“Io sono Charlie”: cortei e manifestazioni nelle piazze di tutta la Francia contro il terrorismo (Foto: flickr/Keno Photography - Kenan Šabanović)
L’attentato messo a segno da estremisti islamici contro la rivista Charlie Hebdo, a Parigi, rappresenta un avvertimento tanto per la società francese che per il resto dell’Europa. Stando ad alcuni esperti russi, la vicenda ha messo in luce l’inefficacia delle attuali politiche messe in atto dall’Unione Europea nei confronti della comunità musulmana. Il problema è che ad oggi gli europei non sono riusciti a decidere quale direzione prendere. “La religione rappresenta sempre una sfida per uno Stato, dal momento che implica sempre, in una certa misura, lealtà e sottomissione a un’autorità diversa da quella dello Stato”, ha detto a Rbth Nikolai Silaev, senior ricercatore presso il MGIMO, il Centro per la sicurezza regionale e gli studi caucasici. Alcuni esperti suggeriscono che il problema potrebbe essere risolto accordando alla comunità musulmana maggiori diritti per autodeterminarsi.
“Occorre un ampio dibattito per stabilire in che misura riconoscere alle comunità religiose diritti e poteri collettivi. La Russia ha maturato una grande esperienza in questo campo”, ha dichiarato a Rbth Ilshat Saetov, direttore del Centro scientifico russo-turco della biblioteca di letteratura straniere. “In Gran Bretagna ad esempio già esistono dei tribunali della sharia ai quali è possibile rivolgersi per questioni inerenti il matrimonio e l’eredità. Chi desidera che propria eredità sia suddivisa in base alla legge islamica deve rivolgersi a un tribunale islamico”. Un simile approccio, ammette Ilshat Saetov, solleva delle questioni controverse, legate in particolare all’esigenza di far combaciare questo sistema con i diritti universali. Più che una questione controversa, tuttavia, si tratta di un punto cruciale. L’introduzione della sharia e di tribunali cristiani o ebraici obbliga infatti a rifiutare il concetto di diritti universali - gli stessi - per tutti i cittadini. L’Europa ha già accettato questa linea di condotta.
“La Francia e l’Unione Europea hanno tentato nell’insieme di integrare l’Islam. Lo hanno fatto attraverso la “correttezza politica”, il trasferimento de facto alle comunità islamiche di un grande livello di autonomia, l’offerta di cittadinanza, l’eliminazione dell’insegnamento della religione cristiana e della stampa liberal di sinistra”, spiega Nikolai Silaev. Così facendo le autorità, oltre a raggiungere un buon livello di integrazione dei musulmani all’interno della società europea, hanno però scatenato la reazione degli estremisti. La mancata integrazione dei giovani musulmani, la riluttanza da parte della polizia e della stampa di indagare e interferire nelle questioni delle comunità musulmane (per timore di essere tacciati di intolleranza) ha determinato un aumento dell’Islam popolare radicale, che si oppone ai valori europei. È soprattutto questo il motivo per cui “qui non abbiamo un conflitto tra Islam e cristianesimo, bensì tra fondamentalismo religioso e secolare”, afferma Igor Alexeev, studioso islamico e direttore della Fondazione Mardjani.
Un duro colpo al multiculturalismo e alla tolleranza
Stando a Igor Alexeev, “l’attacco terroristico di Parigi causerà una radicalizzazione dei gruppi conservativi di destra, dei nazionalisti secolari e dei fondamentalisti liberali, determinerà la messa in discussione dell’ideologia della tolleranza e del multiculturalismo e porterà, con il pretesto della “Guerra al terrore”, dal “neo-colonialismo” al ritorno all’intervento coloniale diretto nel mondo islamico”. Tale radicalizzazione “rappresenterà una minaccia per i sistemi politici e le tradizioni che si sono sviluppati in Europa. Quanto meno per la tradizione della tolleranza, del compromesso e della non-violenza verso i propri cittadini e quelli di altri Stati europei”, dichiara Dmitri Suslov, vice direttore del Centro studi multidisciplinari europei e internazionali. “L’esito di tale radicalizzazione potrebbe essere la distruzione della democrazia europea e dei sistemi sociali ad essa collegati”.
In Russia, dove Islam e Cristianesimo convivono insieme da molti secoli, è in vigore un approccio diverso, che evita la radicalizzazione. “In base a un tacito contratto sociale gli uni non toccano la fede degli altri”, dichiara Nikolai Silaev. È possibile che sia proprio questo il motivo per cui da un sondaggio condotto da Ekho Moskvy, l’organizzazione più liberale della Russia, è emerso che solo il 54% degli interpellati auspica che la stampa russa pubblichi le vignette anti-islamiche. L’esperienza della Russia con l’Islam non è certo perfetta. “Qui ricorriamo spesso a politiche multiculturali: le Repubbliche del Caucaso del nord fanno essenzialmente vita a sé, e sono isolate dalla cultura e dall’identità russe. Per ora ciò è compensato dalla lealtà delle élite locali verso il Cremlino, ma questa situazione non durerà per sempre”, spiega Dmitri Suslov. Tuttavia, ha permesso di raggiungere una relativa stabilità. Ekho Moskvy e Novaya Gazeta criticano le iniziative delle autorità locali nel Caucaso del Nord, me nessuno ha compiuto attentati esplosivi, e anche i temi potenzialmente incendiari (come la norma che vieta alle donne di coprirsi la testa all’interno delle scuole, in vigore nelle regioni meridionali) non scatenano proteste di massa, a differenza di quanto accadde nel 2005 con i disordini delle banlieue francesi.
La tragedia di Charlie Hebdo e la risposta della Russia
Il ruolo delle agenzie di intelligence
L’esperienza dalla Russia si basa su due strategie parallele dalle quali, secondo gli esperti, i francesi e gli europei dovrebbero trarre insegnamento. Innanzitutto, le autorità dovrebbero adottare una condotta volta ad adattare l’Islam. “Lo Stato tenta sempre di integrare l’Islam, rendendolo trasparente e comprensibile. L’istruzione islamica è organizzata sotto la supervisione del governo grazie alla creazione si una sorta di organizzazione ecclesiastica”, spiega Nikolai Silaev. In Russia questa organizzazione si chiama Comitato spirituale musulmano. Ma la politica di assimilazione e di burocratizzazione da sola non basta se non mette al tempo stesso i musulmani al riparo dall’influenza infiammatoria dei fondamentalisti che predicano in Unione Europea e non solo. È esattamente questo il motivo per cui l’Unione Europea, oltre ad attuare una politica di assimilazione deve incrementare le attività delle sue agenzie di intelligence. Attualmente queste sono inefficaci, come dimostrato dagli spostamenti che i musulmani europei hanno compiuto per partecipare alla jihad in Siria, e dall’attacco terroristico contro Charlie Hebdo. Naturalmente non suggeriamo una copia perfetta del Patriot Act americano, ma gli europei dovranno sacrificare alcune libertà in nome della sicurezza.
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