Dopo la Rivoluzione d’Ottobre seguì un breve periodo di caos e impunità: la gente iniziò a saccheggiare e distruggere palazzi reali, dimore e tenute nobiliari, chiese. Fortunatamente, il vandalismo fu presto fermato dal nuovo governo: le proprietà zariste, nobiliari ed ecclesiastiche furono nazionalizzate, e i bolscevichi finirono per avere a disposizione ricchezze indicibili (solo i diamanti zaristi furono valutati in 51.479,38 carati). Ma per far cassa, soprattutto per le difficoltà economiche in seguito allo scoppio della Guerra civile, presto si decise di vendere alcuni di questi tesori.
“In America si chiama ‘deaccessioning’ ed è considerata una procedura del tutto normale. Alcuni oggetti di valore vengono tolti definitivamente dall’esposizione museale e messi sul mercato. In Russia, la si chiama ‘svendita’ e si maledice chi l’ha autorizzata sia prima che dopo la Rivoluzione”, scrive il direttore dell’Ermitage Mikhail Piotrovskij nella ristampa del libro “Prodannye sokrovishcha Rossii” (ossia: “I tesori venduti della Russia”), aggiungendo che il ‘deaccessioning’ di inizio Novecento nel Paese è considerato una tragedia nazionale. Ma dove si possono vedere oggi questi “tesori venduti” dei Romanov?
Stati Uniti d’America
Nel 1933-1937, la moglie dell’ambasciatore americano in Unione Sovietica, Marjorie Post, acquistò un numero enorme di articoli della Russia zarista in un negozio di antiquariato di Mosca. Nel 1968, trasferì la sua intera vasta collezione di oggetti nella tenuta di proprietà di Hillwood, vicino a Washington, che ora ospita uno dei più grandi musei dell’antichità russa negli Stati Uniti.
La sua collezione comprende, ad esempio, una preziosa ciotola del 1791 e vasi abbinati della Fabbrica Imperiale di Porcellane del 1836.
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Nel 1966, all’asta di Sotheby’s, Marjorie Post acquistò la corona imperiale dei Romanov del 1884 in argento, diamanti e velluto. Prima di arrivare a Hillwood, questo tesoro ebbe un destino difficile: nel 1926 era stata venduta all’antiquario Norman Weiss, e l’anno successivo all’asta di Christie’s a Londra fu acquistata dall’antiquario Founs per la Galleria Wartski.
Alla Biblioteca Pubblica di New York fu venduto il “Ritratto delle altezze imperiali”, parte delle stampe “Descrizione della santissima incoronazione delle loro altezze imperiali l’imperatore Alessandro II e l’imperatrice Marija Aleksandrovna” (1856) che era conservata nella biblioteca di Alessandro II.
Alcune preziose uova di Pasqua di Fabergé sono state vendute in diverse mani. Dieci uova sono state cedute alla Hammer Brothers Gallery di New York (incluso l’uovo con miniature ruotanti nella foto in basso). E nel 1945 fu acquistato da Lillian Thomas Pratt, proprietaria di una delle più grandi collezioni di uova Fabergé al mondo. La collezionista ha poi donato i suoi tesori al Virginia Museum of Fine Arts, dove sono ora conservati.
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Molti dipinti della collezione dell’Hermitage furono acquistati dal funzionario americano Andrew W. Mellon. In seguito formarono il nucleo della National Gallery of Art di Washington, DC, di cui fu l’iniziatore e il principale contributore. Così la galleria di Washington ospita oggi “L’Adorazione dei Magi” di Sandro Botticelli (inizio anni Ottanta del Quattrocento; successiva al quadro omonimo degli Uffizi di Firenze).
Vi è conservata anche la “Madonna d’Alba” di Raffaello Sanzio (1510 circa). I bolscevichi la vendettero per la cifra record di oltre 1,7 milioni di dollari.
Dopo aver nazionalizzato le vaste collezioni private di mercanti e mecenati russi che avevano l’abitudine di comprare l’arte occidentale, in particolare gli impressionisti e le avanguardie, i bolscevichi si ritrovarono con un capitale immenso da cui poter scegliere cosa vendere. Dalla collezione Morozov, per esempio, Stephen Clark acquistò “Il caffè di notte” di Vincent Van Gogh attraverso la galleria Nodeler & Co, e in seguito lo donò alla Yale University Art Gallery.
Regno Unito
Le uova di Pasqua Fabergé “Uovo Mosaico” e “Uovo cesto di fiori” sono state vendute ai Windsor negli anni Trenta e da allora, così come i gioielli reali, sono nella collezione della regina Elisabetta II di Gran Bretagna.
Una forcina per capelli, o aigrette, a forma di rametto con fiori risalente agli anni Sessanta-Settanta del Settecento, e definita dalle autorità sovietiche “una delle opere più belle del XVIII secolo”, fu venduta all’asta da Christie’s il 16 marzo 1927. Sia l’aigrette che due spille di smeraldo del XVIII secolo sono ora nella collezione di S.J. Phillips a Londra.
Presso la British Library viene invece conservato il “Codex Sinaiticus” del IV secolo. Era stato donato dal Monastero greco di Santa Caterina all’imperatore Alessandro II nel 1859.
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Francia
Un gran numero di dipinti della collezione dell’Ermitage è finito al Louvre. Sono stati consegnati al museo di Parigi dai collezionisti francesi della Società degli amici del Louvre, che hanno acquistato le ricchezze russe dai bolscevichi. Così, per esempio, è finito lì il “Paesaggio con castello” di Rembrandt, acquistato da Georges Wildenstein.
La Società degli Amici del Louvre ha acquistato per il museo anche un pauldron con una scena de “La Resurrezione di Cristo”. Fu realizzato in Lorena intorno al 1170-1180 e prima della Rivoluzione si trovava nella sagrestia della cattedrale dell’Assunta a Vladimir.
Germania
I bolscevichi iniziarono una lotta attiva contro la religione, quindi confiscarono tutte le preziose suppellettili in metallo prezioso dalle chiese, fusero le campane e vendettero numerose icone. L’icona della Madre di Dio con il Bambino del XV secolo (a sinistra) alla fine degli anni Venti arrivò a Bruxelles nella collezione dei coniugi O’Meara, quindi fu acquistata dall’emigrante russo Aleksandr Popov e trasferita a Parigi. Nel 1966, arrivò al Museo delle icone della città tedesca di Recklinghausen, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, insieme all’icona del 1500 “San Costantino e sua madre Elena, Sant’Agata”.
Svezia
Nella collezione del Museo Nazionale di Stoccolma ci sono icone raffiguranti l’Apostolo Pietro e un Grande Martire ignoto della fine del XIII - inizi del XIV secolo. Negli anni Trenta furono acquistate da un diplomatico svedese a Mosca, Vilhelm Assarsson.
Molte icone sono state donate al Museo Nazionale di Stoccolma dal banchiere Olof Aschberg. Sin dall’inizio simpatizzò per i bolscevichi e li aiutò a creare la Banca commerciale russa. Con l’approvazione e la mediazione del governo sovietico, alla fine degli anni Venti, portò fuori dal Paese circa 250 icone (!). Tra loro c’erano la “Madre di Dio” e “Giovanni Battista” del XVII secolo.
Norvegia
L’icona “Presentazione al Tempio della Santissima Madre di Dio” del XVI secolo fu acquistata dal consigliere commerciale norvegese R. Zeiner-Henriksen. Dalla sua collezione, nel 1957 fu trasferita al Museo Nazionale di Arte, Architettura e Design di Oslo.
Olanda
Molti dipinti di maestri olandesi della collezione dell’Hermitage sono “tornati” in patria, acquistati dal Rijksmuseum di Amsterdam. Tra questi ci sono diverse opere di Rembrandt, compresi i dipinti del 1660: “Rinnegamento di Pietro” (nella foto) e “Ritratto di Tito con le vesti di un monaco francescano”.
Svizzera
Nel 1928-1931, una Bibbia di Gutenberg unica dei primi anni Cinquanta del Quattrocento fu venduta dalla Biblioteca pubblica di Stato (ora Biblioteca di Stato russa). Adesso è conservata presso la Fondazione Martin Bodmer a Cologny, in Svizzera (Canton Ginevra).
Portogallo
Una vasta collezione di tesori zaristi è conservata nel Museo Calouste Gulbenkian di Lisbona. Nel 1929-30, un industriale petrolifero di origine armena acquistò un gran numero di tele dell’Hermitage, tra cui “Ritratto di Helena Fourman, seconda moglie dell’artista” di Rubens, “Pallade Atena” e “Ritratto di vecchio” di Rembrandt, “L’Annunciazione” di Dieric Bouts, “Taglio di alberi a Versailles (tappeto verde)” Hubert Robert (nella foto) e molti altri.
La collezione comprende anche una scultura in marmo di due metri, la “Diana” di Jean Antoine Houdon.
Dopo diverse trattative con il governo sovietico, Gulbenkian acquistò anche una collezione di servizi da tavola di epoca Luigi XVI, che artigiani francesi avevano realizzato per la corte russa.
Australia
Nel 1933, il capolavoro di Giovanni Battista Tiepolo “Il banchetto di Cleopatra” (1743-1744) salpò per mare alla volta di Melbourne. Il dipinto, acquistato da Caterina II per l’Ermitage, fu acquisito dal fondo del mecenate australiano Alfred Felton per la National Gallery of Victoria, dove è tuttora conservato.
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