Vasilij Vereshchagin, l’artista che ha dipinto il vero volto della guerra

Legion Media; Dominio pubblico
Con i suoi quadri ha raccontato non solo le vittorie, ma soprattutto le sconfitte e gli orrori dei conflitti. Il più famoso di tutti è “L'apoteosi della guerra”, che raffigura una sinistra piramide di teschi

“Non si può dare al pubblico un'immagine genuina della guerra guardando il campo di battaglia con il binocolo da una distanza di sicurezza; bisogna sentirla, farla, partecipare agli attacchi, agli assalti, alle vittorie, alle sconfitte, alla fame, al freddo, alle malattie, alle ferite... Non bisogna aver paura di sacrificare il proprio sangue, la propria carne, altrimenti il quadro non sarà giusto”. Era questa la filosofia dell'artista di guerra russo Vasilij Vereshchagin. Una filosofia che egli non ha mai tradito. 

Vereshchagin al cavalletto, 1902

Vereshchagin avrebbe potuto tranquillamente dipingere paesaggi marini; ma la vita lo portò a diventare un artista di guerra. Nel 1860, su insistenza dei suoi genitori, si diplomò al Corpo dei Cadetti della Marina. Ma la sua anima non era così dedita al mare: e così, dopo aver studiato nelle migliori accademie d'arte di San Pietroburgo e Parigi, e con il grado di ufficiale di guardia, partì per l'Asia centrale (allora nota come Turkestan) per servire come artista per il governatore locale. 

Vincitori, 1878-1879

L'adesione del Turkestan all'Impero russo, nella seconda metà del XIX secolo, non si rivelò un processo del tutto pacifico. Nel 1868 Vereshchagin fu costretto a partecipare alla difesa di Samarcanda, che vide fronteggiarsi più di 60.000 truppe nemiche e appena 600 soldati della guarnigione russa. Per il suo coraggio, Vereshchagin fu insignito dell'Ordine di San Giorgio.

Alle mura della fortezza. “Lasciateli entrare”

Ispirato dai suoi viaggi in Asia centrale, Vereshchagin realizzò una serie di dipinti dedicati al Turkestan che ritraggono chiaramente le tradizioni e i modi di vita di una cultura lontana da quella russa ed europea. Ma mentre i ritratti dei suoi personaggi esotici venivano accolti con entusiasmo dal pubblico, i suoi dipinti di guerra suscitarono non poche polemiche.

Mangiatori di oppio

Inizialmente, Vereshchagin immaginava la guerra come “una sorta di parata, con musica, striscioni svolazzanti, cannoni rombanti e destrieri al galoppo”. Ma, di fronte agli orrori della realtà, si rese subito conto che la guerra era sinonimo di morte, sofferenza, paura, angoscia fisica e mentale, crudeltà e barbarie. Ed è esattamente quello che egli mostra nei suoi dipinti: soldati morenti, montagne di cadaveri, teste mozzate, volti afflitti.

Dopo la buona fortuna (Vincitori)

Molti spettatori, abituati a opere che glorificano la potenza dell'invincibile esercito russo, reagirono con ostilità, accusando l'artista di sentimenti anti-patriottici. “La sua perpetua tendenziosità offende l'orgoglio nazionale e ci porta a concludere che Vereshchagin è una bestia o un pazzo”, commentò durante una mostra l’erede al trono, il futuro Alessandro III. 

Ferito mortalmente

Una delle opere più suggestive dell'artista, che caratterizza il suo atteggiamento nei confronti del conflitto militare, è “L'apoteosi della guerra”, che raffigura una piramide di teschi. Originariamente concepito da Vereshchagin come “Il trionfo di Tamerlano”, l’artista decise poi di non collegarlo a un'epoca specifica, dedicandolo questa tela a “tutti i grandi conquistatori - passato, presente e futuro”.

L'apoteosi della guerra

“Nelle mie osservazioni sulla vita durante un viaggio attorno il mondo, mi ha colpito particolarmente il fatto che le persone ancora oggi si uccidono l'un l'altra con ogni sorta di pretesti e in ogni sorta di modi... succede anche nei Paesi cristiani in nome di colui che ha predicato la pace e l'amore”, disse Vereshchagin.

Soppressione della rivolta indiana da parte degli inglesi

Dopo la guerra russo-turca del 1877-1878, durante la quale Vereshchagin fu gravemente ferito e perse il fratello minore, realizzò la sua serie di dipinti balcanici. Proprio come le altre opere militari, anche questa trasmette in modo autentico e realistico l'orrore della carneficina.

Skobelev a Shipka (Battaglia del Passo di Shipka)

“Davanti a me, come artista, c'è la guerra. La colpisco con tutta la forza che mi resta. Se i miei colpi abbiano un qualche impatto è un'altra questione, è una questione di talento. Ma colpisco con forza e senza pietà”, scrisse Vereshchagin al filantropo Pavel Tretyakov.

Sconfitto. Requiem

Una serie a parte è stata dedicata alla Guerra Patriottica del 1812. Nella maggior parte di questi dipinti il protagonista è Napoleone: ma non l'imperatore maestoso e invincibile come veniva solitamente rappresentato, bensì un uomo disorientato e scoraggiato, stupito dalla resistenza inaspettatamente forte dei russi. Lo zar Alessandro I e i suoi comandanti, invece, non vengono ritratti: l’artista preferisce le figure di soldati russi e di semplici contadini che ascoltano la chiamata a difendere la loro terra contro i francesi.

Napoleone e il maresciallo Lauriston (“Pace a tutti i costi!”)

Ci sono stati periodi in cui Vereshchagin ha rivelato una certa stanchezza nel ritrarre temi a sfondo militare: “Prendo troppo a cuore ciò che dipingo; piango letteralmente di dolore per ogni persona uccisa o ferita”, scrisse nel 1882 al critico Vladimir Stasov. Spesso, lui e sua moglie facevano lunghi viaggi in tutto il mondo, tra India, Giappone e Medio Oriente, che sfociavano in varie serie di dipinti dedicati alla vita pacifica, alla cultura e alla natura di quei luoghi.

Testa di un uomo indiano

La guerra russo-giapponese del 1904-1905 fu l'ultimo campo di battaglia battuto da Vasilij Vasilyevich. Ma il destino non gli concesse l'opportunità di ritrarre un solo episodio del conflitto: all'inizio delle ostilità, il 13 aprile 1904, morì insieme agli uomini della corazzata Petropavlovsk, fatti saltare in aria da una mina al largo delle coste cinesi.

Spia 1901



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