“Le poche imprese italiane che sono uscite dal mercato russo vorrebbero tornarci”

Vittorio Torrembini, presidente dell’Associazione degli imprenditori italiani in Russia “GIM-Unimpresa”

Vittorio Torrembini, presidente dell’Associazione degli imprenditori italiani in Russia “GIM-Unimpresa”

Marina Moldavskaja/TASS
Il presidente dell’Associazione degli imprenditori italiani in Russia Vittorio Torrembini ha fotografato la situazione dei rapporti economici tra i due Paesi. Quanto ha perso l’export italiano per le sanzioni? Come incideranno i nuovi dazi sul mercato del vino? E perché l’Italia continua a rilasciare con facilità visti ai cittadini russi, e non ha preso alla lettera la raccomandazione della Commissione europea di confiscare ai turisti russi le auto e persino i rotoli di carta igienica?

Nonostante una sgradevole caccia alle streghe da parte dei media, molte aziende italiane hanno continuato a lavorare in Russia, e le poche che se ne sono andate starebbero pensando a come rientrare sul mercato russo. A scattare la fotografia dei rapporti economici tra Italia e Russia è Vittorio Torrembini, presidente dell’Associazione degli imprenditori italiani in Russia “GIM-Unimpresa”, in una lunga intervista uscita sul quotidiano russo “Izvestija”

“Prima del 24 febbraio 2022 [data di inizio dell’Operazione militare speciale russa in Ucraina; ndr], il nostro fatturato commerciale con la Russia era di circa 22 miliardi di euro”, snocciola i dati Torrembini. “Da allora abbiamo perso il 35% delle nostre esportazioni in Russia. Ma a parte questo, abbiamo perso anche le esportazioni verso la Germania. Molte delle nostre aziende lavorano come fornitori di grandi imprese tedesche. Nessuno fa questo conto, ma anche in questo caso abbiamo perso diversi miliardi di esportazioni. Quindi le perdite sono piuttosto gravi. D’altra parte, posso dire che alle nostre aziende che sono rimaste in Russia, al contrario, le cose vanno bene. Ci sono stati persino casi in cui le aziende hanno aumentato il loro fatturato”.

Solnechnogorsk, Regione di Mosca. Produzione di pasta a marchio Barilla presso lo stabilimento Barilla. Il colosso della pasta non ha lasciato la Russia

A quanto riporta Torrembini sono uscite dal mercato russo circa dieci aziende, attive soprattutto nel settore del petrolio e del gas, oltre all’Enel, attiva nel settore della produzione di energia elettrica, e a Leonardo, che, operando nel settore della Difesa, non aveva scelta, e la cui uscita di scena sembra, nell’attuale contesto geopolitico, irrevocabile. Quanto alle altre, assicura il presidente dell’Associazione degli imprenditori italiani in Russia, “quasi tutti vogliono tornare. Avevamo tre aziende che operavano nel settore del petrolio e del gas. Tra queste, Maire Tecnimont e Saipem, che avevano contratti per miliardi di euro. Non credo che gli azionisti di queste aziende non vogliano tornare”.

Le ragioni delle imprese

Il motivo secondo Torrembini è semplice da capire e piuttosto razionale: “Il mercato russo è molto importante. Vi sono stati fatti grandi investimenti, che non possono essere buttati al vento. Inoltre, se ci si attiene al principio che bisogna uscire dal mercato di un Paese di cui non ci piace il sistema politico, si possono chiudere gli affari in mezzo mondo. Quindi, bisogna sempre soppesare gli interessi che riguardano le imprese e i lavoratori con gli interessi geopolitici”.

Inutile dire però che le cose per le aziende italiane in Russia non siano semplici. A pesare sono soprattutto le difficoltà legate alle transazioni economiche internazionali e alla logistica, in particolare alla fornitura di pezzi di ricambio e componentistica, anche se dal febbraio 2022 a oggi un po’ di soluzioni sono state trovate. Ma la cosa più antipatica, secondo Torrembini sono le pressioni “da parte della Banca Centrale Europea, del mercato finanziario in generale e dei media. Questa caccia alle streghe è molto sgradevole”. Alcuni media italiani infatti stanno iniziando a cercare le imprese che operano in Russia e a stilare liste di proscrizione.

E quanto alle pressioni economiche, sono più forti da Bruxelles che non da Washington. La pressione degli Usa non la sentiamo. Al contrario, quando si tratta delle loro aziende che operano in Russia, gli Stati Uniti aiutano il loro business. Ricordo due o tre colleghi americani che mi hanno detto che, quando necessario, hanno ricevuto esenzioni dal loro Ministero delle Finanze. Sono i nostri europei […] a essere più rigidi degli americani”.

I nuovi dazi sul vino e qualche speranza di schiarita

La preoccupazione, tra gli imprenditori italiani, è che le aziende che perdono il loro segmento di mercato in Russia ora, lo perdano per sempre. Per esempio, l’aumento dell’aliquota sulle importazioni di vino dai Paesi ostili, passata dal 12,5 al 20% alla fine di luglio sta colpendo il florido mercato del vino italiano, che era molto amato. Sulle tavole dei russi si affacciano altri vini, e torna prepotentemente quello georgiano, e non è detto che un domani sia facile ricostruire quanto di buono era stato fatto in questi anni nel settore delle esportazioni enologiche.

Macchinario per la lavorazione degli pneumatici Pirelli nello stabilimento di Voronezh. Pirelli ha ridotto gli investimenti sul lungo periodo, ma non ha lasciato la Russia

Ma ci sono possibilità che la spirale di sanzioni e controsanzioni migliori? Torrembini intravede qualche bagliore in fondo al tunnel. Al recente “Forum Ambrosetti” di Cernobbio afferma infatti di aver notato qualche cambiamento. “È stata la prima volta che ho sentito dire che le sanzioni hanno innescato un aumento dei costi dell’energia e che tutti questi problemi stanno iniziando a mettere sotto pressione l’economia italiana. Ed è stata la prima volta che ho sentito i rappresentanti delle nostre grandi imprese parlare apertamente di questo argomento”. Altro discorso è se saranno ascoltati dalla politica, ma anche in questo Torrembini sottolinea qualche apertura: “Alcuni dei nostri ministri hanno almeno iniziato a nutrire dei dubbi. In politica, questo è già un segnale molto importante. Se una persona inizia a dubitare, prima o poi qualche decisione verrà presa”.

Visti Schengen e sequestri di carta igienica

Nel corso della lunga intervista, il presidente dell’Associazione degli imprenditori italiani in Russia ha toccato anche i temi del sequestro di beni ai turisti russi e dei visti. L’8 settembre la Commissione europea ha pubblicato nuove raccomandazioni per i governi dell’Ue, in cui si parlava della possibilità di sequestro ai cittadini russi in ingresso, anche con visto turistico, di “automobili, telefoni cellulari, laptop, valigie, cosmetici, prodotti in pelle e pelliccia, pietre semipreziose, carta igienica, shampoo, dentifrici, macchine fotografiche”. Inutile dire che alcuni Paesi hanno subito preso alla lettera la raccomandazione (in Germania sono iniziate le confische di auto con targa russa), tanto che il portavoce della Commissione Daniel Sheridan Ferri ha dovuto correggere un po’ il tiro il 12 settembre, invitando i governi a “non confiscare gli effetti personali dei cittadini russi” e a dare una interpretazione “proporzionata e ragionevole” della norma. “È solo una provocazione”, ritiene Torrimbeni, “persino i finlandesi hanno smesso di confiscare le auto russe. Non escludo che alcuni Paesi guardino con severità a questo regolamento. Ma l’Italia sicuramente non lo farà. Tutti i nostri amici russi, i colleghi che vogliono andare in Italia, non si preoccupino”.

Regione di Sverdlovsk. 31 gennaio 2018. Pannello di controllo nella centrale Sredneuralskaja GRES, allora controllata della società per azioni “Enel Russia”. Enel ha lasciato il Paese dopo il febbraio 2022

L’Italia è anche il Paese che continua a mettere meno ostacoli ai russi nella concessione dei visti visti Schengen, cosa che sta facendo innervosire altri Paesi europei, dove è diventato impossibile per un russo ottenere l’ambito permesso di viaggio sul passaporto. “I nostri partner non sono contenti di questo. Ma le relazioni tra i popoli russo e italiano sono storicamente molto forti. Continuano nonostante le turbolenze”, dice Torrimbeni. “Cerchiamo ancora di mantenere relazioni a livello culturale. Quello che pensano e dicono i nostri colleghi del Nord Europa… Beh, lasciamolo dire a loro…”.

In effetti, l’amore tra i due Paesi non sembra così in crisi. I concerti di musica italiana in Russia sono ancora al top del gradimento, e nello scorso anno gli studenti di italiano nelle università russe sono aumentati del 30 per cento. Ma come fa l’Italia a mantenere rapporti relativamente costruttivi con la Russia sotto le sanzioni? “Un mio vecchio amico che si occupa di geopolitica dice che è impossibile spiegare in modo razionale i rapporti tra Russia e Italia. Ci riusciamo perché i russi amano gli italiani e gli italiani si trovano molto bene in Russia. Per me non c’è altra spiegazione”, chiosa Torrimbeni.

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