Il Covid affossa il commercio italo-russo: è forse giunta l’ora di dimenticare le sanzioni?

Reuters
Le conseguenze del lungo lockdown e della situazione sanitaria mondiale non si sono fatte attendere. In queste condizioni, le misure introdotte negli ultimi anni sembrano davvero qualcosa di anacronistico

Il business italo-russo è rappresentato nella Federazione Russa da una serie di joint venture, nonché dai rapporti stabili e continuativi di import-export. Il Covid-19 ha fatto però precipitare l’industria nella stagnazione e, data la situazione, le autorità devono ora procedere un po’ a tentoni. Il sito web “Vneshnaja torgovlja Rossii” (“Commercio estero della Federazione Russa”) presenta statistiche basate sui dati del Servizio doganale della Federazione Russa. 

Secondo tali dati, il giro d’affari totale di tutti i prodotti tra Russia e Italia nel 2019 ha superato i 25 miliardi di dollari. Non bisognerà però attendersi cifre del genere nel 2020: oltre il 35% delle imprese italiane è stato costretto ad annullare la consegna ai propri clienti in Russia e il 24% delle aziende ha avuto una riduzione degli ordini da parte dei clienti russi di oltre il 60%.

Gli affari italo-russi pre-crisi

Gli italiani sono ben disposti a fare affari in Russia. Ne è un esempio il numero di imprese attive in cui hanno investito aziende e imprenditori italiani. Tra queste: la fabbrica EuroChem per la produzione di prodotti chimici come l’ammoniaca, gli impianti per la produzione di radiatori in alluminio Fondital, l’impianto ILPEA per la produzione di guarnizioni per elettrodomestici, e molte altre. Di recente apertura sul territorio della Federazione Russa anche la nuova produzione italo-russa di pasta a marchio Barilla. Ciò testimonia il rafforzamento sempre crescente dei legami commerciali tra i due Stati.

Oltre il 35% delle imprese italiane è stato costretto ad annullare la consegna ai propri clienti in Russia

Ma anche la Federazione Russa esporta in Italia: prodotti minerali (82,16%), legname (1,37%), metalli preziosi, pietre (3,72%), prodotti chimici (1,28%). In termini di quantità, dopo i carburanti fossili, vengono esportate le perle! Dall’Italia alla Federazione Russa il settore più attivo nell’export è quello di attrezzature, macchinari e veicoli. Ha occupato oltre il 42% del volume totale delle merci importate (per un valore di oltre 4,1 miliardi).

La Russia esporta in Italia perlopiù prodotti minerali, legname, metalli preziosi, pietre e prodotti chimici

L’anno scorso, la Russia ha importato anche prodotti alimentari che non rientrano nelle controsanzioni introdotte nel 2014: spezie, tè, caffè, prodotti a base di farina e/o cereali, oli vegetali e grassi animali, cacao, cioccolato. L’importo totale delle importazioni alimentari ha superato i 309 milioni di dollari.

Interessante notare che dall’Italia sono arrivati prodotti farmaceutici per quasi 1 miliardo di dollari. Nel settore abbigliamento, vestiti e calzature sono stati importati per oltre 871 milioni; infine da sottolineare il comparto del beverage dove le bevande importate hanno sfiorato i 438 milioni.

Per l’Italia danni economici da Terza guerra mondiale

A causa dell’epidemia che ha colpito l’Italia e il mondo intero, l’industria e l’economia del Belpaese hanno particolarmente sofferto. Dal 10 marzo è stata introdotta la quarantena e a lungo agli stranieri è stato vietato l’ingresso in Italia. L’attività delle istituzioni statali e degli uffici privati è stata sospesa per il lockdown. Tutti i punti di scambio e commercio sono stati chiusi. Le uniche eccezioni sono state farmacie, negozi di alimentari, banche, uffici postali ed edicole. Il volume delle vendite è diminuito per l’84% delle compagnie e l’ammontare delle perdite, per il 40% degli intervistati della Camera di Commercio Italo-Russa, va da 250mila a 1 milione di euro. Per il 16,8% supera il milione.

Le esportazioni dalla Russia verso l’Italia sono calate del 18,14%, ma le importazioni italiane sono aumentate del 6,31%. Il saldo positivo si è quindi rivelato in rosso per la parte russa, in calo di oltre il 47%

Quasi un quarto delle aziende ha ridotto la produzione di oltre il 60%: hanno continuato a lavorare a pieno regime solo le imprese che producono prodotti essenziali. 

In alcuni casi i dipendenti hanno utilizzato ferie residue (62% delle imprese) e il 24,3% delle aziende ha dovuto fare a meno del personale con contratto intermittente o temporaneo.  

In Italia, precedentemente alla crisi pandemica, erano già in produzione attrezzature per grandi clienti russi, in procinto di essere completate ed esportate. In molti casi queste commesse sono state “congelate”. 

All’interno del Paese, il 57,9% delle aziende ha visto gli ordinativi diminuire, e le sanzioni contro la Federazione Russa, che persistono dal 2014, hanno reso la situazione ancora più complicata. A causa del solo embargo, le perdite annuali ammontano a circa 3 miliardi $. Il Pil italiano è drasticamente crollato e il debito pubblico ha raggiunto il 135% sul Pil.

Come sono cambiate le relazioni commerciali tra i due Paesi

Nonostante gli sforzi compiuti da Italia e Russia, il “contraccolpo” come conseguenza dell’epidemia di Covid-19 è stato inevitabile. Se nei primi mesi del 2020 non aveva ancora avuto il tempo di incidere appieno sull’attività italo-russa, in seguito la situazione ha cominciato a deteriorarsi.

A fine marzo, gli esperti hanno notato che l’industria italiana sarà quella che soffrirà maggiormente, a causa della mancanza di possibilità di esportare macchinari e attrezzature in Russia, la cui quota pesa pari al 42% di tutte le forniture alla Federazione Russa. Problemi con la produzione dovuti a interruzioni delle filiere sono probabili per l’87% delle imprese iscritte alla Camera di Commercio Italo-Russa.

Il 24% delle aziende italiane ha avuto una riduzione degli ordini da parte dei clienti russi di oltre il 60%

Anche le esportazioni industriali sono diminuite dell’1,62% nel primo trimestre, ma sono aumentate nel secondo. L’indice della produzione industriale corretto per gli effetti di calendario è sceso del 13,7% a giugno 2020.

Il “colpo” al commercio italo-russo dovrebbe essere valutato tenendo conto non solo dell’offerta di prodotti dell’industria pesante, ma anche degli scambi commerciali generali tra i due Paesi. Nel 1° trimestre di quest’anno sono diminuiti, rispetto allo stesso periodo del 2019, del 9,52%. Le esportazioni dalla Russia verso l’Italia sono calate del 18,14%, ma le importazioni italiane sono aumentate del 6,31%. Il saldo positivo si è quindi rivelato in rosso per la parte russa, in calo di oltre il 47%.

Il Pil italiano segna un record negativo, crollando del 12,5% nel secondo trimestre, con le piccole imprese, che rappresentano il 92% del totale, che sono state le più colpite.

In generale, però, il numero di merci italiane sugli scaffali dei supermercati russi non è cambiato in modo significativo durante la pandemia. Lo stesso si può dire per l’Italia. Poiché il periodo di isolamento quasi completo è durato solo pochi mesi, il recupero è relativamente rapido.

Da sottolineare come in questo periodo turbolento il business italo-russo si sia in parte rafforzato. Sicuramente, è arrivato il segnale forte dell’anacronismo delle sanzioni in questo contesto di difficili condizioni e crisi economica scatenata dalla pandemia, come ha dichiarato senza mezzi termini il banchiere Antonio Fallico.

La Russia sta sviluppando in contemporanea diversi vaccini contro il Covid-19: ecco perché 

Questo pezzo fa parte della nuova rubrica “Fare affari in Russia”, realizzata in collaborazione con la Camera di Commercio italo-russa e firmata dal presidente della CCIR, Vincenzo Trani. Ogni due settimane analizzeremo un aspetto specifico del business bilaterale attraverso interviste, esperienze dirette, analisi e approfondimenti. La rubrica si pone come uno strumento per capire meglio l’orizzonte degli investimenti italo-russi, una bussola per orientare e ispirare quegli imprenditori e le imprenditrici ancora pronti a scommettere sul paese più grande del mondo

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