I “cimiteri virtuali” spopolano sui social network russi

Pixabay
Sono community online dove vengono pubblicate le foto e le informazioni su chi è morto, e sono molto seguite. È un passatempo amato quasi come i meme. Ovviamente ci sono pro e contro

“Un cancro”, “Arresto cardiaco”, “Si è impiccato”. Brevi descrizioni, non più lunghe di tre parole, e un link alle pagine e alle foto di russi morti di tutte le età, da una donna in carne dalle sopracciglia disegnate allo scolaro con un ciuffo pettinato all’indietro e l’iPhone tra le mani. 

Sotto ogni fotografia c’è “la prova della morte”: notizie apparse sui mass media o un post affidabile di parenti o amici. E sotto ogni post, non meno di dieci like e commenti di ogni sorta, da “Siamo distrutti, te ne sei andato troppo presto” a “Chissenefrega”.

Gli annunci funebri sono intermezzati da post pubblicitari: c’è chi realizza ritratti a partire dalle foto dei morti e chi vende biancheria per la casa o offre servizi per l’estinzione dei crediti.

Così appaiono i “cimiteri virtuali” sul popolare social network russo VK.com. Queste comunità si contano ormai a decine e i più di successo hanno oltre 300 mila iscritti.

Il business dei morti

Non si sa chi sia stato il primo ad avere l’idea. Tutti gli amministratori dei gruppi sono giovani, sotto i 25 anni, e ammettono di aver visto qualcosa di simile, di essersi interessati al tema “romantico” della morte, e di essersi affrettati a mettere in piedi il loro analogo.

L’impiantista di reti elettriche Rasul ha 20 anni e viene dalla piccola città di Kökşetaw, in Kazakistan. Ha fondato uno di questi cimiteri virtuali, che oggi ha 173 mila iscritti, tre anni fa, quando frequentava ancora l’istituto tecnico. All’inizio dice che gli interessa solo capire di cosa e perché muoiono più spesso le persone in Russia.

Quasi immediatamente, sul gruppo sono iniziati ad apparire post di altri utenti: parenti dei defunti o semplicemente persone che avevano visto sulla pagina di qualche utente lo status RIP e la foto segnata a lutto. Ora il 70% dei necrologi sono proposti dagli utenti e solo un 30% è prodotto da Rasul, che cerca vittime fresche sui social network e sui giornali online.

Vista la popolarità raggiunta dal suo cimitero online, Rasul ha deciso di iscriversi al servizio pubblicitario di VK per guadagnare un po’ di soldi.

“Le persone sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e non abituale, e io do loro dei contenuti particolari. I nuovi iscritti vengono dalla pubblicità che faccio in altri gruppi e anche grazie al passaparola”, spiega Rasul.

Adesso, tra una studentessa morta tra le esalazioni di monossido di carbonio e una bruna dall’aspetto di modella uccisa dal fidanzato geloso, c’è una pubblicità di gattini. Rasul pensa persino di lasciare il suo lavoro di elettricista e vivere a spese dei morti: i soldi della pubblicità per ora non sono tanti, ma già abbastanza per tirare avanti.

Un’atmosfera particolare

Con i leoni da tastiera i morti devono fare i conti anche dall’aldilà. Non mancano i commenti ironici o offensivi. “Auguro salute al defunto”, “Se è crepato, è crepato”. Questi e altri messaggi del genere sono stati quelli che ha dovuto leggere la trentatreenne Anna di Ukhtà sotto la notizia della morte del suo compagno Vasilij, pubblicata su uno dei cimiteri virtuali.

“Non mi fa pena”, “Coglione”, “Si è sputtanato la sua vita”, “Se l’è cercata”, “Che la merda ti sia lieve”, sono alcuni dei commenti più diffusi sotto le foto funebri dei tossicodipendenti, degli alcolizzati e dei suicidi, racconta l’amministratore di uno dei cimiteri. Spesso i defunti vengono presi in giro anche per il loro aspetto fisico.

Anna è convinta che sia disumano

“Molti dei commenti apparsi sulla mia pagina li ho cancellati subito. Il post sul ‘cimitero’ è stato eliminato dagli amministratori su mia richiesta. È molto spiacevole e fa male, quando hai un grande dolore e in più ti scrivono quelle cose”, dice.

Nella maggior parte dei casi, gli amministratori sono d’aiuto: cancellano i commenti peggiori e bloccano gli hater. Inoltre, in alcune comunità si può entrare solo facendo richiesta ed essendo accettati e non direttamente con un clic. I proprietari di questi “cimiteri” cercano di tener fuori chi ha meno di 18 anni, perché i ragazzini più degli adulti amano trollare sia i vivi che i morti.

In uno di questi cimiteri ci sono solo 37 mila iscritti, non ha né pubblicità, né hater, ma solo la lista dei morti, il dolore nei commenti e varie discussioni su “come affrontare la perdita dei propri cari”.

“Noi non ci guadagniamo niente. Ma spesso sento dire che il nostro gruppo è molto accogliente e che ha una bella atmosfera’’, dice con orgoglio il proprietario.

Sepolti vivi

A differenza di quanto accade nel mondo reale, in quello virtuale le persone non sono sempre contrarie ad essere “sepolte vive”. “Per poter inscenare la propria morte e pubblicare post ad essa relativi su un cimitero online ci sono persone disposte a pagare fino a 5 mila rubli (68 euro)”, racconta Rasul. Ogni giorno lui riceve almeno due o tre richieste di questo tipo, ma non le accetta.

“Certe persone vogliono attirare su di sé l’attenzione, fare in modo di essere famose almeno per qualche minuto o per un giorno, dopo la notizia della loro morte virtuale. E molti sono curiosi di sapere cosa direbbero di loro le persone in caso di una fine tragica”, ritiene Rasul.

Molto più raramente, invece, ci sono richieste di seppellire vivi alcuni loro conoscenti, “per vendetta” o “per scherzo”.

“Per loro è solo un gioco. Non capiscono che possono scioccare i genitori o parenti di qualcuno con quei fake. Questi utenti vengono puniti: li banno per sempre”, spiega Rasul

La morte come passatempo

L’interesse a spiare sui social non solo la vita ma anche la morte degli altri è il motivo principale del successo dei cimiteri virtuali, secondo i loro gestori.

“Per molti si tratta di contenuti divertenti, proprio come i meme. È interessante sapere cosa faceva la persona prima di morire, se se l’è meritata o no, come è morta, se c’è da compatirla o da maledirla”, dice un appassionato fruitore dei cimiteri virtuali (passione seconda solo a quella per gli anime giapponesi), Dmitrij.

Anastasia, 15 anni, anche lei iscritta a un cimitero virtuale, ritiene invece che i cimiteri aiutino ad amare un po’ di più la propria esistenza e la vita in genere. “Capisci che si può morire anche solo scivolando e battendo la testa”, dice.

“I cimiteri virtuali sono necessari in primo luogo per i parenti delle vittime: grazie a loro ricevono le condoglianze e i messaggi di dolore di tante persone, e fanno risorgere nei ricordi il defunto, non desiderando elaborare il lutto”, ritiene lo psicologo clinico Ruslan Molodtsov. Gli hater, dal lato loro, mettono in opera sui morti le loro pulsioni sadiche e compensano in questo modo i complessi che hanno sviluppato durante l’infanzia.

Secondo Rasul, però “non è solo questione di complessi, ma anche della generale digitalizzazione. tanto della vita che della morte”. “Internet è entrato così profondamente nelle nostre vite, che là c’è tutto adesso: le notizie, i libri, i film e così via. Come potevano essere la morte e il lutto un’eccezione?”, conclude.

La posizione del social network

L’ufficio stampa di VK ci ha comunicato che i parenti possono “conservare” la pagina dell’utente defunto, e in quel caso tutte le informazioni sul suo account diventano accessibili solo per gli amici, e la pagina rimane ferma a com’era al momento del suo ultimo accesso. I parenti hanno poi il diritto di cancellare in toto la pagina e per far questo devono rivolgersi al servizio clienti.

I post o i commenti offensivi vengono invece cancellati in seguito a segnalazione da parte degli utenti.

I cognomi nel presente articolo non sono indicati su richiesta degli intervistati

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