Oro nero, ecco come è nata l’industria petrolifera russa

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La moderna estrazione di greggio iniziò nel 1846 nell’Impero russo, e da allora è rimasta un pilastro dell’economia nazionale

Il petrolio è stato estratto fin dai tempi antichi, principalmente per scopi di edilizia e medici. Per quanto riguarda l’industria petrolifera moderna, è nata nell’Impero russo: il primo pozzo di petrolio al mondo è stato scavato sulla penisola di Abşeron, vicino a Baku (nell’attuale Azerbaigian), nel 1846.

La regione di Baku ha attirato le principali compagnie petrolifere di tutto il mondo. Qui, le imprese gestite dalla famiglia Rothschild e dai fratelli Nobel gareggiavano tra loro spietatamente per la supremazia. Winston Churchill disse: “Se il petrolio è una regina, Baku è il suo trono”.

All’inizio del XX secolo l’Impero russo era uno dei produttori di punta di petrolio del globo, occupando il 30% del mercato. La rivoluzione del 1917, la Guerra civile e la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere colpirono però duramente il settore. Tuttavia, il capitale straniero non lasciò la Russia. I Rothschild e i Nobel furono sostituiti dalla Standard Oil di New York e dalla Vacuum (in seguito: Mobil).

Nel 1923, la situazione dell’industria petrolifera sovietica si era normalizzata e l’esportazione di petrolio era già tornata ai livelli pre-rivoluzionari. Le regioni del Caucaso e del Caspio sono rimaste le zone di produzione petrolifera più significative del Paese a lungo, e sono state una delle ragioni strategiche alla base dell’operazione Barbarossa di Hitler, l’occupazione nazista dell’Unione Sovietica nel 1941.

Dopo la guerra sono state scoperte nuove regioni petrolifere. Negli anni Cinquanta i giacimenti situati nella regione del Volga e degli Urali rappresentavano circa il 45% della produzione totale del petrolio dell’Urss. Lo sfruttamento dei vasti territori della Siberia Occidentale è iniziato invece solo negli anni Sessanta. Questo ha portato a una migrazione interna di massa verso una regione fino ad allora molto poco abitata.

L’aumento dell’esportazione petrolifera sovietica ha determinato un calo dei prezzi del petrolio mondiale ed è stato uno dei motivi alla base dell’istituzione dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec) nel 1960.

Negli anni Ottanta, l’industria petrolifera sovietica entrò in un periodo di declino. Le ragioni principali furono l’esaurimento di pozzi esistenti a causa della trivellazione intensiva e la mancanza di investimenti per l’esplorazione di nuovi giacimenti.

La vera crisi ebbe inizio dopo la caduta dell’Urss. La domanda interna, le possibilità di esportazione e i volumi prodotti si ridussero. Lo Stato cercò di superare la crisi. La demonopolizzazione e la privatizzazione dell’industria portarono alla costituzione di una manciata di giganti petroliferi che coprono il ciclo completo di produzione di petrolio, dall’esplorazione all’esportazione (Rosneft, Yukos, Lukoil e altri). La crisi è stata superata nel 1997, quando i volumi di produzione pre crollo sono stati ripristinati.

Oggi la Russia è tra i leader mondiali del mercato petrolifero. Nonostante un significativo calo dei prezzi del petrolio, questo settore rimane il pilastro portante dell’economia russa contemporanea. Il governo russo cerca di cambiare questa situazione di estrema dipendenza dalle esportazioni di greggio. Secondo le parole del primo ministro Dmitrij Medvedev, “l’obiettivo principale oggi è quello di creare un’economia efficiente e high-tech. Tale economia genererà flussi di reddito che ci aiuteranno a essere meno dipendenti dai redditi da petrolio”.

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