Nel corso della storia, la Crimea entrò nella sfera di influenza dell’Impero romano d'Oriente, del Khanato di Khazaria, dell'Impero mongolo e dell'Impero ottomano prima di essere annessa nel 1783 all'Impero russo (Foto: Sergei Savostianov / RG)
Potrà sembrare difficile crederlo, ma la Crimea, il cui status oggi turba le relazioni della Russia non solo con le nuove autorità ucraine ma anche con l'Occidente, solo 60 anni fa fu un "dono fraterno" che il popolo russo fece a quello ucraino per commemorare il 300esimo anniversario dell’unione in un unico Stato della Russia e della Riva sinistra ucraina. Tale gesto simbolico avrebbe dovuto rafforzare l'amicizia, l'economia e il peso politico del nuovo segretario generale Nikita Krusciov. Va ricordato che la Crimea, nel corso della storia, entrò nella sfera di influenza dell’Impero romano d'Oriente, del Khanato di Khazaria, dell'Impero mongolo e dell'Impero ottomano prima di essere annessa nel 1783 all'Impero russo. Quest'ultimo rimase a sua volta un’entità monolitica solo fino al 1917, quando, dopo la Rivoluzione, si divise in repubbliche sovietiche formalmente indipendenti e autonome, una delle quali era appunto la Crimea.
A seguito di tutti i moti rivoluzionari, la penisola rimase parte della Russia, che ricevette il nome di Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (Rsfsr). La Crimea venne poi ceduta all’Ucraina, che allora si chiamava Repubblica Socialista Sovietica Ucraina o Rssu ed era formalmente indipendente all’interno dell'Unione Sovietica, in maniera del tutto inaspettata, non solo per i suoi abitanti ma anche per l'élite politica del Paese di quegli anni. Subito dopo l’ascesa al potere, Nikita Krusciov, che per molti anni aveva ricoperto la carica di primo segretario del comitato centrale del Partito Comunista Ucraino, decise di compiere un gesto simbolico in modo tale da garantirsi il sostegno dell’influente “establishment” ucraino. E decise di farlo in maniera volontaristica, suggerendo, in una riunione su questioni agricole, svoltasi presso il Cremlino, di donare la Crimea all’Ucraina. Come ricordò più tardi il futuro Ministro degli Esteri sovietico Dmitry Shepilov, presente a suddetta riunione, "Krusciov voleva, da parte sua, offrire all’Ucraina un regalo servito su piatto d'oro per dimostrare a tutta la repubblica la sua generosità e il suo interesse costante per la prosperità dell’Ucraina".
“Gli ucraini saranno più che felici se cediamo loro la Crimea. Anche con la Federazione russa, credo, raggiungeremo un accordo. Bisogna solo fare tutto con un po’ testa”, fu così che, secondo Shepilov, il leader del partito presentò la sua proposta. Il predecessore di Shepilov, nell’incarico di capo del Ministero degli Esteri sovietico, il celebre commissario stalinista Molotov, anch’egli presente al discorso di Krusciov, disse: "Certo, la proposta è sbagliata. Ma, a quanto pare, dovrà essere presa”. Le argomentazioni che Krusciov apportò, coincisero quasi alla lettera con quelle che pronunciarono più tardi gli "oratori di fuoco" Mikhail Tarasov e Otto Kuusinen in occasione della riunione del Presidium del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa del 5 Febbraio 1954. In breve, queste argomentazioni potevano essere riassunte nei seguenti tre punti: l’Ucraina è più vicina alla Crimea, con la nuova configurazione sarà più facile condurre tutte le trattative economiche, che differenza fa se l'Ucraina e la Russia sono alla fin fine lo stesso Stato.
Negli Anni '50, la popolazione della Crimea non si indignò dinanzi al "trasferimento", per gli stessi motivi che avevano sottolineato i politici: tutto venne fatto all’interno dello stesso Stato, nessuno notò il cambiamento. Molti non se ne accorsero solo successivamente, quando all’improvviso per le strade iniziarono a comparire cartelli in lingua ucraina.
Gli aspetti giuridici del “regalo”
Dopo 60 anni dalla data del passaggio della Crimea, continuano i dibattiti circa la legittimità di tale decisione. La questione che solleva maggiori dubbi tra storici e avvocati è capire chi avesse il diritto di dare il consenso, a nome della Federazione Russa, per alterarne il territorio e i confini. Di questo consenso obbligatorio parlavano, a quell’epoca, tanto l'articolo 16 della Costituzione della Rsfsr del 1937 quanto l’articolo 18 della Costituzione dell'Urss del 1936. Tale consenso venne formalizzato da entrambe le repubbliche mediante una delibera dei loro rispettivi governi (i Presidium dei Soviet Supremi). Tuttavia, l’articolo 33 della Costituzione della Rsfsr, contenente l'elenco dei pieni poteri del Presidium del Soviet Supremo della Rsfsr, non contemplava la possibilità di cambiare i confini della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, ma sì quello di indire un referendum. Tuttavia, né in Crimea né nella Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, dalla quale si sarebbe separata la penisola, venne condotto un referendum.
Ancora più complessa fu la vicenda dello status di Sebastopoli, che fin dai tempi degli zar era una città fortezza e che quindi godeva dello status di entità autonoma. Dopo aver perso tale status a seguito della rivoluzione, nel 1948 con decreto del Presidium del Soviet Supremo della Rsfsr, Sebastopoli si staccò dalla regione della Crimea e divenne una città a statuto speciale della Rsfsr. Dopo il passaggio della Crimea alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, la città continuò per lungo tempo a ricevere finanziamenti tanto da Mosca quanto da Kiev. Successivamente, con l'adozione della costituzione del 1978, Sebastopoli passò definitivamente all'Ucraina. Un passaggio che suscitò e continua a suscitare il forte dissenso della sua popolazione. Nel 1994, il consiglio comunale cittadino prese persino la decisione di unirsi alla Russia.
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