Il mio viaggio iniziò dalla Germania nel 2013 e terminò in Giappone. Ricordo che alla vigilia ragionavo su quale mezzo di trasporto scegliere per vedere la Russia come se fossi uno del posto. Le due opzioni erano la macchina o la bicicletta, e alla fine scelsi quest’ultima, perché i pezzi di ricambio sono più economici e io pianificavo di andare con pochi bagagli.
Molti mi chiedono: ma perché la Russia? Ancora da giovane, mentre leggevo Dostoevskij, mi parve di dover obbligatoriamente andare a visitare la sua patria, studiare il fenomeno dell’anima russa, ammirare i territori sconfinati del Paese. Molto probabilmente, già allora, inconsciamente, cercavo un posto per stabilirmi lontano dal rumore delle città.
Affinché gli amici non stessero in pensiero, aprii un blog, sul quale pubblicavo le mie impressioni di viaggio e le foto delle persone che incontravo lungo il percorso. Si può persino dire che io divenni una celebrità locale, con vari mass media di diverse regioni della Russia che mi dedicarono servizi e mi definirono “il romantico tedesco”. Il manager di un hotel di Kemerovo organizzò persino un’intervista televisiva con me. Ed era buffo che ancora dopo diversi chilometri di strada la gente mi dicesse “Ehi, ti abbiamo visto in tv!”.
Lungo il percorso ho incontrato molte persone interessate alla mia storia, che mi hanno aiutato a risolvere problemi tecnici con la bicicletta e a trovare un posto dove dormire. Una volta non riuscì a trovare il pezzo di ricambio di cui avevo bisogno in un negozio e il venditore mi accompagnò in quattro centri di riparazione, finché non trovammo quello che mi serviva!
Dalla frontiera ucraino-russa mi ci vollero 101 giorni per arrivare a Vladivostok, da dove poi raggiunsi il Giappone. In seguito ho deciso di tornare nel villaggio siberiano di Petropavlovka, nel Territorio di Krasnojarsk. Ho visitato molti Paesi dell’Europa, ma in fin dei conti ho capito che amo l’inverno e il grande freddo. Di professione sono carpentiere e in Russia ho trovato lavoro: mi sono unito alla comunità di Vissarion (all’anagrafe Sergej Torop; fondatore, nel 1991, di una nuova Chiesa di cui si è proclamato messia, ndr) e li aiuto a costruire le case. Non mi reputo una persona religiosa, ma mi piace l’atmosfera di aiuto reciproco che c’è qui.
Sono di origini austriache, e mi sembra che i russi siano molto simili a noi. Siamo anche noi di poche parole e non amiamo la vita troppo frenetica. Quando esco in strada dalla mia casa di Petropavlovka, vedo solo la neve candida e respiro questa pura aria gelida. Proprio come in Austria!
Sapete perché ho scelto questo posto? È una specie di isola di tranquillità. Per cinquanta chilometri attorno c’è solo la taiga. Quando guardo dalla finestra, non ci sono né tubature né edifici a disturbare la vista. Ci sono emigranti che dicono: non amo il mio Paese, non ci tornerò mai! Anche io, a dire il vero, non ho nostalgia di niente della Germania, qui. Ma sono convinto che l’uomo possa vivere una vita felice in ogni posto in cui si venga a trovare.
Avevo sei anni, quando vidi per la prima volta uno zingaro. Può essere che sia stato quello il punto di non ritorno. Ho sempre provato questo desiderio di viaggiare per il mondo. Quando conduci una vita da nomade e sei sempre in movimento, inizi ad apprezzare quello di cui prima neanche ti accorgevi. Ma a un certo punto capisci di essere arrivato nel posto che fa per te, e di voler rimanere lì più a lungo.
Come è noto, in Germania la vita è molto pianificata e strutturata. Dicono che questo aiuti ad evitare lo stress. A me pare invece che tutte quelle puntigliose agende quotidiane, con orari programmati al secondo, aumentino solo lo stress! Sei sempre di fretta per riuscire a fare tutto quello che è stato pianificato.
Qui al villaggio, posso lavorare fuori quando mi va. Non devo essere per forza in ufficio alle 9 in punto, dopo essere stato strizzato nella folla in metropolitana o bloccato in un ingorgo con la macchina. Qui posso accendere la stufa e mettermi a leggere un libro, se mi va. In Germania questo è semplicemente impensabile!
I russi differiscono completamente dai tedeschi anche nel modo di costruire le case. A volte mi sembra che per loro sia importante il processo di costruzione, ancor più del risultato. Di solito i russi non hanno progetti precisi fino al minimo dettaglio e un controllo totale del cantiere dall’inizio alla fine. Ultimata una fase di costruzione, si inizia a pensare alla successiva. Per esempio quando in uno dei villaggi vicini hanno costruito l’edificio della scuola, i muratori non si sono minimamente preoccupati dell’inverno, e hanno continuato la costruzione del tetto anche se c’erano molti gradi sotto zero! In Germania sarebbe impensabile un errore del genere! Come pensate che sia andata a finire? Ovviamente c’erano infiltrazioni d’acqua ovunque! Ma adesso che vivo in Russia da tre anni, ho iniziato a rapportarmi con maggiore serenità alle difficoltà, alle scadenze e al lavoro in sé. Del resto si dice che il lavoro debba dare piacere a chi lo svolge. No? Probabilmente, sto passando allo stile di vita russo.
Qui c’è un’altra nozione del tempo e dello spazio. Probabilmente è dovuto alle dimensioni del Paese. Accade spesso, in Russia, che le persone che hanno il compito di aiutarti, non si affrettino troppo a farlo. Per esempio, una volta ho fatto un ordine di materiali da costruzione in un magazzino edile (non li avevano disponibili). Ci siamo accordati con la venditrice che sarei tornato dopo due settimane a ritirare il tutto. Torno là, e che pensate? Si era completamente dimenticata del mio ordine, come non fosse mai stato fatto.
Ma, allo stesso tempo, qui ricevo spesso aiuto da completi sconosciuti. Al tempo del mio primo viaggio conobbi Ivan, e proprio lui mi ha aiutato a trovare lavoro a Petropavlovka. Lui insegna inglese nella scuola del villaggio e lavora il legno. E inoltre parla bene in tedesco! È un vero poliglotta.
Come detto, sono ormai da tre anni in Russia e, da poco, ho finalmente iniziato a studiare la lingua in modo sistematico. Vivo in un contesto internazionale, ma spesso lavoro a dei progetti di costruzione di case con i russi, e ho capito che bisogna parlare la loro lingua, se vuoi che ti capiscano. Qui ho imparato a relazionarmi in modo meno critico con gli errori. Ai russi non si possono rinfacciare gli sbagli nel modo diretto a cui ero abituato in Europa. Me lo hanno spiegato più di una volta sia la mia professoressa di russo che i miei amici. Io sono molto impulsivo, quando il discorso riguarda il lavoro. Se il mio collega fa un danno o un errore mentre io non ci sono, in passato non riuscivo a nascondere lo stupore al ritorno e a non dire: “Dio mio, ma cosa hai combinato!?”. Ma con i russi non si può parlare così! Se no, al guaio ormai fatto, si aggiunge il fatto che la persona si offende e i rapporti di lavoro possono guastarsi anche definitivamente. Qui bisogna usare frasi come: “È stata colpa mia, che non ti ho spiegato bene: così non va, ma tutti facciamo degli errori!”. E poi mostrare come sistemare le cose.
Lo spagnolo Manuel
La colombiana Andrea
L’austriaco Roman
La francese Aurélia
La giapponese Chiaki
Il macedone Emil
La tedesca Peggy
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