L’inverno nucleare: gli arsenali di Russia e Usa possono cancellare ogni forma di vita dalla Terra?

Vladimir Manyukhin
Negli anni Ottanta, gli scienziati statunitensi e sovietici stabilirono che il Pianeta non sarebbe potuto sopravvivere a un conflitto atomico: la sola fuliggine, oscurando il sole, avrebbe portato a un calo delle temperature troppo drastico. Ora molti esperti ritengono che quelle conclusioni fossero esagerate. Ma meglio non verificare…

Immaginate il seguente scenario: Mosca e Washington non riescono a raggiungere una soluzione diplomatica, e quindi iniziano a usare le armi nucleari. Annichiliscono le grandi città, trasformandole in oceani di fuoco: a temperature così elevate che si incenerisce anche il cemento armato. Le deflagrazioni sono così vaste che creano tempeste di fuoco, che non solo uccidono ogni creatura vivente nelle zone colpite, ma proiettano anche una grande quantità di fuliggine nell’atmosfera. Ed è qui che iniziano i problemi reali. 

Un raffreddamento letale 

Fuliggine e polvere salgono nella stratosfera dove formano strati densi di nuvole che oscurano il sole. “Dopo che le nubi di fuliggine si sono formate, i raggi solari non raggiungono più il suolo, il che porta a un brusco raffreddamento”, scrisse il matematico sovietico Nikita Moiseev (1917-2000), che negli anni Ottanta guidava lo sviluppo di un modello matematico delle conseguenze ambientali in caso di guerra nucleare.

“Secondo i nostri calcoli, nel primo mese dopo una guerra nucleare, la temperatura media sulla Terra diminuirà di 15-20 ºC, forse persino di 25, per poi continuare a diminuire per diversi mesi”, aggiungeva. 

Il modello che Moiseev sviluppò con i suoi colleghi presupponeva che un conflitto nucleare avrebbe avuto luogo nell’emisfero settentrionale; cosicché gli Stati Uniti, l’Europa e l’Urss sarebbero stati completamente distrutti dalle bombe nucleari con un equivalente di 5-7.000 megatoni di tritolo. 

In uno scenario simile, ovviamente, non ci si può aspettare nulla di buono neanche per il resto del pianeta. Per diversi mesi un “crepuscolo nucleare”, ossia una notte costante senza sole, e un “inverno nucleare” con brusche cadute delle temperature, avrebbero prevalso, congelando il terreno a una profondità di diversi metri, e privando chi fosse sopravvissuto di acqua dolce. Aggiungete a questo una cupola di fuliggine che avrebbe coperto la Terra per mesi, oltre a enormi quantità di radiazioni, tempeste e tifoni che si sarebbero abbattuti sulle coste a causa delle perturbazioni climatiche, e carestie di massa: la morte sarebbe stata inevitabile per ogni creatura vivente. 

“L’umanità non sarà in grado di sopravvivere a un inverno nucleare”, dichiarò Moiseev. “Nessuno rimarrebbe vivo per assistere alla primavera post-nucleare”.

Scienziati uniti contro la guerra 

Le parole di Moiseev provengono dal suo libro “Algoritmy razvitija” (“Gli algoritmi dello Sviluppo”), pubblicato nel 1987. Diversi anni prima, nel 1983, due gruppi separati di scienziati, americani e sovietici, erano arrivati alle stesse conclusioni e per primi avevano immaginato l’ipotesi di un inverno nucleare. 

Negli Stati Uniti, il dottor Carl Sagan (1934-1996), un famoso astrofisico e divulgatore scientifico che parlava a voce alta dei rischi di una guerra nucleare, pubblicò un articolo nell’ottobre 1983 su “Parade”, una rivista popolare con un pubblico di 10 milioni di lettori. “Abbiamo messo in pericolo la nostra civiltà e la nostra specie”, scrisse Sagan, descrivendo le orribili conseguenze della guerra nucleare. 

Più tardi, insieme ai suoi coautori, Sagan pubblicò un articolo su “Science”, spiegando la possibilità di un inverno nucleare agli scienziati di tutto il mondo, ma l’articolo di “Parade” fu forse più importante, perché metteva in allarme le persone comuni. 

Dall’altra parte del globo, lo studioso sovietico dell’atmosfera Georgij Golitsyn (1935-) aveva presenato le sue ricerche sul raffreddamento globale post guerra nucleare ancora prima, nel maggio del 1983. Non fu un caso: Golitsyn e Sagan si conoscevano bene; entrambi avevano studiato l’atmosfera, anche di altri pianeti, il che alla fine aiutò Golitsyn a immaginare la possibilità di un inverno nucleare. 

“Ho capito cosa succede quando c’è molta polvere nell’aria perché questo può essere regolarmente osservato su Marte”, disse Golitsyn. “Durante le tempeste di polvere, la temperatura diminuisce in modo significativo, semplicemente perché i raggi del sole non raggiungono il suolo.” 

Golitsyn implementò l’analogia per costruire successivamente (nel 1984) una teoria che fu poi confermata da una ricerca più approfondita fatta da Nikita Moiseev. 

Scenario da giorno del giudizio o bufala globale? 

Negli anni Ottanta, il concetto di inverno nucleare scioccò il mondo. A quel tempo, il blocco socialista e l’Occidente erano sull’orlo di un conflitto militare, con i missili statunitensi MGM-31 Pershing schierati in Europa, in grado di raggiungere Mosca in 8-10 minuti. Le notizie di un possibile inverno nucleare si aggiunsero al senso globale di paura.

Ciò portò a cambiamenti importanti. Nel 1985, Mikhail Gorbachev e Ronald Reagan dichiararono, dopo il loro primo summit a Ginevra: “Una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta”. Meno di un decennio dopo, la Guerra Fredda era finita e la possibilità di una guerra nucleare tra la Russia e gli Stati Uniti divenne molto meno probabile. Ma da quel momento rimane la domanda: il concetto di inverno nucleare è accurato? 

Diversi scienziati hanno pesantemente criticato la ricerca condotta da Sagan, Golitsyn e Moiseev, ritenendola difettosa e discutibile. “I modelli al computer erano così semplificati e i dati sul fumo e su altri aerosol erano così poveri che gli scienziati non potevano dire nulla di sicuro”, ha osservato l’American Institute of Physics nel 2011. 

Domande e dubbi 

Inoltre, le conseguenze della Prima Guerra del Golfo (1990-1991) indebolirono la credibilità di Sagan negli Stati Uniti. Egli predisse che gli incendi dei pozzi petroliferi avrebbero prodotto un effetto simile all’inverno nucleare, con temperature globali che sarebbero diminuite di diversi gradi, probabilmente causando un “anno senza estate”, come il famigerato 1816. Tuttavia, nulla di tutto ciò accadde.

“Ho sempre considerato l’inverno nucleare come una beffa e qualcosa di scientificamente scorretto”, ha detto il Dr. S. Fred Singer (1924-), il principale avversario di Sagan, dopo quegli eventi dei primi anni Novanta. Anche in Russia, l’ipotesi dell’inverno nucleare è contestata. Ad esempio, Sergej Utjuzhnikov, dell’Istituto di Fisica e Tecnologia di Mosca, nel suo articolo del 2001 “Simulazione dell’inquinamento diffuso dopo Conflagrazioni nell’atmosfera” ha affermato che la maggior parte della fuliggine e della polvere rimarrebbero nell’atmosfera inferiore, senza raggiungere la stratosfera. 

“Le impurità verrebbero spazzate via dalle piogge senza avere un impatto grave sul clima”, ha sostenuto Utjuzhnikov, confutando l’ipotesi dell’inverno nucleare.

Tuttavia, una critica così valida non significa che l’ipotesi dell’inverno nucleare abbia cessato di esistere: in effetti, ha ancora molti sostenitori. Ad esempio, nel 2018, Joshua M. Pierce e David C. Denkenberger hanno pubblicato un articolo in cui affermavano che l’uso di un numero di testate nucleari superiore alle 100 unità comporterebbe una catastrofe climatica globale.

La discussione continua e probabilmente non finirà presto. Certo, c’è solo un modo per verificare con certezza se l’ipotesi dell’inverno nucleare è vera: scatenare una guerra nucleare. Ma si spera che l’umanità abbia il buonsenso di non volerlo scoprire.

 

La vera storia dellufficiale sovietico che evitòlapocalisse atomica 

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