Vladimir Melanin (Foto: Ria Novosti)
Il campione inatteso all'Olimpiade dei trionfi. Cinquanta anni fa, a Innsbruck, il biathlon muoveva i primi passi ai Giochi invernali. Una disciplina - tiro a segno con carabina e sci di fondo – che in Unione Sovietica era ancora sconosciuta, lontana parente dell'hockey su ghiaccio o del calcio, praticata solo dai soldati tra il 1920 e il 1930. Nel 1960, ecco i primi passi della rivoluzione della neve: alle Olimpiadi statunitensi di Squaw Valley, esordiva la 20 chilometri individuale maschile. E quattro anni dopo, in Austria, faceva centro Vladimir Melanin. Primo oro sovietico. Da invitato a sorpresa nell'edizione di fenomeni che piazzavano l'Urss in testa al medagliere: 25 medaglie complessive, 11 d'oro.
Melanin, l'outsider. L'atleta che oggi non sarebbe neppure quotato dai bookmaker. Il favorito per la medaglia era il compagno di squadra Aleksandr Privalov. Lui era solo un ex sciatore convertito al biathlon sotto le armi. E non era stato neppure selezionato dalla squadra nazionale. Prima del dietrofront voluto proprio da Privalov e premiato con l'alloro olimpico. Erano le Olimpiadi quasi “collinari”. Perché Innsbruck è 574 metri sopra il livello del mare. E l'inverno austriaco era stato troppo mite.
La neve a quote basse non c'era, venne mobilitato l'esercito per trasportare 20 mila blocchi di ghiaccio per approntare le piste di bob e slittino. E altri 40 mila per i tracciati dello sci alpino, dello sci di fondo. Poi, le gare, con la cover dei Giochi che spettava di diritto a Lydia Skoblikova, ormidabile pattinatrice sovietica, che a 25 anni ancora da compiere confermava i due titoli mondiali conquistati nella valle californiana quattro anni prima (1500 e 3000 metri), aggiungendo quelli delle distanze più brevi (500 e 1000). Un en plein irripetibile e ineguagliato - perlomeno in campo femminile - nella storia olimpica.
E il ghiaccio era amico dell'Urss anche nel pattinaggio di figura con il successo della coppia Belousova – Protopopov, campioni di una scuola che dominerà negli anni successivi. Anche nell'hockey, l'Armata sovietica centrava sette vittorie in altrettante gare. Successi attesi. Non quello di Melanin, che festeggiava l'oro olimpico brindando con lo champagne con il segretario del Pcus, Nikita Krusciov. Era diventato una leggenda grazie a una sola gara, nonostante il biathlon non fosse popolare quanto oggi. E che resta sempre un passo indietro rispetto a sci alpino e sci di fondo.
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