Tutto ebbe inizio durante un concerto trasmesso su Rai 2 al quale partecipava anche il grande Al Bano. Fu lì che Luca Lattanzio, cantautore milanese, marchigiano di adozione, venne notato da un manager russo che gli aprì le porte del paese più grande del mondo. E lo invitò ad andare a Mosca.
“Arrivai nel gennaio di circa sette anni fa. Faceva molto freddo, il termometro segnava -26°C - racconta Luca -. Conoscevo una sola parola in russo: ‘privet’, ciao. Ma avevo con me la mia chitarra e mi tuffai in questa nuova avventura”.
Un appartamento di periferia divenne la sua nuova casa. “Inizialmente non mi recavo spesso in centro - dice Luca, ricordando il suo primo periodo nella capitale russa -. Ero estremamente affascinato dall’architettura russa, e da alcuni luoghi simbolo come la Piazza Rossa e il Cremlino. Luoghi che fino a quel momento avevo visto solo in televisione. Ripensandoci oggi, riscopro una bellissima emozione nel rendermi conto che fu la mia musica a condurmi fino a lì”.
Un paese nuovo. Una lingua sconosciuta. Una vita da ricominciare da capo. “Non arrivai a Mosca con la limousine... ma con la metro - scherza -. E la uso ancora oggi! I primi mesi furono quelli più duri: la neve, il gelo... Non parlavo la lingua, non conoscevo ancora nessuno. Certe sere mi esibivo in alcuni ristoranti italiani. Tornavo a casa dopo la mezzanotte e passavo la maggior parte del tempo da solo. Ma furono proprio quei locali a regalarmi la fortuna: fu proprio lì, infatti, che conobbi i miei primi nuovi amici”.
Anche dal punto di vista artistico e professionale, ovviamente, la Russia gli impose un certo adeguamento: “Dovetti adattare la mia voce forte a spazi più piccoli - spiega Luca -, e reinventare il mio repertorio. Scoprii ad esempio che alcune canzoni di Celentano, come ‘Confessa’ e ‘Ya tebya lyublyu’ (ti amo), che in Italia non si conoscono molto, in Russia hanno avuto un grande successo”.
“Spesso, durante le mie esibizioni, il pubblico mi chiede brani di Toto Cutugno, Celentano e Al Bano. E così iniziai a presentarmi dicendo: ‘Non sono né Toto Cutugno, né Al Bano, né Celentano. Mi chiamo Luca. E sono un italiano a Mosca’. Da questa semplice battuta ne nacque una canzone, che si chiama per l’appunto ‘Un italiano a Mosca’, ed è accompagnata da un divertente video clip nel quale ripercorro un po’ di luoghi comuni: faccio la pizza, mostro il borsch...”.
E i russi, come sono? “Mi piace l’anima russa - racconta -, la loro voglia di stare insieme, soprattutto durante i festeggiamenti. In Russia ogni occasione è buona per fare festa! Durante il mio periodo qui, ho notato anche la loro attitudine ad aiutarsi a vicenda: ad esempio, i giovani in metro cedono sempre il posto agli anziani, e se ti ritrovi in difficoltà per strada, ci sarà sempre qualcuno pronto ad aiutarti”.
Le differenze culturali ovviamente non mancano: “In un primo momento mi colpiva il fatto che nei negozi i commessi non fossero sempre gentilissimi - dice -, ma poi ho capito che si tratta di un semplice modo di fare, che è un tratto della loro cultura. Poi mi hanno spiegato che ridere troppo è segno di stoltezza. Io, invece, amo ridere e scherzare... e quando trovo persone serie, mi diverto a farle ridere”.
“Durante un’esibizione in un locale, conobbi una nuova amica, Maria. Era costumista del Teatro Bolshoj. Mi invitò a visitare il teatro e mi presentò alcuni cantanti del coro. Lì conobbi il cantante e pianista Aleksej Chernik, il quale a sua volta mi presentò il maestro Yurij Udalov. Fu proprio Udalov a insegnarmi ‘Katyusha’, una delle canzoni russe più famose. E un anno fa mi invitò a cantarla in occasione di un concerto al Cremlino organizzato per il Giorno della Vittoria (Nove Maggio). Fu una bellissima esperienza! La rifarei volentieri tante altre volte”.
La Russia si è rivelata per Luca una fonte di grande ispirazione: “Ho scritto dei ritornelli in italiano per alcune canzoni russe, come ‘Romashkovye polya’ (campi di camomilla), che ho cantato insieme a dei bambini russi. Mi sono esibito anche a Volgograd, Ekaterinburg, Stavropol, Novij Orengoj, Kaliningrad, e sono stato due volte in Caucaso. Ovunque vada mi trovo bene: i russi sono molto ospitali, un po’ come in Italia, soprattutto nel sud”.
Oggi Luca vive buona parte dell’anno in Italia, insieme alla famiglia, ma si reca spesso in Russia, che lui considera la sua seconda casa. “Quando sono lontano da Mosca mi manca il ritmo frenetico della grande città - confessa -. È una realtà dinamica, che non ti permette di fermarti nemmeno per un secondo. È una bella sensazione, perché ti tiene in costante movimento... e personalmente mi migliora molto l’umore!”.
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