Sempre sull'orlo del disastro

Disegno di Natalia Mikhaylenko

Disegno di Natalia Mikhaylenko

La vita nomade e avventurosa di Marc Chagall, il genio del surrealismo

Uno dei più famosi quadri di Marc Chagall (1887-1985) ha un titolo piuttosto elaborato: “Il tempo è un fiume senza rive”. Si tratta di un’opera surrealista, nella quale si vede un orologio a pendolo che galleggia sulle acque di un fiume, sormontato da un enorme pesce alato intento a suonare il violino. La metafora è incredibilmente calzante. Chagall infatti visse come quel pesce: possedeva un incredibile senso del tempo, e in caso di necessità era sempre pronto a prendere il volo. Quel suo intuito fenomenale lo aiutò a sfuggire ai pogrom contro gli ebrei, alle purghe di Stalin e ai campi di concentramento fascisti. Visse quasi cento anni: un secolo segnato da guerre, crudeltà e spargimenti di sangue. Si potrebbe dire che Chagall visse sempre sull’orlo del disastro.

Poco dopo la sua nascita, la sua città fu devastata da un incendio, come se con quelle fiamme il mondo avesse voluto dargli il benvenuto. Alcune bancarelle della piazza del mercato presero fuoco; le fiamme si propagarono rapidamente alle case vicine, e nel giro di un’ora l’intero quartiere era in fiamme. Per mettere in salvo il suo piccolo, la madre di Chagall portò la culla in strada, spostandola da un luogo all’altro in cerca di un angolo sicuro. “Forse è per questo - avrebbe affermato molti anni più tardi l’artista -, che provo un costante senso di ansia e l’esigenza di spostarmi da un luogo all’altro”. La seconda volta il pericolo si presentò a Chagall sotto le spoglie del famoso artista Kazimir Malevich, fondatore del Suprematismo.

Dopo la rivoluzione del 1917 Chagall era stato nominato Commissario dell’arte di Vitebsk. La carica consisteva nel supervisionare una scuola d’arte del luogo e organizzare eventi rivoluzionari. Chagall accettò l’incarico con slancio, e organizzò un festival surrealista rivoluzionario. In quell’occasione gli abitanti di Vitebsk, tra cui alcune signore issate su dei trampoli, sfilarono sfoggiando cappelli a tesa larga e coccarde ed esibendo un cartello sul quale si leggeva: “Lunga vita a una rivoluzione di parole e suoni!”. Le case che sorgevano lungo il tragitto della processione erano state dipinte di arancione e decorate con dei vistosi rettangoli blu. Sull’edifico che ospitava il consiglio comunale era stata issata una bandiera che raffigurava un uomo in sella a un cavallo verde, con la didascalia “A Vitebsk, da Chagall”.

Tutto ciò sarebbe andato bene se Malevich, l’autore della famosa “Piazza Nera”, non avesse persuaso i leader bolscevichi che Chagall non era sufficientemente rivoluzionario, dal momento che dipingeva persone in carne e ossa anziché figure astratte, come l’arte realmente astratta avrebbe richiesto. Non si trattava naturalmente di una questione di astrattismo: la realtà era che Malevich, intenzionato a farsi affidare la carica di commissario dell’arte, aveva deciso di estromettere il suo rivale. Chagall fu così costretto ad andarsene. Solo un paio di anni più tardi a Parigi iniziarono a giungere voci sulla persecuzione che le autorità sovietiche stavano perpetrando ai danni di artisti, poeti e musicisti. Senza dubbio, se Chagall fosse rimasto nel Paese gli sarebbe toccata la medesima sorte.

Tuttavia, nemmeno la Francia si rivelò essere un luogo sufficientemente sicuro per un personaggio come Chagall. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, egli vi rimase quasi sino all’arrivo delle truppe tedesche, e per poco rischiò di perdere l’occasione di andarsene. Non è difficile immaginare quale sarebbe stato il destino di un artista ebreo durante l’occupazione nazista della Francia. Nel 1933 in Germania le sue tele, e altre opere "dell’arte degenerata”, furono date alle fiamme. All’ultimo momento, Chagall fuggì alla volta di New York. Avrebbe potuto stabilirvisi, ma decise invece di continuare a cambiare dimora per il resto della sua vita. Quando era bambino, una zingara gli aveva predetto che sarebbe morto volando. Si sbagliava: Chagall morì infatti nel proprio letto. Aveva però vissuto tutta la vita in volo, come molti dei personaggi dei suoi quadri. Nelle tele di Chagall volano tutti: amanti, ebrei di provincia e persino i pesci. Volano e suonano il violino.

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