È giusto che il capo pretenda la nostra reperibilità h24?

Mitya Aleshkovskij/TASS
In Russia è scoppiata la polemica dopo il post di una redattrice di un famoso blog che parla delle sue condizioni di lavoro: zero giorni di ferie e di riposo all’anno, sette giornate lavorative a settimana di 12 ore l’una, e disponibilità permanente a intervenire la notte in caso di necessità. Il sindacato dei giornalisti ha tuonato, ma nessuno può mettere il naso in un’azienda privata, se i lavoratori non fanno causa.

Recentemente Ilja Varlamov, uno dei più famosi blogger russi, si è trovato al centro di una grossa polemica. Una delle ragazze che lavora per lui come coautrice del blog, si è lamentata, pubblicando un post in cui parla di “un posto di lavoro con condizioni orribili, tanto che peggiori di queste possono forse essere trovate solo in qualche fabbrica di scarpe cinese”.

Maria Gerke, questo il suo nome, ha scritto che ci si aspetta che i dipendenti del blog lavorino almeno 12 ore al giorno e praticamente senza weekend liberi, mentre Varlamov li controlla costantemente, domandando senza sosta “Dov’è il traffico? Dove sono i clic?”. “Qualche giorno di ferie? AHAHAHAHA! Solo una persona del nostro staff editoriale ha ottenuto una vacanza una volta, e non so come ci sia riuscita. Nei miei due anni di lavoro qui, non ho avuto un solo giorno di ferie, se non si considera una settimana passata in ospedale dopo un’operazione. Quello è il solo riposo che ci è concesso”. La giornata di lavoro, senza soste, va dalle 9 alle 21 “e non pensiate che la notte si possa dormire tranquilli”, scrive Maria nel post indirizzato ai tantissimi che si propongono ogni giorno, inviando lettere e cv, con il sogno di lavorare alle dipendenze del noto blogger, “Ilja è spesso negli Stati Uniti o in Cina, o da qualche altra parte del mondo, e per via del fuso orario può chiamare a qualsiasi ora e noi dobbiamo essere reperibili sempre”.

La ragazza ha ricevuto una risposta dal Sindacato dei Giornalisti, che prometteva aiuto e incoraggiava lei e i colleghi a lottare per i loro diritti e a organizzare l’attività sindacale nella loro azienda. Varlamov non ha licenziato Maria, ma la risposta è stata piccata, ed è arrivata, ovviamente, con un post

“Sono pronto a pagare per il lavoro. E a pagare più del prezzo di mercato. Io mantengo sempre la parola e gli impegni. E dagli altri esigo lo stesso. Volete lavorare? Mandatemi il curriculum. Volete fondare sindacati interni e reclamare diritti? Andate affanculo!”

“La mia posizione è molto semplice. Io assumo chi mi pare e alle condizioni che voglio. Non ti piace? Non lavorare con me! Come assistente, per esempio, voglio una ragazza. Lei deve essere a disposizione ventiquattr’ore su ventiquattro, senza alcun giorno libero. E non me ne frega niente di cosa ne pensa al riguardo lo Statuto dei lavoratori”.

Un’altra delle impiegate nel team editoriale del blog, Maja Volf, coordinatrice dei freelance, ha confermato in un post quanto sia dura lavorare in questa azienda, ma ha difeso Varlamov. “Lui non ci chiede di lavorare ventiquattr’ore su ventiquattro sette giorni su sette, ma di raggiungere degli obiettivi. Se sei bravo a organizzarti, sei libero non appena hai finito. Se non sei bravo e produttivo, mi dispiace, ma impara a essere più efficiente o cercati un altro lavoro”.

“Lavoro qui da due anni senza nessun giorno libero. I primi sei mesi sono stati i più difficili. Non avevo tempo per altro se non per questo. Poi ho dovuto scegliere tra il lavoro e la famiglia. E ho divorziato da mio marito. Pian piano mi sono organizzata, e ora riesco a ritagliare qualche ora per me. Ma ancora ogni tanto è dura. Non troppo tempo fa avrei voluto spaccare l’iPhone e maledire internet. Ero molto stanca. Ho deciso di andare da Ilja per parlargli seriamente e chiedere un aumento e almeno qualche giorno di riposo. Pensavo ‘sono brava. Do tutto. Capirà. Mi darà qualche giorno libero per rimettermi’. E invece no. Ha detto che tutte le mie lamentele sono solo miei problemi con l’organizzazione. E che se lavorassi in modo più efficiente, avrei più tempo per me. E ha ragione. Da noi non c’è un orario. Ci sono solo obiettivi da raggiungere”.

Secondo gli avvocati del lavoro, Varlamov potrebbe andare incontro a una multa, solo se qualcuno gli facesse causa. In caso contrario, finché tutti accettano le condizioni, nessuno può andare a ficcare il naso in una impresa privata. “Per di più”, aggiunge la legale Darja Timochina in un’intervista al portale vc.ru, “Io ho avuto a che fare con gli avvocati di Varlamov, e sono dei grandi professionisti. Quindi non credo che sulla porta dell’ufficio ci sia scritto ‘Servitù della gleba’ o ‘Campo di concentramento di Dachau’. Sono anzi più che sicura che tutto sia fatto in modo da metterlo il più possibile al riparo da ogni contestazione. E quindi, anche nel caso qualcuno avesse il coraggio di fargli causa, lui, multa o meno, rimarrebbe il famoso blogger Varlamov, il dipendente si taglierebbe le gambe da solo, facendosi la fama di bomba a orologeria, da non assumere più da nessuna parte”.

Pratiche simili a quelle di Varlamov possono essere trovate all’Art. Lebedev Studio, che ha rifatto la grafica della mappa della metropolitana di Mosca. Diretto dal provocatorio designer Artemij Lebedev (classe 1975), lo studio assume solo personale disposto a lavorare, come è stato messo anche nero su bianco sul sito aziendale (ma ora la pagina risulta cancellata), “dieci ore al giorno, sei giorni alla settimana”. Ma Lebedev, sempre alla ricerca di personalità fuori dal comune, si dice disposto a pagare molto più della media per chi lavora bene e tanto.

Èsempre così in Russia?

Casi come quello di Varlamov e Lebedev non sono poi così diffusi in Russia. “Per la legge, non si può lavorare per più di 40 ore a settimana”, spiega a Russia Beyond Pavel Butenko, direttore Marketing, vendite dirette e innovazione della compagnia assicurativa INTOUCH. “Questo significa che la giornata di lavoro tipica in Russia è di 8 ore (nove, inclusa la pausa pranzo). E questo riguarda praticamente tutti quelli che hanno un lavoro impiegatizio”.

Chi lavora in ambito statale ha una giornata lavorativa ancora più breve. “Alcuni medici lavorano dalle 8 alle 15, inclusa la pausa pranzo”, prosegue Butenko, “E orari simili ha chi lavora nel campo dell’istruzione, nei ministeri e in aziende statali e parastatali. L’orario di inizio e di fine può variare in base al ricevimento del pubblico”.

“Chi invece lavora nel commercio ha di solito turni più lunghi, spesso oltre le 12 ore, perché gran parte di centri commerciali apre alle 9 e chiude alle 22. Ma di solito questi addetti lavorano con la turnazione continua e non sulla settimana di cinque giorni.

Poi c’è chi lavora in remoto, ma non ci sono statistiche ufficiali su queste figure. “Anche se”, ritiene Butenko, “si può dire con certezza che il numero di chi opera da casa è aumentato significativamente negli ultimi anni. Sia per la crescita di quei settori che non richiedono un lavoro d’ufficio tradizionale, come per esempio l’Information technology, il Social media marketing, il design e la grafica pubblicitaria. Sia perché è un modo per i datori di lavoro di tagliare i costi. Molte start-up evitano le spese di affitto di una sede e gli addetti si tengono in collegamento via internet”. E inoltre molti preferiscono lavorare da casa per evitare di perdere tempo, nelle grandi città, negli snervanti spostamenti casa-ufficio e ritorno”.

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