Anzhelika ha una strana e rara sindrome: un ipereccitamento sessuale legato al rumore dei tuoni. Durante un temporale, i centri di controllo del suo cervello vanno in tilt, ed è pronta a far sesso con il primo che incontra. Segue amnesia.
Questa commedia erotica trash di Aleksandr Polynnikov (1941-), con elementi di misticismo e di poliziesco, poteva apparire solo nei primissimi anni della Russia post-sovietica. Tutto all’epoca era diventato possibile. In alcuni momenti, “Strasti po Anzhelike” (“Passione alla Angelica”) sconfina sull’orlo della pornografia. Ma come dice uno dei protagonisti della pellicola: “In qualche altro posto potrebbe essere un pornazzo, ma qui è solo un manuale di istruzioni!”.
Questo pazzo film riflette in modo incredibilmente accurato il suo tempo, in termini di scarsissima educazione sessuale, di cultura di massa e di livello di follia.
Questo è particolarmente evidente da come gli autori del film (e il grande pubblico, dell’epoca evidentemente) immaginavano la figura del terapeuta sessuale (spoiler: come un medico da cui si va a fare sesso…).
All’inizio, l’assistente sociale Marina va alla periferia di una città di provincia per incontrare il suo amante, un amico di famiglia, nel suo appartamento in affitto. Poi, dopo l’ennesima notte di passione con il suo amante, viene violentata da un agente della polizia distrettuale, e lei inizia ad andare sempre in quella periferia, ma da lui.
Il film di Angelina Nikonova (1976-) ha una trama di sessualità patologica che esplora il tema della sindrome di Stoccolma fra le stuprate; una sorta di ossessione della vittima per il suo stupratore, con atmosfere (piuttosto opprimenti) in parte vicine a quelle di “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci. Ma è comunque un buon film sociale, che gioca un po’ nel campo di “Elena” (2011) di Andrej Zvjagintsev, che vinse il premio speciale della giuria a Cannes.
Una ragazza del mondo del business moscovita stabilisce una relazione clandestina con un costruttore edile della provincia, che si trasforma in cinque anni di depravazione, degrado morale e fa di loro una coppia di cadaveri.
I produttori hanno definito questo film di Egor Baranov (1988-) un thriller erotico, ma non aspettatevi qualcosa alla “Basic Instinct”. Il sesso, qui, è presente come una metafora della contaminazione dell’anima e dei costumi nelle grandi città e non ce n’è poi così tanto, sebbene il film fosse più erotico e artistico di quanto non fosse d’abitudine nel cinema russo del 2014. In una parola, la pellicola è il tentativo di creare un thriller-dramma erotico non come un film trash per amanti di un genere di serie B, ma come opera seria e completa. C’è chi pensa che il tentativo non sia male.
Il debutto cinematografico dello scandaloso regista teatrale Konstantin Bogomolov (1975-) ha fatto furore e scandalo con il suo ritratto delle “mantenute” come fenomeno consolidato nella Mosca che conta, e per le scene di sesso portate sullo schermo. La storia archetipica della conquista della grande città da parte di una provinciale è uscita come serie tv (in due stagioni; la regista della seconda stagione è Darja Zhuk, 1980-). Entro la fine della seconda puntata, la provinciale ha trovato il suo “posto al sole”. Quindi iniziano le vicissitudini della vita quotidiana di una donna mantenuta in un ambiente criminale.
Il numero di scene di nudo femminile e maschile nella serie di Bogomolov è paragonabile al numero di omicidi nel “Trono di spade. Il cast è interamente fatto di star di primo piano del cinema russo: Aleksandra Kuznetsova, Dasha Ernst, Alexandra Rebjonok. Per gli amanti delle scene erotiche audaci e sensuali sarà un cult.
Questo film è il più recente tentativo serio e riuscito del cinema russo contemporaneo di aprirsi la strada nel genere del dramma erotico. “Vernost” (“Fedeltà”) di Nigina Saifullaeva (1985-) ha recentemente fatto il suo debutto al Kinotavr, il principale festival cinematografico indipendente in Russia, e ha ricevuto molte recensioni elogiative. Il critico Aleksej Filippov ha scritto della comparsa di una nicchia unica per il cinema russo, “dove sanno come fare sesso, parlare come nella vita reale e sanno vivere al di fuori delle regole della morale”.
Questa storia di una coppia sposata di Kaliningrad, la città russa nell’exclave circondata dall’Unione europea, non riguarda l’emancipazione sessuale, ma ha al centro conversazioni delicate, da cuore a cuore, all’interno di una famiglia in crisi. Il sesso qui ha il ruolo di parte integrante della vita spirituale, e non fisica, e questo è molto impressionante.
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