Cinque scrittori e poeti russi che vissero a lungo in Italia

Russia Beyond (Foto: pikisuperstar/Freepik; Dominio pubblico; Galleria Tretjakov; Anefo/Croes, R.C.)
Si innamorarono dell’arte e dell’architettura, della natura e del cibo servito nelle taverne. E qui, estasiati dal sole del Mediterraneo, composero alcune delle loro opere più famose

1 / Aleksandr Blok

“Ravenna mi è più cara di tutte le altre città, apprezzo Milano, così come Berlino, maledico Firenze, amo Spoleto. Così, da Milano, il 19 giugno 1909 il poeta e drammaturgo Aleksandr Blok scriveva alla madre. “Mi sono particolarmente care tutte le antichità, in particolare le tombe etrusche, con la loro umidità, il loro silenzio, il buio, le austere decorazioni dei sepolcri, le brevi iscrizioni”. Quella fu una della tante lettere che Blok mandò dall’Italia, Paese che egli visitò in lungo e in largo: “Non c’è cosa che non abbiamo visto: praticamente tutti i monti italiani, due mari, decine di musei, centinaia di chiese”.

Blok visitò l'Italia per la prima volta da piccolo, tra la fine del 1883 e la primavera del 1884, insieme alla madre e alla nonna. Tornò una seconda volta nel 1909, insieme alla moglie. In quell’occasione si recò a Venezia, Ravenna, Firenze (“una vera capitale”, anche se il caldo è “insopportabile” e le “zanzare ti divorano senza tregua”). 

A Ravenna ammirò la tomba di Dante, poeta che causò in lui una grande impressione; non a caso, alcuni motivi della “Vita nuova” di Dante sono riconoscibili nelle sue liriche giovanili. 

Durante la sua esperienza in Italia, Blok compose il celebre ciclo “Versi italiani”, che anni dopo egli lesse a Mosca davanti al pubblico dell’Unione degli Scrittori. 

2 / Nikolaj Gogol

Gogol scrisse in Italia interi capitoli del suo celeberrimo libro “Le anime morte”. Arrivò nel Belpaese nella primavera del 1837 e alloggiò a Roma, dove prese in affitto un paio di camere vicino a Piazza Barberini, quartiere dove vissero molti artisti russi.

Gogol si innamorò della natura e dei monumenti della Città Eterna, e volle tornarci a tutti i costi anche dopo esser partito per l’Austria e la Germania, nell’estate dello stesso anno. “Quasi con tristezza mi sono separato dall’Italia. Mi rincresceva lasciare Roma per un mese”. E così, spinto dalla nostalgia, lo scrittore russo tornò nel Belpaese, nell’ottobre del 1837: “Provo una terribile nostalgia per Roma - scrisse in una lettera da Ginevra -. Solo là mi sentivo completamente sereno, in salute e potevo dedicarmi alle mie occupazioni”. 

Oltre a frequentare la casa della principessa Zinaida Volkonskaja, a Roma Gogol formò un circolo di artisti che si riunivano da lui tutte le sere. In Italia Gogol amava sorseggiare i vini locali e mangiare nelle trattorie, dove si rimpinzava in abbondanza.

Per un certo periodo Gogol visse anche a Napoli, dove giunse per la prima volta nell’estate del 1838. Lì si tuffò tra le bellezze locali, godendosi il mare del Golfo di Napoli, le isole e le escursioni in barca. 

3 / Feodor Dostoevskij 

L’Italia fu fonte di ispirazione anche per Dostoevskij, che, come recita una targa commemorativa su una palazzina vicino a Palazzo Pitti a Firenze, “in questi pressi tra il 1868 e il 1869 Feodor Mikhailovich Dostoevskij compì il romanzo ‘L’Idiota’”. 

L’autore di “Delitto e castigo” arrivò per la prima volta a Firenze nell’estate del 1862 e tornò di nuovo nel 1868, insieme alla moglie Anna Grigorevna. “Firenze è bella, ma anche molto umida - scrisse verso la fine dell’anno in una lettera -. Al Giardino dei Boboli le rose sono ancora fiorite, all’aperto! E che tesori nelle Gallerie!”. Se durante il suo primo viaggio a Firenze si era lasciato sfuggire molte opere degli Uffizi, a causa di una visita frettolosa e distratta realizzata con l’amico Strakhov, questa volta Dostoevskij non stacca gli occhi dalle meraviglie del museo fiorentino, di cui apprezzò soprattutto la “Madonna in trono”. 

I ben noti problemi finanziari di Dostoevskij lo perseguitano anche a Firenze, dove le somme di denaro che gli inviano non gli bastano mai. 

Nell’estate del 1869 trascorse alcuni giorni a Venezia, e ne restò estasiato. Nelle sue memorie, la moglie scrisse: “Feodor Mikhailovich era in estasi davanti all’architettura della Basilica di San Marco, per ore intere guardava i mosaici che ne adornano le pareti (...). Si può dire che per quattro giorni non ci siamo mossi da Piazza San Marco, a tal punto essa ci affascinava sia di giorno che di notte”. 

4 / Maksim Gorkij

Lo scrittore e drammaturgo Maksim Gorkij arrivò in Italia insieme alla moglie dopo un soggiorno in America. All’epoca il suo nome era già circondato da un’aurea di fama. Correva l’anno 1906. Approdò in nave a Napoli. Era una giornata d’autunno, e una volta scesi dall’imbarcazione si recarono all’Hotel Vesuvio. La sera stessa andarono a teatro a vedere l’Aida di Verdi e, nonostante lo spettacolo fosse già iniziato, l’arrivo inaspettato di Gorkij in sala causò l’interruzione della rappresentazione. Il suo nome veniva sussurrato in tutto il teatro. La gente lo cercava con gli occhi. Il pubblico si alzò in piedi e lo accose con uno scroscio di applausi. La sua popolarità nel Belpaese era già alle stelle. 

La sua fama di rivoluzionario provocò un certo scompiglio in Italia, dove si temeva che il suo arrivo a Napoli potesse causare delle manifestazioni. Per questo fu messo sotto sorveglianza. 

Gorkij visitò l’isola di Capri, dove si fermò per un certo periodo, ultimando il suo romanzo “La madre”, subito tradotto in italiano. Il soggiorno a Capri fu per Gorkij molto produttivo: lì scrisse varie novelle e racconti, tra cui “Estate”, “La confessione” e “La spia - Vita di un uomo inutile”. Oltre alla scrittura, il suo passatempo preferito a Capri era la pesca, che praticava in mare con gli amici e la famiglia. 

In occasione del terribile terremoto che sconvolse la Calabria e la Sicilia, il 28 dicembre 1908, Gorkij si recò immediatamente sul posto e lanciò una raccolta fondi. 

Gorkij visse a Capri diversi anni, divenendo un punto di riferimento per gli emigrati rivoluzionari che vivevano in Italia e per molti personaggi di spicco della cultura e della politica russa, che di sovente gli facevano visita: tra loro, anche Ivan Bunin e Feodor Shaljapin. 

5 / Iosif Brodskij

Tra i più famosi emigrati russi che vissero in Italia, non si può non citare Iosif Brodskij, premio Nobel per la Letteratura nel 1987. Il suo “legame mistico” con Venezia diede origine al famoso saggio “Fondamenta degli Incurabili”, un trattato d’amore nei confronti della città sull’acqua, dove approdò per la prima volta nel dicembre del 1972. Le prime impressioni di quella città avvolta dal gelo e dalla nebbia lo fecero innamorare perdutamente delle calli silenziose, dei campielli nascosti. Tant’è che Brodskij disse più volte di preferire Venezia in inverno. 

Lì egli amava alloggiare vicino all’acqua; visse, ad esempio, in una casa sul canale della Giudecca, in una pensione in Riva San Biagio e in un albergo in Riva degli Schiavoni. 

Brodskij era un grande amante della cucina veneziana e un assiduo frequentatore di alcune trattorie, come la locanda Montin a Dorsoduro, Mascaron in Calle Lunga a Santa Maria Formosa e la Rivetta vicino a Piazza San Marco. 

Pur essendo morto a New York il 28 gennaio 1996, l’anno successivo il suo corpo fu trasferito a Venezia, sull’Isola di San Michele, dove riposa ancora oggi. 

Alla vita dei russi in Italia, lo scrittore Aleksej Kara-Murza ha dedicato una serie di libri, pubblicati da Sandro Teti Editore nella collana “I russi in Italia”, da cui sono state tratte alcune delle informazioni presenti in questo articolo.

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