Prevenire lo spreco e salvaguardare l’ambiente, riorganizzando la vita e le abitudini delle persone. È questa la filosofia alla base di “zero waste” (rifiuti zero), il movimento globale volto a sensibilizzare la società per riprogettare la vita ciclica dei rifiuti, considerati non più scarti, bensì risorse da riutilizzare.
Questo movimento - fino a prima associato prevalentemente agli “hippies” - negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, grazie anche all’utilizzo massivo dei social network. Basti pensare che, se nel maggio 2017 i post di Instagram pubblicati con l’hashtag “zero waste” non erano più di 350.000, oggi se ne contano più di un milione, solo in lingua inglese.
La variante russa ноль отходов (nol’ otkhodov, rifiuti zero) sta sfiorando quota 50.000 hashtag su Instagram, portando (finalmente!) il tema dello spreco all’attenzione di un paese che sta letteralmente affogando nella spazzatura: secondo Eurostat, solo il 7% dei rifiuti viene riciclato in Russia, a fronte del 43% della Francia e del 68% della Germania (dati aggiornati al 2017).
Russia Beyond ha parlato con tre promotori della campagna “zero waste” in Russia, per capire qual è il loro approccio al riciclo, alla riduzione di rifiuti e alla promozione di uno stile di vita più sostenibile.
Irina Kozlovskikh è originaria di Kirov, nella Russia europea nord-orientale; ha studiato a Nizhny Novgorod e si è trasferita a Mosca. Dal suo arrivo nella capitale sono trascorsi già vari anni. Oggi fa parte del progetto “Zero Waste” di Greenpeace Russia. I primi contatti con questo progetto li ha avuti durante il suo Master in ecologia: un interesse alimentato dalla lettura del libro “Zero Waste Home” di Bea Johnson (tradotto in italiano con il titolo “Zero rifiuti in casa”). Oggi i rifiuti prodotti da Irina nell’arco di un intero anno occupano il volume… di un semplice barattolo di vetro!
Dina Khitrova, di Ekaterinburg, è architetto di formazione, ma ha abbandonato la professione nel 2010 per intraprendere la strada del volontariato e dell’attivismo ambientale. Trascorre le estati in Carelia, lavorando per salvaguardare le foreste dagli incendi.
La decisione di sposare la filosofia “rifiuti zero” l’ha presa molto tempo fa. Ma il traguardo non è stato semplice da raggiungere. Oggi Dina ha quasi azzerato gli scarti, acquista solo oggetti e prodotti di uso quotidiano, preferibilmente non imballati, e lavora alla promozione del “plogging”, un’attività sportiva inventata in Svezia che consiste nella raccolta dei rifiuti mentre si corre.
Durante uno dei suoi viaggi in Carelia, Dina si è resa conto che anche le azioni più nobili possono avere conseguenze negative: le manichette antincendio, ad esempio, dopo il loro utilizzo vengono buttate via. E così Dina ha deciso di utilizzare il principio dei “rifiuti zero” anche in questo caso, ricavando borse, portafogli e accessori da questi tubi flessibili utilizzati per trasportare acqua.
Anche Andrey Polovnikov è originario di Kirov. Chimico di professione, oggi gestisce una propria impresa di cosmetici naturali, la Golodny Leshy. L’azienda ha trasferito il centro di produzione a San Pietroburgo e punta a realizzare prodotti privi di imballaggio e, laddove indispensabile, punta a ridurre al minimo le confezioni, preferibilmente riciclate.
L’amore di Andrey per la natura ha radici profonde, che affondano nella sua infanzia. “Ho camminato a piedi nudi su paludi fredde e deserti caldi, ho toccato con le mie mani le rocce di montagna e le felci dei boschi. Dedicarsi a una vita senza sprechi è la naturale missione di chi desidera salvaguardare la propria casa, il pianeta Terra”, spiega.
In Occidente aderire alla filosofia “rifiuti zero” è senza dubbio più semplice, grazie alla massiccia presenza di negozi che vendono prodotti senza imballaggi, grazie a una maggior informazione, alla disponibilità da parte della gente di cambiare le proprie abitudini a favore dell’ambiente.
Secondo Andrey, in Russia le alternative ai prodotti usa e getta sono ancora poche, e la società e le imprese non sono ancora pronte per avviare processi di riciclo efficaci.
Dina fa notare l’assenza di negozi senza imballaggio, soprattutto fuori da Mosca e San Pietroburgo, e punta il dito contro l’assenza di un sistema di riciclaggio efficiente che spinga i cittadini verso la raccolta differenziata.
Sia Dina che Andrey, però, sono convinti di poter vincere questa battaglia.
“Anche in Russia sarebbe possibile ridurre considerevolmente i rifiuti. Ciò che manca, però, è una legislazione efficace: circa 127 paesi hanno già introdotto il divieto di produrre plastica monouso, mentre i nostri politici continuano a dire ‘prima o poi lo faremo anche noi’. Ma senza una legge in vigore, le cose non cambieranno mai”, dice Irina a Russia Beyond.
“La gente non sa da dove cominciare. Ci sono ancora troppe domande senza risposta e non ci sono abbastanza informazioni”, aggiunge Dina.
Gli attivisti “zero waste” con cui ha parlato Russia Beyond spiegano di poter contare sull’appoggio e sul sostegno di amici e familiari. Ma la società russa in generale come si relaziona con questo nuovo stile di vita? A quanto pare, la strada da fare è ancora tanta, ma qualcosa piano piano si sta muovendo.
“Prima la gente mi considerava una pazza. Non capiva quello che stavo facendo e perché lo stessi facendo; una goccia in mezzo al mare può fare ben poco, dicevano: un ragionamento molto diffuso in una società dove è normale buttare un sacco di immondizia nel cestino dell’indifferenziata. Insomma, mi sentivo spesso dire che ‘una sola persona non può fare la differenza’”, racconta Dina. Oggi invece viene regolarmente invitata a parlare in televisione e alla radio, dando spazio al problema della gestione dei rifiuti e dell’inquinamento. Inoltre organizza incontri nelle scuole e corsi di pittura e riciclo, durante i quali realizza quadri e dipinti partendo da scontrini riciclati e vecchi fogli di carta.
Irina crede che la società russa abbia ormai capito il male derivante dalla plastica e dai rifiuti, ma che in molti casi le cose non dipendano solo dai cittadini.
“Nessuno getterà mai una batteria usata per terra. La butterà invece in un normale cestino dei rifiuti… per mancanza di informazioni. Il problema sta nel fatto che i russi non credono ancora di poter cambiare davvero lo cose. Quindi ciò di cui abbiamo bisogno è che le aziende e il governo si facciano avanti”.
L’onda “green” sta piano piano coinvolgendo anche i centri urbani più piccoli. A Kirov, nella città di Andrey, il numero di persone che partecipa ad attività di promozione del riciclo è in costante aumento. “Abbiamo la sensazione che qualcosa stia cambiando”, dice Andrey.
Anche se di primo acchito sono le donne a dimostrare maggior sensibilità nei confronti di queste problematiche, secondo Andrey le differenze di genere in materia di rispetto dell’ambiente si stanno piano piano livellando.
“Noi uomini facciamo fatica a capire perché le donne abbiano la tendenza ad acquistare cosmetici così spesso. E se analizziamo gli ordini, sono gli uomini a preferire i prodotti senza imballaggio. Penso che le differenze di genere non siano sostanziali. Quando si tratta di salute, tutti hanno il dovere di preoccuparsi dell’aria che respiriamo, dei prodotti che mangiamo e dei rifiuti che produciamo”, dice Andrey.
Il figlio di Andrey ha appena tre anni ma dimostra già una grande sensibilità nei confronti di queste cose: “Ogni volta che vede qualcosa in giro per strada o per casa lo raccoglie, dicendo: ‘Dobbiamo riciclarlo! Dove posso metterlo?’. Ciò mi rende molto felice”.
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