Contraffazione e Italian sounding: il braccio di ferro per difendere il vero Parmigiano in Russia

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Le importazioni sono vietate dalle sanzioni del 2014 e, purtroppo, fioriscono i fake, con il “Parmezan” che finisce sulle tavole e sugli scaffali dei supermercati russi. Alcune iniziative cercano di contrastare i tarocchi e difendere l'autenticità dei prodotti Made in Italy

L’embargo alimentare del 2014 ha colpito gravemente l’interscambio commerciale tra Italia e Russia. Nel 2015 è calato di quasi il 40% rispetto al 2014: 27,7 miliardi di euro contro 43,5 miliardi di euro. A farne le spese è stato in particolare il settore agroindustriale, perché sono stati colpiti dal divieto di importazione carne, insaccati e formaggi, che in precedenza giungevano in grandi volumi dall’Italia in Russia. L’embargo ha dato origine all’emergere del “Parmezan” (la versione tarocca del Parmigiano, che ne imita anche il nome) proveniente dalle più svariate parti del mondo, e di prosciutti di origine sconosciuta, nonché all’importazione clandestina di merce “proibita”. Sette anni dopo, la situazione non è cambiata: nell’agosto 2021 al mercato Danilovskij di Mosca sono stati trovati e distrutti 112 kg di formaggi sotto sanzione.

Il falso Parmigiano e la lotta alle merci “proibite” 

Dopo l’imposizione delle sanzioni, solo l’olio d’oliva, il vino e i cosiddetti prodotti “secchi” (pasta, caffè…) hanno continuato ad affluire dall’Italia in Russia legalmente. I formaggi e i salumi sono scomparsi e questo ha dato origine a un’ondata di contraffazioni. Nel 2015, venivano prodotti ogni anno 300 milioni di kg di Parmigiano contraffatto nel mondo e nei Paesi europei: Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Stati baltici, ma anche negli Stati Uniti, in Argentina, in Brasile. A riferirlo è l’associazione di agricoltori Coldiretti. E nel 2014 sono stati prodotti più Parmigiano Reggiano e Grana Padano contraffatti che autentici. Il problema non è stato ancora risolto e sta danneggiando l’economia italiana.

Dopo l’introduzione dell’embargo alimentare, i russi hanno potuto presto verificare la realtà di questi numeri. Quando quel che rimaneva delle merci “proibite” in magazzino è scomparso dagli scaffali dei negozi, sono apparse tonnellate di “Parmezan” dall’Argentina, dall’Uruguay, dal Cile e persino dal Tatarstan. 

Nel 2017 Reliabitaly ha rilasciato una app per smartphone per determinare l’originalità dei prodotti. Grazie a questa applicazione è possibile scansionare il codice a barre del prodotto e ottenere tutte le informazioni sulla sua produzione. Questo è importante, prima di tutto, non tanto per il Parmezan cileno, che non nasconde il suo Paese di origine, ma per i tanti produttori o marchi con italian sounding. L’app non è attualmente disponibile in Russia.

I russi, dopo aver perso l’accesso legale alle loro amate prelibatezze italiane, non si sono persi d’animo e hanno iniziato a cercare soluzioni alternative per acquistarle. Nel 2015, il Servizio federale delle Dogane consentì l’acquisto tramite servizi di consegna internazionale, come Shopfans, di merci sanzionate dagli Stati Uniti e dall’Europa in pacchi fino a 5 kg: un servizio valido solo per l’acquisto da parte di persone fisiche. 

Tuttavia, un nuovo provvedimento del Servizio federale delle Dogane ha reintrodotto il divieto anche per i privati. Pertanto ha iniziato a essere praticata l’importazione non ufficiale di formaggi e del Parmigiano in Russia, e hanno iniziato a comparire reti di fornitori di merci dall’Italia: qualcuno attraverso la Finlandia, qualcuno attraverso la Bielorussia, qualcuno inviando direttamente dall’Europa usando società di logistica specializzate.

Alcuni ristoranti italiani a Mosca sono riusciti a rifornirsi dei prodotti necessari attraverso acquirenti che fanno incetta di prosciutti e salami nei mercati. La vendita di formaggi e insaccati vietati qui è ufficiosa e quindi non pubblicizzata, ma chi va in cerca, da tempo trova. Ad esempio, al mercato Danilovskij il 16 agosto 2021 il Rosselkhoznadzor (il Servizio federale di supervisione veterinaria e fitosanitaria) ha sequestrato più di 110 kg di formaggi provenienti da Italia, Germania, Francia e altri Paesi dell’Ue. Nel 2017, 9 kg di formaggio sotto sanzione erano stati trovati e distrutti nel mercato Usachevskij e nel 2019 44 kg di salumi, burro e formaggi dell’Ue erano stati trovati nel mercato Khasanskij di San Pietroburgo. Nello stesso anno erano stati trovati 500 kg di formaggi italiani e olandesi in un magazzino alimentare di Mosca. Ma questa è probabilmente solo la punta dell’iceberg.

Tuttavia, la quota di importazioni illegali di merci proibite sta diminuendo di anno in anno: dal 2015 al 2021 è calata dell’80%. Durante questo periodo sono state importate (o, più precisamente, scoperte) 1,3 mila tonnellate di prodotti animali e 37,2 mila tonnellate di prodotti vegetali illegali. Forse gli indicatori stanno diminuendo a causa del graduale miglioramento della qualità dei “sostituti” di produzione nazionale. Secondo i venditori di formaggi e insaccati illegali, la quota di “proibito” nell’assortimento non supera il 10%. Ma anche i regolari controlli di sorveglianza e controllo non hanno portato i punti vendita ad abbandonare il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano sanzionati: giorno dopo giorno sugli scaffali appaiono nuovi lotti.

La sostituzione delle importazioni

Dal 2013 al 2015, la produzione di formaggio in Russia è aumentata del 75%. In seguito il tasso di crescita è rallentato, ma il processo continua. Nel 2019 sono state prodotte quasi 550 mila tonnellate di formaggio, nel 2020 poco più di 500 mila tonnellate. Non si è smesso di produrre “Parmezan” russo, ma sono comparsi anche molti piccoli caseifici che funzionano davvero secondo le tradizioni italiane, con attrezzature italiane, e aderiscono ai principi del “Made with Italy”.

Nella regione di Tver, Pietro Mazza aveva iniziato a produrre formaggio molto prima che venisse imposto l’embargo, creando l’azienda agricola “La Fattoria”. Dopo le sanzioni, hanno cominciato ad apparire sempre più società del genere. Ad esempio, a Volgodonsk, Andrea Chiusoli Certani, insieme alla moglie russa, lavora in un caseificio e non ha subito perdite di domanda nemmeno durante la pandemia. E a Ljubertsy, Giuseppe Pellicoro produce formaggio dal 2016. Nella città di Mosca è molto attivo il socio CCIR Altagamma che produce formaggi di vario genere usando strumenti e tecnologie italiane. 

Il caseificio di Andrea Chiusoli a Volgodonsk, marzo 2017

Anche i caseifici nazionali, dove lavorano solo specialisti russi, stanno gradualmente migliorando la qualità dei loro prodotti. Inoltre, la produzione nelle regioni non è peggiore che nella regione di Mosca. Scamorza, caciotta e altri tipi di formaggio di origine italiana risultano degni del loro nome. In Russia si cerca di fare anche salumi all’italiana, ma in quantità minore rispetto ai formaggi.

Il Parmigiano in ogni caso non può essere realizzato fuori dalla sua zona di produzione in Italia, e ci vorrà più di un anno per sviluppare tecnologie per la produzione di formaggi russi stagionati; due o tre anni senza “acceleratori” di processo. Resta quindi rilevante la questione della vendita legale dei prodotti italiani. Inoltre, il settore agroindustriale italiano ha perso oltre 1,4 miliardi di euro nei sette anni di embargo a causa dell’impossibilità di vendere formaggi e salumi in Russia. Il “Parmezan” bielorusso e il salame “Milano” prodotto in Svizzera aggravano la situazione. Inoltre, la cucina italiana soffre, perché i ristoranti sono costretti a cambiare menù, eliminando pecorino, gorgonzola e Parmigiano, mentre possono utilizzare mozzarella e burrata prodotte in Russia.

True Italian Taste 

Nel 2019 la Camera di Commercio Italo-Russa ha aderito al progetto “True Italian Taste”, organizzato dalla Farnesina e da Assocamerestero per promuovere i prodotti agroindustriali originali. Le attività del progetto comprendono workshop e seminari, masterclass, corsi di formazione ed eventi promozionali per promuovere prodotti e vini italiani. Inoltre, True Italian Taste mira a supportare i produttori italiani che desiderano entrare nei mercati esteri (compreso quello russo), e ad ampliare le opportunità per quegli imprenditori che si stanno già sviluppando all’estero. Per i consumatori, questo progetto è invece un’opportunità di trovare prodotti italiani autentici, non taroccati.

Nel 2021 l’Italia ha cercato di far escludere almeno il Parmigiano dalla lista delle sanzioni, ma la Russia ha rifiutato queste proposte. Pertanto, nel luglio 2021, all’interno di True Italian Taste, è apparso un nuovo compito: disegnare una mappa dei negozi di autentico cibo italiano in Russia. Piccoli punti vendita al dettaglio che non si intersecano con catene di grande distribuzione, negozi gourmet e che offrono prodotti dietetici, e rappresentanti del segmento dell’e-commerce.  

Finora, la principale concentrazione di tali punti, come prevedibile, è a Mosca e nella regione di Mosca, ma ci sono punti vendita isolati anche a Ekaterinburg, Rjazan, Samara. Alcuni dei negozi registrati si occupano solo di bevande alcoliche, mentre altri effettuano piccole consegne di pasta, dolciumi, formaggi, insaccati; ad esempio SupermarketItaly, Olivaitalia, OlivierFood. Per essere presente sulla mappa, un punto vendita deve avere sugli scaffali almeno cinque marchi italiani.

La mappa del negozio non è l’unica soluzione all’interno del progetto True Italian Taste. Durante i mesi di giugno e luglio, la Camera di Commercio Italo-russa ha organizzato un’escursione enogastromica con open cooking e degustazioni per chef e altri specialisti della gastronomia, nonché rappresentanti dei media russi. Un evento aperto al pubblico via streaming. Tutte le idee all’insegna di True Italian Taste dovrebbero migliorare il giro d’affari del settore agroindustriale tra i Paesi e sostenere almeno in parte i produttori italiani e i consumatori russi finché proseguirà il momento difficile delle sanzioni.

Questo articolo fa parte della rubrica “Fare affari in Russia”, realizzata in collaborazione con la Camera di Commercio italo-russa e firmata dal presidente della CCIR, Vincenzo Trani. Ogni due settimane analizziamo un aspetto specifico del business bilaterale attraverso interviste, esperienze dirette, analisi e approfondimenti. La rubrica si pone come uno strumento per capire meglio l’orizzonte degli investimenti italo-russi, una bussola per orientare e ispirare quelle imprenditrici e quegli imprenditori ancora pronti a scommettere sul Paese più grande del mondo.

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