Come è apparso il saluto militare russo?

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GEORGY MANAEV
Gli uomini delle forze armate russe si salutano portando la mano alla testa, con il palmo rivolto verso il basso. Ripercorriamo la storia di questa usanza

Il saluto militare non è altro che un segnale di intenzioni pacifiche: quando un militare mostra la mano destra, indica che è vuota, e perciò priva di armi. Ma perché si solleva proprio la mano destra? Le spiegazioni sono molteplici. 

Innanzitutto, ai tempi della cavalleria, i cavalieri alzavano la visiera dell’elmetto per guardare la persona da salutare; si tratta inoltre di un gesto piuttosto rudimentale, utilizzato al posto della visiera che veniva sollevata.

A chi è rivolto il saluto?

Tenete presente che il saluto militare non viene rivolto alla persona, sia essa un ufficiale o un soldato semplice, bensì all’uniforme militare che quella persona indossa. Il saluto è un gesto di riconoscimento reciproco e di appartenenza alla stessa corporazione: un simbolo di rispetto tra militari. 

Per questo viene eseguito solo da persone in uniforme e verso altre persone in uniforme, tranne nel caso del capo di Stato e del capo dell’esercito. Tuttavia, quando il presidente Vladimir Putin, ad esempio, viene salutato e indossa abiti civili, egli non restituisce il saluto, perché non veste l’uniforme e non indossa il copricapo militare (a differenza di come avviene negli Stati Uniti).   

Nell'esercito della Russia medievale non vi era l’usanza di fare il saluto militare: c’erano infatti pochi ranghi e i militari di alto rango erano allo stesso tempo persone appartenenti all’alta sfera della gerarchia statale, e per questo si salutavano con l'inchino.

L'eredità di Suvorov

Non ci sono molte informazioni sul saluto militare nella Russia imperiale prima del 1765, quando il comandante militare russo Aleksandr Suvorov definì le regole del saluto militare nella sua opera teorica “Istituzione reggimentale”. Stando a ciò che si legge, il copricapo (a quei tempi, un tricorno), doveva essere tolto dal soldato con la mano sinistra 6 passi prima di avvicinarsi a una persona di rango superiore, e doveva essere tenuto con la mano sinistra fino a quando il superiore non si fosse allontanato di 6 passi.

Tuttavia, con il numero crescente di militari e la differenza tra i loro copricapi (elmetti, sciaccò, berretti...), è nata l'esigenza di un saluto militare universale: e così, nel corso del XIX secolo, nell'esercito imperiale russo fu introdotto il cosiddetto “saluto polacco” (o “saluto con due dita”); veniva eseguito con il dito medio e l'indice distesi fino a toccarsi, mentre l'anulare e i mignoli restano piegati a toccare il pollice. Le punte del dito medio e dell'indice toccavano la punta del copricapo. In Russia, il saluto doveva essere eseguito solo quando la testa era coperta da un copricapo militare.

Il saluto completo della mano

Dopo la metà del XIX secolo, il “saluto con due dita” è stato sostituito dal saluto con l’intera mano. Ecco come veniva descritto nel “Manuale per giovani soldati e cosacchi” pubblicato a San Pietroburgo nel 1887: “Se un soldato incontra un comandante che deve salutare, deve posizionare la mano destra al lato destro del bordo inferiore del cappello, 4 passi prima di raggiungere il comandante, in modo che le dita siano unite, il palmo leggermente girato e il gomito all'altezza della spalla; allo stesso tempo, deve guardare il comandante e seguirlo con gli occhi. Quando il comandante lo supera di un passo, allora la sua mano può essere abbassata”.

I comandanti di alto rango dovevano essere salutati sull'attenti. Ciò valeva per tutti i membri della famiglia imperiale, per generali, ammiragli, comandanti di guarnigione, comandanti di reggimenti, ufficiali di stato maggiore e anche davanti a bandiere e stemmi statali. Se portavano un fucile o una sciabola, i soldati dovevano mettere l'arma sulle spalle. In nessun caso un soldato era obbligato a togliersi il copricapo, nemmeno in presenza dello zar.

Il saluto militare in URSS e nella Federazione Russa

Le suddette regole erano in gran parte utilizzate nell'Armata Rossa durante il periodo sovietico. Per i saluti militari eseguiti in gruppo (ad esempio da tutto il reggimento in presenza di un generale ad una parata) si seguiva questa regola: il capo dell’unità militare salutava con la mano aperta, mentre gli altri membri dell’unità restavano sull’attenti con lo sguardo rivolto verso il comandante di alto rango.

L'Ordine Generale del servizio interno delle Forze Armate dell'URSS (1960) stabiliva che tutti i militari dovessero salutarsi con il saluto militare: il saluto doveva partire dai ranghi inferiori verso i propri superiori; dimenticare o, peggio ancora, rifiutarsi di salutare era considerato un reato e per questo soggetto a punizione. Il saluto, poi, doveva essere rivolto anche ad alcuni “oggetti”, come il Mausoleo di Lenin, la Tomba del Milite Ignoto, le fosse comuni dei soldati morti in difesa della Patria, gli stendardi militari e i cortei funebri accompagnati dalle truppe.

Queste regole sono ancora oggi in vigore nelle Forze Armate della Federazione Russa (ad eccezione del saluto al Mausoleo di Lenin). Attualmente, sono due le persone che devono essere salutate dai militari anche quando non indossano l'uniforme: il presidente della Federazione Russa e il primo ministro.

Vale ancora l’antica tradizione di salutare i militari solo quando indossano il copricapo militare. Nei casi in cui la testa non sia coperta (durante le esercitazioni e l'addestramento), il saluto militare si fa semplicemente stando sull'attenti.

E la restituzione del saluto militare? Come scrisse Mikhail Dragomirov (1830-1905), il famoso generale e teorico militare dell'esercito imperiale russo: “Quando salutiamo un superiore, esprimiamo la nostra sottomissione a lui e adempiamo al dovere di cortesia richiesto da tutti e non solo dalle regole militari. Ma l'onore è un affare reciproco e quegli ufficiali che non restituiscono il saluto che gli viene dato dai ranghi inferiori fanno una brutta cosa, perché dimostrano di essere meno educati dei soldati e, inoltre, danno ai soldati un esempio di non rispetto delle regole. Non si può inculcare la diligenza, quando non la si rispetta”.