Un russo contro un ucraino. Per il top della boxe mondiale, soprattutto tra i pesi massimi, che ha virato da qualche tempo verso Est. Di recente, a Mosca, Vladimir Klitschko ha battuto il pugile di casa Aleksandr Povetkin nella sfida per la riunificazione dei titoli Ibf, Wba, Wbo e Wba.
Con Klitschko, 62 successi, appena tre sconfitte in carriera, che si conferma tra i più forti boxeur nel nuovo millennio. E se è oggettiva la mancanza di avversari di spessore, anche tra gli americani, è altrettanto vero che tra Ucraina e Russia si segnalano ora eredi degni della grande tradizione pugilistica sovietica. Che ha visto emergere negli anni Sessanta assoluti fuoriclasse, tra cui Valery Popenchenko, Gennady Shatkov, Viktor Ageev. E soprattutto, Boris Lagutin.
Categoria superwelter, medaglia d’oro olimpica a Tokyo (1964) e Città del Messico, quattro anni più tardi. Senza dimenticare il bronzo nei Giochi di Roma, 1960. Oltre a due titoli europei, sei titoli sovietici, un incredibile score di 241 successi e 11 sconfitte, di cui due maturate contro Ageev, il suo storico avversario, che pure aveva superato in altrettante circostanze.
Cifre impressionanti, quelle di Lagutin. Che rivelavano l’enorme distanza tra il pugilato dilettantistico sovietico, competitivo ma penalizzato dalla freddezza governativa con l’Occidente, e il professionismo. Con i pro’ americani ed europei che combattevano - già allora – meno incontri, incassando assegni corposi.
Senso tattico, grande gioco di gambe, potenza e colpo del ko con il destro: Lagutin aveva tutto il potenziale per diventare il migliore tra i pro’. A capo di un filone che collezionava successi e cinture iridate.
Ma solo nei dilettanti, fino alla caduta del Muro di Berlino, con pugili, cestisti, pallavolisti, calciatori che poterono affacciarsi in un nuovo mondo, per fare carriera e guadagnare soldi lontano dall’Urss. Mentre Lagutin era la punta di un movimento che aveva messo radici almeno dieci anni prima, alle Olimpiadi di Helsinki 1952. L’Urss si affacciava per la prima volta a grandi livelli, messa in secondo piano dalla scuola tecnica estone, lituana, soprattutto ungherese.
In precedenza, nei primi anni Trenta, con la nascita della Federazione pugilistica delle Repubbliche sovietiche, le palestre dell’Urss aprivano le porte a più di 30mila iscritti. Con un paradosso: i sovietici prendevano come riferimento per crescere proprio il modello americano, con campi di allenamento alla periferia di Mosca, atleti con i loro maestri. Da lì, ecco Lagutin, il fenomeno degli anni Sessanta.
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