“L’arte appartiene al popolo”. Queste parole, pronunciate da Lenin nel 1920 in una conversazione con la comunista tedesca Klara Zetkin, furono poi trasformate in slogan. La citazione fu replicata fino a diventare quasi onnipresente, e poteva essere letta sui muri di tutte le case della cultura di campagna. Nell’originale, la frase era più articolata e continuava: “[L’arte] deve avere le sue radici più profonde nel folto delle masse lavoratrici, deve essere compresa da queste masse e da loro amata. Dovrebbe esprimere i sentimenti, i pensieri e la volontà di queste masse, allevarli. Dovrebbe risvegliare gli artisti in loro e svilupparli. Dobbiamo forse portare biscottini dolci e raffinati a una piccola minoranza, quando gli operai e i contadini hanno bisogno del pane nero? Intendo, ovviamente, questo non solo in senso letterale, ma anche figurato: dobbiamo avere sempre davanti agli occhi gli operai e i contadini”.
Tutto per il popolo
Così il leader del proletariato mondiale stabilì il corso che l’arte sovietica avrebbe seguito per i successivi settant’anni. La caratteristica principale di quest’arte era la comprensibilità da parte di tutti, non solo della élite colta, dei raffinati bohémien e dei frequentatori abituali dei musei, ma letteralmente di qualsiasi contadino che veniva dal villaggio e si aggirava per la prima volta davanti alle tele. Non sorprende che il realismo sia stato proclamato come il principale stile artistico: le metafore e la stratificazione semantica erano superflue con questo approccio (e durante il periodo delle repressioni potevano costare caro agli autori).
La pittura e la scultura avevano nuovi eroi in cui lo spettatore doveva riconoscersi: costruttori edili, operai siderurgici, studenti, atleti, soldati. E nei dipinti dei migliori maestri di quel tempo, come Aleksandr Samokhvalov (1894-1971) o Aleksandr Dejneka (1899-1969), quelle figure non solo svolgevano un ruolo di specchio, ma erano anche dotate di una forza generalizzante.
Quadri in ogni casa
Dallo slogan sull’arte che apparteneva al popolo derivò un altro postulato: l’arte doveva diventare accessibile alle persone, indipendentemente dal livello di ricchezza. I quadri venivano riprodotti ovunque: album d’arte erano pubblicati a flusso continuo, così come manuali di storia dell’arte, cartoline, calendari, e non mancavano le illustrazioni sulle riviste popolari. In tutta l’Unione Sovietica, la gente aveva semplici collezioni alle pareti, anche solo vecchi fogli di calendario ritagliati e appesi. Conservate nella memoria, queste immagini evocano la nostalgia in certe generazioni, non tanto per la pittura sovietica stessa, quanto per l’infanzia scomparsa.
Avanti, verso un futuro radioso!
Un’altra idea stabilita da Lenin era l’uso dell’arte come mezzo di propaganda dell’ideologia comunista. Costruire il comunismo era cosa lunga e difficile, il benessere personale veniva costantemente sacrificato per un futuro luminoso, ma l’arte era un esempio di come affrontare le difficoltà.
Tutta la pittura sovietica è estremamente ottimista, i suoi protagonisti sembrano essere superuomini. Non c’è posto per la fatica, la depressione, i dubbi: solo il sole splendente, la gioia del lavoro e dello sport, l’orgoglio dei risultati raggiunti.
Nei dipinti dell’artista Tatjana Jablonskaja (1917-2005), la figlia che fa esercizi (del dipinto “Mattina”) è felice come i contadini collettivi che mietono (nel quadro “Il Pane”) o la coppia che flirta in un cantiere vicino a una carriola carica di mattoni (“Al cantiere”).
E nel dipinto di Aleksandr Dejneka “La brigata a riposo”, un gruppo di ragazzi muscolosi si toglie le tute da lavoro e si lancia felicemente in acqua, e solo le gru che si ergono sullo sfondo e il titolo della tela lasciano intendere che questi superuomini hanno lavorato duramente in un cantiere edile.
Gli eredi dei modernisti
Nonostante il desiderio dei leader sovietici di costruire un mondo completamente nuovo, l’arte non poteva fare a meno delle tradizioni, e la maggior parte degli artisti sovietici della prima generazione passò attraverso un’eccellente scuola pre-rivoluzionaria e insegnò quegli stessi principi agli allievi. Inoltre, le principali istituzioni accademiche sovietiche derivavano da vecchie istituzioni. Il famoso VKHUTEMAS, fondato nel 1918, era l’erede diretto della Scuola di pittura, scultura e architettura di Mosca, e, dopo la sua chiusura nel 1930, al suo posto aprirono l’Istituto di Architettura di Mosca, l’Istituto di Arte statale di Mosca “Surikov” e l’Istituto poligrafico di Mosca. E tutti e tre hanno prodotto molti grandi nomi dell’arte durante il periodo sovietico e post-sovietico.
Le caratteristiche del modernismo e dell’impressionismo sono visibili nella pittura di molti maestri sovietici. Aleksandr Gerasimov (1881-1963), uno dei più apprezzati dalle autorità sovietiche, autore del controverso dipinto “I.V. Stalin e K. Ye. Voroshilov nel Cremlino”, popolarmente soprannominato “I due leader dopo la pioggia” (in russo fa la rima: “dva vozhdjà posle dozhdjà”; il quadro più riprodotto ai tempi dello stalinismo), prima della Rivoluzione aveva studiato con Konstantin Korovin e Valentin Serov. Se togliamo i personaggi principali dal quadro, la loro scuola è visibile nel modo in cui sono dipinti i riflessi sulla strada bagnata, le nuvole leggere e la gamma rosata della vista di Mosca sullo sfondo.
Vera Mukhina (1889-1953), autrice del più famoso monumento sovietico, “L’operaio e la kolchoziana”, prima della Rivoluzione aveva studiato a Parigi con lo scultore Émile-Antoine Bourdelle, ed era riuscita a viaggiare in Italia, studiando i monumenti del Rinascimento, e per questo usava le proporzioni classiche della scuola di arte plastica.
Le tecniche rivoluzionarie delle avanguardie furono abbandonate dall’arte sovietica già negli anni Trenta, ma le scoperte più ampie del modernismo russo ed europeo, le sue tecniche compositive libere, gli esperimenti con il colore, sono rimaste nell’arsenale dei maestri sovietici più talentuosi fino agli anni Settanta. Tra loro ci sono Aleksander Dejneka e Aleksandr Samokhvalov, così come Georgij Nisskij (1903-1987).
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