Nevio Scala (Foto: Wikipedia) |
Prima di Luciano Spalletti allo Zenit San Pietroburgo, di Fabio Capello alla Nazionale russa. Di Ettore Messina al Cska Mosca (basket) oppure Daniele Bagnoli, ct della Russia nella pallavolo maschile. Nel novembre 2003 sbarcava allo Spartak Mosca Nevio Scala, allenatore padovano del Parma dei miracoli. Per portare la cultura tattica italiana nell'Europa dell'Est, ancora lontano dalle ricchezze investite dai milionari e alle sfumature del calcio europeo.
L'Italia del pallone era ancora padrone in Europa, appena un anno prima Juventus e Milan si giocavano la Champions League nella finale di Manchester. E in Russia avevano imparato negli anni a conoscere il miracolo del Parma, società mai arrivata nelle zone alte della Serie A, che in poco tempo si mise a vincere Coppe Europee, la Coppa delle Coppe 1993 e la Coppa Uefa 1995. Oltre a sfornare i campioni italiani del decennio successivo: come il 16enne Gigi Buffon, che Scala lanciò in prima squadra contro il Milan, nel 1995. Sempre Scala poi alzava la Coppa Intercontinentale con il Borussia Dortmund, in Germania.
Insomma, l'Italia era il top del pallone anche in panchina e i russi, che cominciavano ad accarezzare l'idea di dare un tocco occidentale al proprio movimento, decidevano di investire su di lui. Oltre che su calciatori che poi hanno fatto una grande carriera, come Nemanja Vidic, difensore serbo poi finito al Manchester United oppure Fernando Cavenaghi, attaccante argentino, considerato l'erede di Gabriel Batistuta.
Lo Spartak poi, apparteneva all'aristocrazia del calcio prima sovietico, poi russo. Prima di loro, puntavano su Scala gli ucraini dello Shakthar Donetsk, con cui vinceva il campionato e la Coppa Ucraina, nel 2002.
Il modulo di gioco era il 3-5-2, con i terzini che coprivano l'intera fascia, poi divenuto negli anni un marchio di fabbrica italiano, da Walter Mazzarri, allenatore di Napoli e Inter, fino ad Antonio Conte, allenatore della Juventus che sta per aggiudicarsi il terzo scudetto in fila. Ma Scala in Russia fece flop. Inaspettatamente. Niente campionati o Coppe vinte, tante incomprensioni con una dirigenza dirigista, pochi mesi e addio alla Premier Liga, a differenza dei suoi successori italiani. Una meteora.
"Quando ero allo Spartak c'era come presidente Chervichenko che non capiva molto di calcio. La società mi comprava giocatori che non volevo, era una dirigenza senza idee e senza comunicazione. Hanno fatto sempre quello che hanno voluto”, ha poi raccontato il tecnico italiano. Una delle poche eccezioni all'Italia che vince in terra russa.
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