Ammalarsi di covid a Mosca, il calvario di un italiano: "I medici russi mi hanno salvato"

Alena Repkina
I primi sintomi, la fame d’aria, il ricovero all’ospedale da campo allestito per l’emergenza. Giovanni Savino, professore all’università, ripercorre un calvario durato quasi un mese

Ha ritrovato la voce e l’ironia di sempre, nonostante la grande stanchezza che ancora adesso lo perseguita. Ma dopo quasi un mese d’inferno, Giovanni Savino può tornare finalmente a respirare. 36 anni, campano, professore di storia all’università Ranepa di Mosca (Accademia Presidenziale Russa dell'Economia Nazionale e della Pubblica Amministrazione), Savino ha appena vinto la sua battaglia più importante: quella contro il covid. E ora ci racconta cosa vuol dire affrontare il calvario del virus in Russia. 

Giovanni Savino dal letto dell'ospedale di Mosca dove è stato ricoverato per covid-19

Innanzitutto, come sta?

Adesso bene: riesco a camminare, ho addirittura ripreso a fare lezione, ovviamente a distanza. Continuo però a sentirmi molto stanco e ad avere dei piccoli vuoti di memoria, dicono che durerà ancora un po’... 

Quanto tempo ha passato in ospedale?

Venti giorni, di cui 16 o 17 attaccato all’ossigeno. Non riuscivo ad alzarmi, a mangiare, a respirare. Per fortuna non sono finito in rianimazione, ma c’è mancato pochissimo: avevo il 75% dei polmoni infetto! La dottoressa Karpova - alla quale va tutto il mio ringraziamento - mi dava le pastiglie direttamente dalla mano perché non potevo muovermi. 

Oltre alla fame d’aria e all’inappetenza, ci sono momenti di perdita di memoria, momenti di confusione totale. E poi la stanchezza, le reazioni dermatologiche… Ho perso 12 chili.

Com’è iniziato questo calvario?

Mia figlia sta frequentando i corsi preparatori all’università della “Vysshaya shkola ekonomiki” (Scuola superiore di economia), e lì si sono rifiutati di passare all’online, nonostante nel campo dell’istruzione a Mosca si stia facendo tutto a distanza. 

Un giorno è tornata a casa e ha iniziato ad accusare perdita dell’olfatto e del gusto, febbre alta. Dopo un paio di giorni - era il 28 ottobre - io ho iniziato a sentirmi molto stanco. Poi è comparsa la febbre. 

Ha fatto il tampone?

Sì, il 2 novembre mi sono recato in un ambulatorio dove mi hanno fatto il tampone (positivo), e una tac, dalla quale è emerso che i polmoni erano infetti solo al 25%. Nel giro di due giorni la situazione si è aggravata.

Uno degli ospedali temporanei allestiti a Mosca per l'emergenza covid

E così l’hanno ricoverata...

Abbiamo chiamato l’ambulanza e mi hanno portato al palaghiaccio di Krylatskoe, dove è stato allestito un ospedale da campo. Sono rimasto lì due giorni. Poi la situazione è peggiorata e mi hanno trasferito all’ospedale N.67.

Com’è un ospedale da campo in piena pandemia a Mosca?

L’ho trovato molto buono ed efficiente, con un gran livello di organizzazione. Quando un paziente arriva gli fanno i prelievi, lo registrano e gli danno il pigiama insieme a una borsetta con il necessaire e la lametta per la barba! C’è addirittura il wi-fi!

Anche l’ospedale pubblico ha il wi-fi?

Sì. Per esperienza personale posso raccontarne di tutti i colori, ma in questo caso non ho proprio nulla da ridire: ospedale pulito, medici bravi, gentili. Ho notato una grande professionalità e una grande capacità di interpretare le esigenze del malato. A loro e alla dottoressa Karpova va tutta la mia gratitudine: mi hanno salvato la vita! Per la prima volta ho visto la morte in faccia.  

Con il passare dei giorni e l’aumento delle persone ricoverate si notava che il personale medico era sempre più indaffarato: è capitato che ci facessero i prelievi di notte, perché erano oberati di lavoro. 

Flebo

Come trascorreva le giornate in ospedale?

Le giornate erano lunghe, scandite ovviamente dai controlli e dagli orari dei pasti (colazione alle 9, pranzo all’una, la cena tra le 5 e le 6). I primi giorni li ho fatti sempre allettato; avevo con me solo il cellulare, il Kindle, un libro cartaceo e un quaderno con la penna. Ma non sono mai riuscito a leggere il libro né a scrivere perché l’ago cannula nel braccio mi faceva male. Mi limitavo a leggere un po’ il Kindle e a guardare qualche serie su Netflix.

E poi c’erano i controlli medici...

Si iniziava la mattina con la misurazione della febbre, poi due punture di eparina sulla pancia, mattina e sera; mi davano 14 pillole al giorno e nei giorni più difficili sono arrivato a fare 6 flebo, oltre alle iniezioni per ogni possibile complicazione… Dopo questo bombardamento di medicinali ho iniziato a stare meglio. Pian piano ho ripreso a mangiare, ad alzarmi senza affanno o tosse, a fare qualche passo in più, a lavarmi… Questa esperienza è stata una grande lezione: ci sono tante cose che diamo per scontate e ora sento di avere uno sguardo diverso.

Selfie dalla stanza d'ospedale

Con lei c’erano altre persone in camera?

Nell’ospedale pubblico generalmente eravamo in due persone per stanza. Per qualche giorno ho diviso la camera con un uomo sotto ai 50 anni, Vadim, ricoverato con una forma leggera di covid; ogni tanto con lui parlavamo di storia, mi raccontò di quando fece il militare nella Germania Est. Poi è arrivato un signore che sosteneva di essere un discendente di Gengis Khan. 

Con quali medicinali l’hanno curata? 

In ospedale col Klaruktam (un medicinale basato sulla Cefotaxima) e la moxifloxacina, per flebo; poi ambroxolo, enoxaparina (ovvero eparina), desametasone, una volta con ilsira, una sorta di medicinale russo anticovid… E ancora: metoprololo, spironolattone. Ora che sono a casa mi hanno prescritto un anticoagulante per 2 mesi, Betaloc ZOK (metoprololo) per la pressione e il perineva (perindopril) per tener sotto controllo circolazione e pressione. Inoltre devo fare ginnastica respiratoria.

Medici specialisti nella

Ha pagato per il ricovero e le cure?

No, non ho pagato neanche un rublo, solo i medicinali quando sono tornato a casa. Ho un’assicurazione medica ma non la OMS (Обязательное медицинское страхование, Obyazatelnoe meditsinksoe strakhovanie, l’assicurazione medica obbligatoria, ndr), ma con l’epidemia in Russia assistono tutti gratuitamente: essendo una situazione di emergenza, c’è un decreto del governo russo che prevede l’assistenza per tutti. 

Io mi reputo fortunato: innanzitutto fortunato di essere a Mosca, perché nelle regioni la situazione forse è ben diversa; e poi fortunato di essere capitato in un buon ospedale. In altre zone del paese probabilmente sarà diverso, ma la Russia ha dimostrato di saper fare grandi cose nelle situazioni d’emergenza a Mosca.

Cosa le davano da mangiare in ospedale?

Zuppe, come rassolnik, borsch vegetariano, minestrina di pollo (kurinnyj buljon). E poi beef stroganof, salsiccia, omlette... Era buono, tutto in monoporzioni. Poi, quando mi hanno dimesso, ho subito ordinato un khachapuri po-adzharskij (una focaccia ripiena tipica della georgia, ndr)!

Dove ha trovato la forza per venirne fuori?

Mia moglie e la mia famiglia mi hanno aiutato tantissimo. Ho ricevuto migliaia di messaggi di supporto e un messaggio vocale da parte di mia nonna, che dall’Italia mi intimava di mangiare!

Ma ho ricevuto anche tanti messaggi di negazionisti che, commentando i miei post su Facebook, dicevano che quello che raccontavo non era vero. 

Una foto scattata attraverso la app

Adesso finalmente l’hanno dimessa… 

Sì, il 24 novembre, dopo 20 giorni di ospedale, mi hanno mandato a casa. Ora sono negativo al tampone e dovrò rifarlo per poter uscire dall’isolamento nei prossimi giorni.

Come vengono monitorate le sue condizioni di salute durante l’isolamento domestico?

Da quando sono a casa vengo monitorato con il servizio di telemedicina del Comune di Mosca: mi chiedono i dati della febbre, della pressione; ora verranno per farmi il tampone. Inoltre c’è il Sotsialnyj monitoring, una app attraverso la quale ogni 4 ore devo inviare un selfie per dimostrare che sono a casa in isolamento.

Com’erano le sue condizioni fisiche prima del covid?

Ho 36 anni, non avevo patologie pregresse, non fumo... Ero un po’ sovrappeso ma nulla di così grave. È stata veramente durissima… Anche i medici si sono stupiti di come la patologia si sia sviluppata in così breve tempo e in una forma così aggressiva. 

Le prime dosi del vaccino Sputnik V somministrate in una clinica di Mosca

A Mosca è partita la campagna di vaccinazione. Lei lo farebbe il vaccino?

Per ora non lo farò perché ho gli anticorpi, ma se si abbasseranno lo farò. Ho già ricevuto il messaggio del Dipartimento della Salute di Mosca con il quale mi avvisano che, per il lavoro che svolgo, ho la priorità. Tutti gli italiani che conosco qui a Mosca se lo voglio fare.

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