Il rublo scende: a rimetterci saranno i consumatori (Foto: Itar Tass)
Nelle ultime settimane il costo sostenuto del petrolio e la debolezza del rublo hanno determinato una circostanza favorevole per gli esportatori di greggio. I cui crescenti profitti andranno naturalmente anche a vantaggio del Tesoro. Meno favoriti saranno invece i consumatori, che dovranno vedersela con l’aumento dei beni di importazione e delle vacanze all’estero. Ma non vi è nulla da temere, poiché non è previsto alcun tracollo finanziario. Solo un mese fa, l’eventualità di un aumento del prezzo del petrolio in presenza di un rublo debole sarebbe apparsa impossibile. Il tasso di cambio del rublo ha sempre seguito da vicino l’andamento del prezzo del petrolio: un calo del primo si traduceva immancabilmente nel calo del secondo, e viceversa.
Nel corso degli ultimi mesi, però, la valuta nazionale sembra essersi sganciata dal prezzo del petrolio, come dimostra il fatto che il rublo sta scendendo ben più rapidamente del greggio. Gli economisti di Bank of America Merrill Lynch non escludono che nel secondo trimestre dell’anno il prezzo del petrolio possa scendere sensibilmente, ma prevedono che nel primo e quarto trimestre rimarrà alto. Le loro parole sono musica per le compagnie petrolifere russe. È raro che di fronte a un aumento del prezzo del petrolio il rublo rimanga debole. "Al culmine delle crisi del 1998 e del 2008-2009 - afferma Mikhail Krylov, direttore del dipartimento analisi di United Traders -, si verificarono delle circostanze assai diverse. Nel 1998, quando il dollaro aveva raggiunto un tasso del 247 percento rispetto al rublo, il Brent era sceso del trentatré percento, sino a toccare i 12,76 dollari al barile. Nel 2009 si verificò una situazione analoga: con il prezzo del petrolio diminuito del trentasei percento, il rublo scese a 36,73 rispetto al dollaro".
E se la debolezza della valuta nazionale rappresenta sempre un fattore positivo per le esportazioni, un rublo debole accompagnato a un prezzo sostenuto del petrolio è un vero e proprio sogno per l’industria petrolifera. “È una situazione fantastica per le compagnie petrolifere, che guadagnano in dollari ma versano tasse in rubli”, spiega Krylov. “Un calo nel tasso di cambio del rublo produce un aumento quasi equivalente nei guadagni degli esportatori di petrolio, dal momento che essi pagano la maggior parte delle tasse e dei dazi su base forfettaria, e non in percentuale ai loro profitti. Ecco perché prevediamo che a un calo del tasso di cambio del rublo di circa il 12,7 percento corrisponderà un pari aumento dei profitti degli esportatori di petrolio”.
Chi vince
Si prevede che a trarre maggior vantaggio dall’attuale situazione sarà la compagnia petrolifera russa Surgutneftegas. “Più che una vera e propria compagnia petrolifera, la Surgutneftegas appare da tempo una sorta di fondo di investimenti che poggia su una pila di trenta miliardi di dollari”, afferma Alexandr Razuvayev, che dirige la società di analisi di mercato Alpari. “Un incremento del tasso di cambio del dollaro determina automaticamente un aumento dei profitti netti della compagnia e dei dividenti delle sue azioni privilegiate”. La combinazione rublo basso-petrolio alle stelle, aggiunge Bank of America Merrill Lynch, favorisce anche gli investimenti in Lukoil e Surgutneftegas.
Secondo gli esperti, per Lukoil e il gigante Rosneft, di proprietà statale, l’attuale circostanza non è favorevole quanto lo è invece per la Surgutneftegas. Rosneft, in particolare, è gravata da un cospicuo debito in dollari, che la obbliga ad acquistare a scadenze regolari, e a prescindere dal tasso di cambio, ingenti quantità di dollari. L’attuale situazione si tradurrà in vantaggi economici anche per il monopolista russo Gazprom, che esporta massicce quantità di gas. Anche se, specificano gli analisti di Bank of America, il congelamento dei dazi potrebbe compromettere gli effetti benefici che il calo del rublo dovrebbe produrre sui profitti della compagnia.
Le esportazioni di petrolio dovrebbero fruttare al Tesoro 24,5 miliardi di dollari Mikhail Krylov stima che grazie alla debolezza del rublo e all’alto costo del greggio, il gettito derivante dal settore energetico frutterà quest’anno al Tesoro russo almeno 862 miliardi di rubli. “I maggiori incassi derivanti dalle esportazioni energetiche permetteranno al governo di affrontare più agevolmente il deficit di bilancio e migliorare la situazione finanziaria russa”, afferma Andrey Tsion, analista finanziario per Lionstone Investment Services Ltd. “Tuttavia” sostiene Mikhail Krylov, “sino a quando rimarrà in vigore la “budget rule”, che impone agli esportatori di petrolio di cedere al Fondo di riserva nazionale i propri guadagni che superano un certa soglia sino a quando il Fondo non avrà raggiunto il sette percento del Pil, circostanze come quella attuale non allieveranno il deficit di bilancio”.
Agli inizi del 2014 il Fondo aveva raggiunto solo il 4,3 percento del Pil. La “budget rule”, introdotta diversi anni fa dal governo, è stata pensata per fare in modo che i guadagni inaspettati del settore petrolifero contribuiscano a costituire un “cuscino di sicurezza”. Lo stesso che, com’è noto, aiutò il Paese a superare relativamente indenne la crisi del 2008-2009”. Inoltre, evitando che i guadagni inaspettati derivanti dalle esportazioni di gas e petrolio vengano “sprecati” per tappare i buchi di bilancio, la “budget rule” obbliga il governo a perseguire le necessarie riforme e a trovare nuovi modi per favorire la crescita. L’unica categoria ad essere penalizzata da un rublo più leggero è quella dei consumatori, che dovranno vedersela con l’aumento di tutti i beni di importazione.
I rivenditori di auto prevedono che il prezzo medio di un’auto importata aumenterà di circa il dieci percento. La maggior parte dei produttori di auto straniere che hanno in Russia una fetta significativa de loro mercato hanno iniziato ad assemblare i veicoli nel Paese, servendosi il più possibile di componenti “made in Russia”. Anche se alcune delle parti più costose dovranno essere necessariamente continuare ad essere importate. Anche gli importatori russi di beni e bevande alcoliche prodotti all’estero prevedono di dover aumentare i prezzi al consumo. Tra i primi a reagire al calo del rublo vi sono stati i tour operator: per i russi adesso anche le vacanze all’estero saranno più care.
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