La danza irrefrenabile di Isadora

Disegno di Natalia Mikhaylenko

Disegno di Natalia Mikhaylenko

La sua storia d’amore con il poeta Sergej Esenin, i frequenti viaggi nella Russia sovietica dove danzò per i marinai che avevano fatto la Rivoluzione. La celebre ballerina visse l’intera sua esistenza in modo intenso, impetuoso

Guardando Isadora neppure una persona dotata della più fervida immaginazione avrebbe mai pensato che potesse danzare. Era una donna piuttosto florida, senza il physique du rôledella ballerina. Non avrebbe potuto stare sulle punte, ma in compenso aveva una plasticità che ricordava quella delle danzatrici dei fregi dell’antica Grecia. Tale analogia non è casuale. Isadora studiava le danze greche e italiane. La sua identificazione con la Grecia rasentava l’assurdo. Girava per strada con indosso delle tuniche. Ora nessuno probabilmente ci farebbe  più caso, ma provate a immaginare l’Europa fin de siècle con le signore tutte agghindate e i signori in cilindro che si scappellano a cinquanta metri di distanza quando s’incontrano. E di colpo compare lei scalza, scarmigliata, in costume da danzatrice dell’antica Grecia.  Quando così abbigliata attraversò le vie di Atene per poco non fu arrestata dalla polizia. 

A invitarla a danzare non erano solo i teatri, ma anche i privati per i loro ricevimenti mondani. Isadora conquistò la sua fama per aver danzato nuda davanti al pubblico. Per lei significava liberarsi dalle convenzioni. Sbarazzarsi degli indumenti equivaleva a tornare a una condizione naturale, animale. Ma erano  in pochi a comprendere la sua concezione. La maggior parte degli spettatori erano convinti di assistere a uno spettacolo di spogliarello. È interessante rilevare come la sua seguace più famosa fosse la leggendaria spia Mata Hari, che decise di diventare lei stessa danzatrice, vittima della suggestione esercitata dai numeri di danza di Isadora. Mata Hari danzava nuda, con naturalezza, e nel tempo libero dall’attività spionistica, imitava le danze malesi e indiane. Ma a uno spettatore contemporaneo avrebbe fatto solo l’impressione di assistere a uno spettacolo di spogliarello. 

Non si può dire che Isadora intendesse consapevolmente choccare il pubblico. Era semplicemente preda delle sue emozioni incontenibili. Quella della spiritualità e della carnalità erano due categorie rigidamente separate nella coscienza del pubblico dell’epoca, ma nella coscienza di Isadora convivevano indissolubilmente insieme. Emblematica è la storia del suo rapporto con Stanislavskij. Estasiata da uno dei suoi allestimenti, Isadora dopo lo spettacolo, raggiunse Konstantin Sergeevich dietro le quinte per dirgli che avrebbe voluto danzare nuda per lui. Stanislavskij reagì freddamente: “Sarebbe molto interessante” disse “Lo prenderò certamente  in considerazione”. E aggiunse: “Insieme a Mashenka, la mia consorte!”.

Stanislavskij non era un uomo dalle decisioni radicali, estreme, irresponsabili come lei. Per la sua formazione culturale aveva un atteggiamento alquanto misurato, sobrio e lucido. In conclusione il loro scontro che avrebbe potuto trasformarsi in un dramma esistenziale, con un vortice di conseguenze, si stemperò in un aneddoto. Il vero dramma sarebbe accaduto in seguito, ormai dopo la rivoluzione, quando Isadora aprì a Mosca una scuola di danza moderna e cominciò a esibirsi. Durante una delle sue esibizioni conobbe Sergej Esenin. Isadora danzava sulle note dell’Internazionale.

È difficile pensare a quali fossero le reazioni degli operai, assai probabilmente erano stupiti. E come, se no? Una donna già in età, seminuda che saltava  per la scena, sventolando  una sciarpa rossa scarlatta. Che significato poteva avere? Ma quella sera era presente uno spettatore che reagì come si doveva. Il poeta Sergej Esenin capì subito di dover fare qualcosa. Qualcosa di eclatante, dirompente. Inveì contro il pubblico e gridò: “Via tutti!” e si scatenò davanti a Isadora in una danza passionale, selvaggia. Poi cadde in ginocchio. Isadora gli accarezzò la testa e gli disse: “Angelo”. Poi lo fissò negli occhi e aggiunse: “Demonio!”. E fu così che si dichiararono il loro amore.

Come riuscissero a comunicare è un mistero. Lei non conosceva quasi nessuna parola di russo. E senz’altro non capiva i suoi versi. Ma Esenin, proprio come Isadora, non separava la vita dalla poesia. Per lui la poesia e la vita erano un tutt’uno, così come per lei la vita s’identificava con la danza. Dopo le nozze lui assunse il doppio cognome Duncan-Esenin. Nella cerchia familiare chiamava Isadora “Dunka”, mentre lei in segno di rispetto lo chiamava Sergej Aleksandrovich. Tutto procedeva al meglio. Lei danzava e lui leggeva versi. Poi Isadora portò con sé Esenin in Europa e in America, nel bel mondo. Laggiù nessuno conosceva Esenin e lui si sentiva a disagio.

Quando i giornali scrissero dell’arrivo della grande Isadora in compagnia del suo giovane marito, Esenin s’infuriò talmente che le scagliò contro uno stivale. Non sopportando i suoi modi da teppista, Isadora se ne andò da sola a Parigi. “Vattene dove vuoi, vecchia carampana!” le gridò Esenin. Qualche settimana dopo le inviò un telegramma che diceva: “Amo un’altra, sono sposato e felice”. Felice non lo era affatto, si trattava di una bugia. La sua vita privata non funzionava. Beveva sempre di più, e parlava con Chernyj dell’uomo e del diavolo che viveva nella sua immaginazione, e a poco a poco perdeva la ragione. 

Poco tempo dopo la loro separazione Esenin si suicidò. Con la vita che conduceva non avrebbe potuto finire altrimenti. Solo tragicamente. Lo capivano tutti. Isadora gli sopravvisse ancora due anni. Eseguì la sua ultima danza a Nizza. Si mise al volante della sua auto, dopo essersi avvolta attorno al collo la celebre sciarpa scarlatta, la stessa con la quale aveva danzato davanti a Esenin. Congedandosi dagli amici che l’accompagnavano, disse: “Addio, amici, mi avvio verso la gloria!”. L’auto partì, la sciarpa s’impigliò nei raggi della ruota, strangolandola. A prestar fede alle parole di Isadora che affermava di aver cominciato a danzare quand’era ancora nel grembo materno, la danza era stata tutta la sua vita. Dall’inizio fino alla fine.

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