Putin, Obama e il nodo della Siria

Stretta di mano tra il Presidente russo Vladimir Putin e il Presidente Usa Barack Obama

Stretta di mano tra il Presidente russo Vladimir Putin e il Presidente Usa Barack Obama

EPA
Il ruolo di Assad e i compromessi nella questione siriana continuano a dividere Mosca e Washington, che all’Assemblea delle Nazioni Unite hanno manifestato non poche divergenze. Ecco, in sintesi, cosa impedisce ai due Paesi di trovare un accordo

Il faccia a faccia tra Vladimir Putin e Barack Obama nell'arena della 70esima sessione dell'Assemblea Generale dell'Onu ha lasciato irrisolte alcune importanti e controverse questioni sollevate dalle parti.

Rbth propone ai lettori una sintesi dei punti cruciali che impediscono ai due Paesi di trovare un accordo di cooperazione nella lotta contro l’Isis.

Il discorso di Putin all'Onu
e le fragili relazioni
con l'Occidente

1. Il destino di Assad

È la fonte principale di dissenso. Si ha l'impressione che per l'America l'eliminazione di Bashar al Assad sia una questione ancora più fondamentale della battaglia contro l'Isis. Troppo capitale politico e troppe risorse propagandistiche sono stati spesi nella lotta dapprima contro Hafiz  Assad e in seguito contro Bashar. Recedere dalle proprie istanze vorrebbe dire ammettere i propri errori e dimostrare la proprio debolezza.

Perciò gli Stati Uniti puntano sull’opposizione laica e si rifiutano di collaborare con Bashar al Assad, che hanno ufficialmente bollato come “tiranno”. Gli americani fanno pressioni affinché il Presidente siriano abbandoni il potere, mentre i gruppi dell’opposizione si uniscono ai resti dell’esercito siriano per continuare la lotta contro gli estremisti islamici.

La Russia, al contrario, rimarca che solo Assad si deve ritenere il leader legittimo e indiscusso della Siria e che non può essere sostituito da nessuno. E sostiene che è il suo esercito a guidare la vera lotta contro l’Isis. Tuttavia, Mosca non idealizza Assad e lascia intendere che la Siria ha bisogno di riforme politiche, ma senza l’intervento di forze esterne. Il Cremlino è favorevole a un approccio pragmatico: innanzi tutto bisogna sconfiggere l’Isis e poi verranno avviati i negoziati tra il potere e l’opposizione.  

2. Il ruolo dell’Onu nella regolamentazione della crisi

Mosca ha fatto capire che è pronta ad aderire alla coalizione anti-jihadista promossa dagli Stati Uniti, ma solo previo mandato dell’Onu. È necessario che si stabiliscano chiaramente le “regole del gioco” per evitare che si ripeta lo scenario libico allorché col pretesto di difendere la popolazione civile i paesi occidentali rovesciarono Gheddafi. Il Cremlino chiede una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu dove vengano definiti gli obiettivi della coalizione internazionale e i mezzi da utilizzare per combattere l’Isis.

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3. Il ruolo degli attori regionali

Mosca è favorevole a un coinvolgimento dell’Iran nella lotta contro l’Isis e a una regolamentazione della crisi siriana. Tuttavia, ciò contrasta con la posizione delle monarchie del Golfo Persico alleate con gli Usa, in primis Arabia Saudita e Qatar, che considerano l’Iran un concorrente nel predominio sulla regione. Di fatto, la crisi siriana è per molti versi una conseguenza di queste contraddizioni irano-saudite: Teheran aiuta Assad, ma i jihadisti ricevono aiuti finanziari dai paesi del Golfo.

L’accordo siglato in luglio sul nucleare iraniano dovrebbe trasformare agli occhi dell’opinione pubblica occidentale l’Iran da emarginato internazionale in un partner pienamente affidabile per i negoziati. È assai probabile che il problema stia invece nella reale volontà da parte delle monarchie arabe di cercare un compromesso con Teheran.

Per il momento nella regione agiscono de facto due coalizioni anti-jihadiste in concorrenza tra loro. L’una sotto l’egida degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita e l’altra a cui aderiscono Russia, Iraq, Iran e il governo di Assad.

4. Le ragioni di politica interna di Putin e Obama

Negli Stati Uniti è cominciata la corsa alla presidenza. Una delle accuse mosse ai democratici riguarda la loro debole linea di politica estera. Per Barack Obama è importante mostrare determinazione e coerenza; in particolare nei confronti della Russia che i media americani identificano con il nuovo “impero del male”.

A Putin un eventuale successo nella lotta contro l’Isis darebbe l’opportunità di dimostrare alla popolazione russa che alla guida della nazione c’è un leader deciso che può restituire alla Russia lo status di grande potenza.

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