamento nei confronti dei giornalisti e dei reporter in Russia e in Italia, e qual è la strada per intraprendere queste professioni nei nostri due paesi.

A mio modo di vedere, negli ultimi anni in Russia la professione del giornalista si è leggermente svalutata. Voglio dire che essa ha perso quell'importanza che aveva in passato per la società. Purtroppo, quella del giornalista non è più considerata una professione elitaria come accadeva ancora venti, forse venticinque anni fa. Ricordo che nell'epoca sovietica, della quale sono stata almeno in parte testimone, i giornalisti che si occupavano degli esteri si contavano sulle dita di una mano. Le loro opinioni erano tenute da conto, ci si allineava su di esse, i reporter erano considerati degni d'invidia perché avevano la possibilità di girare il mondo, mentre per tutti gli altri una cosa del genere rimaneva solo un sogno. Oggi invece, con l'apertura di tutti i confini possibili e impossibili e con l'ampio utilizzo di internet e dei social network (in cui praticamente ciascuno di noi può considerarsi un cronista), il numero dei giornalisti è aumentato a tal punto che riuscire a "pescare" in questa fiumana un vero professionista di prima categoria sta diventando sempre più difficile. Per tutta una serie di motivi oggettivi e soggettivi accade che il nostro paese quasi non conosca i suoi "eroi". 


Foto: Shutterstock

L'unica eccezione è rappresentata forse dai giornalisti televisivi, che sostanzialmente devono la loro notorietà e il fatto di essere riconosciuti alla loro frequente presenza sugli schermi. In generale, però, nella coscienza della maggior parte dei cittadini russi un giornalista che scrive i suoi pezzi non è migliore, ad esempio, di un impiegato di banca o di un manager di medio livello.    

In Italia invece, per quanto ho potuto osservare, la situazione è completamente diversa. Nel Belpaese lo status del giornalista può essere paragonato a quello di un politico o addirittura di un diplomatico. I giornalisti in Italia sono rispettati e tenuti in considerazione; la gente segue con grande attenzione le loro pubblicazioni e ne discute con gli amici. Nei confronti di questa professione vi è insomma chiaramente un atteggiamento di riverenza. Ne ho avuto la prova più volte, nella mia esperienza personale. Ogni volta che mi domandano che lavoro faccio, sentendosi rispondere che sono una giornalista il mio interlocutore, chiunque egli sia (un semplice barista in un caffè o un signore distinto a qualche ricevimento importante), quasi sempre annuisce significativamente e ruota gli occhi verso l'alto, come se stesse parlando di una qualche divinità.

Non vi è alcun dubbio che essere giornalisti in Italia sia considerato assai prestigioso. Perché? È una questione complessa. Forse perché il cammino per approdare a questa professione in Italia è molto più tortuoso di quanto non lo sia in Russia.

"Che razza di professione è quella del giornalista? O sai esprimere chiaramente ciò che pensi, oppure no. Il giornalista lo può fare praticamente chiunque sappia scrivere in maniera abbastanza corretta e abbia un orizzonte abbastanza ampio", mi sbalordì una volta con questa affermazione un reporter assai noto e affermato. Eppure, a ben pensarci, una certa parte di verità nelle sue parole c'è: in Russia per diventare un giornalista, un osservatore, un reporter o un conduttore televisivo di successo non è affatto indispensabile conseguire un diploma per quella particolare professione. Per convincersene basta dare uno sguardo ai curricula di famosi rappresentanti dell'élite giornalistica russa. Tra questi rispettabili signori difficilmente troverete dei laureati presso la prestigiosa facoltà di giornalismo dell'università MGU. Vi imbatterete piuttosto in dei biologi (pensiamo, ad esempio, a uno dei conduttori televisivi più stimati in Russia, Vladimir Pozner), dei chimici e dei fisici. Non chiedetemi perché le cose stiano così: non lo so davvero. Resta però il fatto che in Russia la strada per diventare giornalisti è aperta praticamente a tutti. D'altra parte, è vero che non tutti sono in grado di percorrere questa "strada" e ottenere buoni risultati.

Non c'è dunque da stupirsi se quando mi sono trasferita a vivere in Italia ho scoperto con enorme sorpresa che per avere il diritto di chiamarsi "giornalista" non è sufficiente pubblicare degli articoli da qualche parte o commentare qualcosa. A differenza di quanto accade in Russia, per ottenere l'accesso alla professione qui è necessario superare un difficilissimo esame statale. Ho sentito dire che è quasi impossibile passarlo al primo tentativo, ma anche qualora si compia il "miracolo", una volta superato l'esame bisogna poi riuscire a suscitare l'interesse di qualche giornale. 

Devo riconoscere che, in fin dei conti, "il gioco vale la candela" e che di tutti questi "tormenti" col tempo si viene ampiamente ricompensati. Non ho ancora incontrato in nessun'altra città europea una simile concentrazione di giornalisti in attività, ex-giornalisti e aspiranti giornalisti come a Roma. Personalmente mi spiego questo grande interesse per la professione con il fatto che spesso il giornalismo è un ottimo mezzo per raggiungere altri obiettivi. Molte persone grazie a questo loro status e ai contatti stabiliti negli anni di attività col tempo riescono a fare una discreta carriera politica o a far "decollare" i propri affari. E quel che fa piacere soprattutto è che la società non li giudica male per questo...

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