Il cinema dopo il coronavirus riparte da Venezia. La 77° Mostra del Cinema (2-12 settembre 2020) sarà infatti la prima kermesse internazionale a svolgersi in forma “tradizionale”, dal vivo e offline, dall’inizio della pandemia. Riflettori puntati sulla Russia, che quest’anno parteciperà con tre film, di cui uno in concorso, e due inseriti nel programma parallelo delle Giornate degli Autori.
Già vincitore di un Leone d’Argento con “Dom Durakov - La casa dei matti” e poi di un Leone d’Argento per la Miglior Regia nel 2014 con “Le notti bianche del postino” e nel 2016 con “Paradise”, Konchalovskij torna al Lido con un nuovo lungometraggio.
Questa volta il regista russo porta sul grande schermo una storia vera, accaduta nel 1962 a Novocherkassk, una città dell’oblast di Rostov. Durante una manifestazione operaia, le forze dell’ordine aprono il fuoco sui dimostranti, che chiedevano migliori condizioni di lavoro e un aumento del salario. Negli scontri morirono 26 persone, altre 87 rimasero ferite. Successivamente, 7 persone, considerate i promotori della protesta, furono giustiziate, e altre 100 finirono in carcere. L’episodio accadde durante il disgelo di Khrusciov.
“La mia generazione credeva sinceramente nella destalinizzazione, era felice che Khrusciov avesse sconfessato il culto della personalità di Stalin, definendolo un tiranno. Pensavamo che stesse arrivando un nuovo periodo”, dice Konchalovskij.
La protagonista del film è Lyudmila, una giovane comunista (interpretata da Yulia Vysotskaya, moglie di Konchalovskij), a capo del settore industriale locale. Lyudmila è una lavoratrice come tante, ma il suo destino cambierà radicalmente dopo la protesta. Così come ha fatto sapere il regista, il film vuole raccontare il peso che simili vicende ebbero sulla gente comune, sulla “generazione dei miei genitori”, e ha l’obiettivo di ripristinare la verità storica dei fatti.
Dopo la tragedia, alla donna fu imposto il divieto di proferire parola sull’accaduto: più di mille persone firmarono una dichiarazione di non divulgazione, equiparabile al segreto di Stato, e i funzionari del Partito, colpevoli dell'accaduto, non vennero puniti e non pagarono per la morte dei manifestanti.
Il giovane e promettente regista Ivan Tverdovskij presenta a Venezia il suo quarto lungometraggio; i suoi precedenti lavori sono stati premiati in diversi festival russi ed europei, dove sono stati accolti positivamente dalla critica. Il film “Conference” era stato presentato per la prima volta al Festival di Cannes 2019 e ora arriva a Venezia nell’ambito delle Giornate degli Autori.
Il personaggio principale del film è una suora, Natalia, che nel 2002 vive in prima persona l’attacco terroristico al Teatro Dubrovka. Lei riuscirà a sopravvivere, la sua famiglia no. Dopo la strage si chiude in un monastero, dove si ritroverà a lottare contro i sensi di colpa e il trauma psicologico.
Anni dopo, Natalia torna sul luogo dell’attacco per una serata commemorativa in onore delle vittime, per una “conferenza”, come è stato chiesto loro di chiamare ufficialmente l’incontro.
Durante tutto questo tempo Natalia cercherà di riconciliarsi con il suo difficile passato.
Il protagonista del film, girato in Chukotka, è Lyoshka, un ragazzino di 15 anni che lavora come cacciatore di balene, come la maggior parte delle persone del suo villaggio. Un giorno nel suo paesino appare internet e Lyoshka conosce in chat una ragazza americana, di cui si invaghisce; si lancia così in una sfida tanto audace quanto avventurosa: recarsi da lei, in un altro continente, attraversando da solo le acque tumultuose dello Stretto di Bering.
Questa storia lirica di crescita personale è stata girata in collaborazione con il Belgio e la Polonia, durante una spedizione in Chukotka. Per il regista moscovita Filipp Yuryev si tratta del primo lungometraggio, realizzato con lo studio “Rok”, guidato dal celebre regista russo Aleksej Uchitel, producer del film.
Durante le riprese, Yuryev aveva anticipato la presenza di varie scene di carattere documentario, che si integrano nel lavoro finale. I protagonisti sono interpretati non da attori, ma dagli abitanti della Chukotka.
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