Sostenitori del presidente venezuelano Hugo Chavez (Foto: Ap)
Il principale intrigo di politica estera si è concluso con il rinvio a tempo indeterminato della cerimonia di insediamento del presidente venezuelano Hugo Chavez. L’opposizione ha chiesto nuove elezioni presidenziali, ma la Corte Suprema ha stabilito che il rinvio della data è legittimo e in linea con la Costituzione del Paese.
Malgrado il verdetto della Corte, la situazione rimane tesa: il Venezuela potrebbe essere infatti a un passo dalla crisi politica e Mosca segue con apprensione lo stato di salute di Chavez.
Secondo quanto riferito dall’ufficio stampa del Cremlino, verso la fine di dicembre 2012 il Presidente Vladimir Putin ha spedito a Chavez gli auguri di Natale e per il Nuovo Anno, esprimendo al tempo stesso la certezza che la sua forza e la sua vitalità lo aiuteranno a superare le recenti difficoltà e a tornare al potere, e che sotto la sua guida la Repubblica bolivariana del Venezuela continuerà a svilupparsi con successo.
Le preoccupazioni della Russia riguardo alla salute di Chavez sono facilmente comprensibili: i rapporti personali tra i presidenti dei due Paesi sono sempre stati affabili e amichevoli, al punto che, secondo alcuni esperti politici, Putin avrebbe trovato in Chavez un’anima gemella. Dal canto suo, il presidente venezuelano ha più volte enfatizzato l’importanza dei rapporti del suo Paese con la Russia: garante del mondo multipolare, fondamentale alla costruzione di un ordine mondiale equilibrato.
Venezuela e Russia sono inoltre legati da numerosi contratti incentrati sul settore petrolifero e militare. Nell’ottobre del 2011 i due Paesi hanno firmato un accordo bilaterale dal valore di otto miliardi di dollari (comprensivi di un prestito di 4 miliardi a favore del Venezuela, concesso nell’ambito di un programma militare e tecnico). Il Consorzio nazionale petrolifero e la venezuelana Pdvsa daranno vita a una joint-venture per la produzione di petrolio nel giacimento Carabobo 2 (nella regione della “oil belt” dell’Orinoco), le cui riserve sono stimate in quarantamila barili al giorno. La produzione nel giacimento Junin-6 è invece già iniziata, e prevede anche la partecipazione di specialisti russi.
Simili iniziative potrebbero essere messe a rischio dall’incombente crisi politica venezuelana: una eventualità che gli analisti finanziari russi non escludono, per quanto improbabile. Stando a Grigory Birg, analista di Investcafe, il Venezuela possiede delle riserve di greggio imponenti, il cui sviluppo richiede però investimenti e competenze da parte delle compagnie petrolifere internazionali. Al fine di poter mettere in atto i suoi ambiziosi progetti, il Venezuela ha dunque bisogno degli investitori russi. Tuttavia, se la situazione dovesse cambiare, potrebbe accadere qualsiasi cosa.
Ad essere a rischio sono anche i contratti militari firmati nel corso degli ultimi sette anni. Dall’inizio del 2012 il Venezuela ha inoltrato ordini per un valore stimato attorno ai 6–7 miliardi di dollari (una cifra che non comprende i quattro miliardi offerti dalla Russia a Caracas per incentivare la collaborazione militare e tecnica).
I numerosi contratti incentrati sulla produzione di petrolio e di gas e la linea di credito accordata al Venezuela per l’acquisto di armi russe rappresentano, di fatto, l’unica base dei rapporti commerciali ed economici tra i due Paesi, senza che nulla compensi un simile squilibrio nei loro rapporti commerciali.
Nonostante ciò, il Venezuela rimane il principale alleato economico e politico della Russia nella regione. Era stato proprio il Venezuela ad aprire alla Russia l’importante mercato latino-americano delle tecnologie militari. Tramite l’aperto sostegno del proprio leader, il Venezuela ha inoltre agevolato il coinvolgimento della Russia in alcuni grandi progetti di investimento nella regione.
“È decisamente troppo presto per azzardare delle previsioni sul ritorno di Chavez, dal momento che questo dipende interamente dai medici cubani”, ha detto Andrei Pyatakov, senior associate dell’Istituto dell’America latina dell’Accademia russa delle Scienze. “Per la rivoluzione bolivariana si possono identificare due probabili scenari. Il primo: che l’opposizione, rimasta piuttosto popolare malgrado la sconfitta subita alle presidenziali, diventi più attiva; il secondo: che si verifichi una scissione all’interno del partito al potere. Se le differenze interne dovessero accentuarsi, il Venezuela potrebbe rischiare una crisi politica”, afferma Pyatakov.
Stando a Pyatakov, se l’opposizione riuscisse a indurre l’amministrazione a indire delle nuove elezioni, l’ala ortodossa del chavismo non avrebbe alcuna possibilità di rimanere al potere. Tuttavia, è difficile che i rapporti tra Russia e Venezuela possano subire delle radicali trasformazioni: l’opposizione è interessata al mantenimento dei redditizi contratti bilaterali nel settore petrolifero, e tuttavia, secondo Pyatakov, è possibile che l’assetto bilaterale si de-politicizzi. Ciò rallenterebbe, o farebbe venir meno, la componente economica della collaborazione con la Russia; inoltre, nel caso in cui in l’opposizione venezuelana salisse al potere, è improbabile che la cooperazione del Paese con le compagnie russe possa venirne rafforzata, o che si firmino nuovi contratti.
Il Venezuela si sta affacciando a una nuova, protratta fase di profondi cambiamenti. È importante che la Russia capisca che il suo alleato latino-americano non potrà più essere lo stesso di prima.
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