L’incognita della Crimea

La Crimea è considerata la regione più russa dell’Ucraina: il 58% della sua popolazione è infatti di etnia russa (Foto: Reuters)

La Crimea è considerata la regione più russa dell’Ucraina: il 58% della sua popolazione è infatti di etnia russa (Foto: Reuters)

La crisi in Ucraina sta sollevando venti di secessione nella regione più russa di tutto il Paese

Le recenti dichiarazioni rilasciate da alcuni politici della Crimea e l’inasprirsi della crisi in Ucraina impongono un’ulteriore riflessione sullo status e la storia di questa penisola. Dalla regione più russa dell’Ucraina potrebbe forse cominciare la dissoluzione di questo Stato. A indagare sulle chance che ha la Crimea di restare ucraina è il quotidiano Vzglyad.

Come la Crimea diventò ucraina

La Crimea è popolata da tempi immemorabili, ma la nazionalità della penisola e la composizione della sua popolazione sono mutate continuamente. Nel 1441 la Crimea diventò un khanato indipendente, ma la sua indipendenza non durò a lungo: nel 1475 il khanato di Crimea aveva già riconosciuto la sovranità ottomana. Per trecento anni i tatari di Crimea rimasero sotto la dominazione del sultano conservando un’ampia autonomia e tutelarono la madrepatria dalle minacce di attacchi dal Nord, garantendo un costante afflusso di schiavi. Nel 1774, dopo l’ennesima guerra russo-turca, il khan divenne un vassallo non dell’Impero ottomano, bensì di quello russo.

Fino al 1944 l’Ucraina rimase russo-tatara. Per due volte fu invasa dai tedeschi (nel 1918 e negli anni 1941-1944); durante la rivoluzione i tatari cercarono di costituire un khanato indipendente, ma in seguito la Crimea tornò a far parte della Russia sovietica. Il potere tutelava i tatari, ma alla fine la Crimea tornò a far parte della Russia sovietica. Tuttavia, dopo la guerra, con l’occupazione e il collaborazionismo tataro, questa tolleranza lasciò il posto alla collera: nel 1944 i tatari di Crimea furono deportati a Oriente. Nel 1954 la Crimea fu privata della sua autonomia ed entrò a far parte della compagine dello Stato ucraino. Ciò coincise con il tricentenario del trattato di Perejaslav e l’adozione della decisione di unificare Ucraina e Russia, ma in realtà le ragioni erano legate alla posizione geopolitica dell’Ucraina, più facilmente governabile da Kiev che non da Mosca.

Una Crimea sull’orlo della guerra

Negli anni '90 in Crimea ribollivano passioni non rassicuranti. Una volta ottenuta l’indipendenza, l’Ucraina cercò di ucrainizzare la Tauride, incontrando la resistenza della popolazione locale. I tatari, che avevano ottenuto il diritto di tornare legalmente in patria, si mobilitarono, usando il pretesto della ribellione per recuperare le terre e i privilegi perduti. E il pomo della discordia fu la dislocazione in Crimea della base più importante della flotta sovietica a Sebastopoli.

La conseguenza fu che la Crimea non si separò dall’Ucraina, ma riuscì a ottenere dei diritti speciali: solo questa regione possiede infatti lo status di repubblica autonoma. Fu di fatto permesso alla Crimea di rimanere russa, limitando i segni del cambiamento alla sostituzione delle insegne nelle strade. Tutto pareva risolto, ma poi è arrivato l’Euromaidan.

Il diritto a essere una penisola

Vanno innanzitutto rilevati due fattori importanti: il primo di ordine etnoculturale e il secondo di ordine economico.

La Crimea è la regione più russa dell’Ucraina. Il 58% della sua popolazione è di etnia russa, il 24%  ucraina e il 12% tatara. Inoltre, il russo è considerato la lingua madre da tre quarti dei suoi abitanti, mentre l’ucraino solo da un decimo. Secondo le stime ufficiali dell’Istituto internazionale di sociologia di Kiev, il 97% degli abitanti usa la lingua russa per comunicare.

La Crimea non possiede di fatto un’élite economica autoctona, né una legata all’Europa. Negli anni dell’indipendenza è stata fortemente parcellizzata; nella seconda metà degli anni '90 gli oligarchi ucraini si sono interessati alle località turistiche, cominciando a investire denaro, ma denaro di altri, motivo per cui le élite di Crimea non hanno gli stessi freni che possono avere quelle di Donetsk o di Dnepropetrovsk così accomodanti quando entrano in campo l’Unione Europea e gli Stati Uniti.

A causa di questi due fattori la Crimea non poteva restare indifferente a quanto sta avvenendo a Kiev. Da principio ha espresso il suo scontento e poi ha chiesto al presidente che l’ordine venisse ripristinato. Ma l’inasprimento della crisi, iniziata neanche a farlo apposta col giubileo per i 360 anni del trattato di Perejaslav e il sessantennale dell’annessione della Crimea all’Ucraina, ha prodotto anche una reazione ufficiale.

Gli umori in Crimea

Il 19 febbraio il Presidium del Consiglio Supremo della Repubblica autonoma di Crimea ha esortato il presidente dell’Ucraina, Viktor Yanukovich, ad adottare delle misure straordinarie per ripristinare l’ordine a Kiev, sottolineando il rischio di una guerra civile nel Paese. Il presidente del Consiglio Supremo della Repubblica autonoma di Crimea, Vladimir Konstantinov, aveva comunicato ai deputati della Duma di Stato della Federazione Russa che “la Crimea avrebbe sollevato la questione di una sua secessione dall’Ucraina in caso di rovesciamento del potere legittimo”, per poi correggersi e affermare che la questione non era stata ancora presa in esame.

In Crimea si avvertono le pesanti conseguenze economiche dell’instabilità del Paese, e a esasperare gli abitanti sono le “truppe” dei nazionalisti ucraini; qui tornano i poliziotti feriti, reduci da Maidan… Che cosa potrà accadere in seguito?

Tre i possibili scenari di sviluppo degli avvenimenti

Il primo: la situazione in qualche modo si appianerà, ma l’unico ad auspicare una tregua alle condizioni precedenti sembra essere il presidente Yanukovich. Le possibilità del prefigurarsi di questo scenario sono scarse. 

Il secondo è che la Crimea estenda la propria autonomia. Questa variante è possibile a patto che si raggiunga qualche forma di stabilità e solo con un’intesa delle parti sulla federalizzazione dell’Ucraina, ma i sostenitori dell’indipendenza ucraina sono i primi a temere una federalizzazione.

Il terzo è che la Repubblica autonoma di Crimea esca dalla compagine dell’Ucraina per diventare l’ennesimo Stato “non riconosciuto” sotto l’egida della Russia. E questa ipotesi Kiev non è in grado di contrastarla con il ricorso alla forza,  persino nel caso in cui dovesse ottenere il potere: l’Ucraina indipendente non dispone di fatto di un suo esercito e neppure delle leve economiche a causa della crisi. Tuttavia, un simile scenario caratterizza anche la stessa Crimea con il suo conflitto tra tatari e russi.

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