Fino al 17 febbraio, in tre delle principali istituzioni culturali francesi – il Théâtre du Châtelet, il Théâtre de la Ville e il Centro Pompidou – ha luogo la mostra DAU, il più scandaloso e clamoroso evento culturale degli ultimi anni. In seguito, si sposterà a Londra.
L’enorme progetto, che ha suscitato entusiasmo e indignazione, è riuscito a dividere in due campi estremamente opposti sia il pubblico che la critica.
Russia Beyond ha cercato di capire se valga la pena di spendere tempo e denaro per immergersi nell’universo del DAU, e quanto il progetto corrisponda alla pomposa definizione data dagli organizzatori di “evento unico e senza precedenti nella storia della cultura contemporanea”.
DAU è il diminutivo del nome del fisico russo, vincitore del Premio Nobel (nel 1962, per “la ricerca pionieristica nella teoria dello stato condensato della materia e in particolare dell’elio liquido”) Lev Landau (1908-1968). Inizialmente il progetto era stato pensato dal regista Ilijà Khrzhanovskij (classe 1975) come una pellicola biografica sulla vita dello scienziato. In seguito, abbandonando l’idea del film, ha pensato di mettere in piedi a Kharkiv (in Ucraina) una ricostruzione scenografica completa dell’enorme complesso di ricerca sovietica – il cosiddetto “Istituto” – dove Landau lavorò dagli anni Trenta agli anni Sessanta.
Inoltre, ha piazzato là per tre anni circa 300 persone, che avevano accettato per contratto di calarsi del tutto in quell’epoca, il che significava dover fare a meno di tutti gli oggetti moderni e persino dei neologismi, e il dover usare le cose del tempo. E naturalmente, come in un Grande Fratello, l’intenzione era quella di riprendere con le telecamere tutto quello che accadeva nelle loro vite, senza alcun copione: il regista indirizzava solo un po’ il canovaccio della trama.
Tutta la saga cinematografica è un’immersione negli abissi della natura umana, uno studio delle relazioni tra le persone e del comportamento dell’uomo in condizioni di terrore. È una ricerca della libertà umana, di Dio e del tentativo di salvare la propria anima.
Secondo il soggetto, gli studiosi dell’Istituto fanno esperimenti per la creazione di un superuomo con superpoteri. Come Dio cercano di dar vita all’uomo, come il Diavolo vogliono portargli via l’anima. Non disdegnano l’idea di un uso di massa di sostanze psicotrope, perché al nuovo Paese sono necessari uomini-robot con un set standard di qualità sterili, tra cui non c’è certo posto per la libertà di pensiero o la libertà di scelta.
Allo stesso tempo, vediamo la vita privata dei dipendenti dell’Istituto di tutti i livelli, dagli scienziati di punta ai custodi, la quale non si adatta per niente ai criteri della nuova persona ideale: bevono molto e non si fanno mancare le sigarette, imprecano, fanno sesso, si tradiscono l’un l’altro, litigano, odiano.
Trovandosi in condizioni di totale mancanza di libertà, vivendo sotto osservazione e controllo in uno spazio ristretto, le persone si concedono l’unica libertà che rimane loro: quella della vita personale. Non potendo disporre della testa, usano il corpo. E nessun divieto, nessuna moralità può fermarli. Ma anche per questa libertà si deve pagare un prezzo alla brutalità del sistema. Al quale il concetto di anima è estraneo: non è in grado di vedere che, in mezzo a quei peccati, le persone si amano, simpatizzano, si pentono, perdonano. E in questo sta la loro salvezza.
Le regole erano queste: nessun attore professionista (a eccezione di Radmila Shchegoleva, nei panni della moglie di Landau, Nora) e totale improvvisazione; ovvero, semplicemente, la vita. Tutti partecipano con il loro vero nome e interpretano la professione che svolgono nella vita: scienziati, ingegneri, agenti delle forze di sicurezza, guardiani, lavoratori della mensa, cuochi… Tutti mangiano, bevono, litigano, si sposano, hanno figli e divorziano effettivamente. E così per tre anni. Costretti in uno spazio chiuso con tutti gli attributi di un sistema totalitario, i nostri contemporanei cominciano a credere e a vivere davvero secondo le regole di quel tempo. Qualcuno non regge e lascia l’Istituto (sulla rotazione nella troupe già ci sono leggende), qualche altro ha fatto tutto il percorso dall’inizio alla fine.
Tutti sanno che le camere li riprendono continuamente e in qualsiasi situazione. E che si registra tutto, dagli esperimenti scientifici alle più esplicite scene di sesso.
Il ruolo dello scienziato lo ha recitato il famoso direttore d’orchestra russo-greco Teodor Currentzis, e tra i vari ospiti che hanno partecipato alle riprese nel ruolo di se stessi ci sono i registi teatrali Romeo Castellucci, italiano, e Dmitrij Chernjakov, l’artista serba Marina Abramović e molti altri.
Con il regista Khrzhanovskij hanno collaborato i celebri direttori della fotografia Jürgens Jürges e Manuel Alberto Claro, che in passato hanno lavorato con Rainer Werner Fassbinder, Michael Haneke e Lars von Trier.
Oltre 700 ore di filmati (sono mostrati a parte in uno spazio apposito, il DAU Digital), 13 lungometraggi e diverse serie separate. Questa è un’enorme saga sull’ieri, che si svolge oggi, in cui tutti i film sono interconnessi per tempo, spazio e protagonisti. Si tratta di una ricostruzione della vita di una piccola isola della società sovietica, una specie di microcosmo, nel contesto del terrore della metà del XX secolo.
I film del progetto Dau non vanno in ordine cronologico, e non hanno un titolo, ma solo dei numeri, e chi lavora lì ha il dovere di non rivelarvi niente. Il film inizia, voi vi ritrovate nel territorio dell’Istituto, e se superate il rifiuto iniziale e non cedete al panico della spiacevolezza, dello smarrimento o della noia, sarete presto completamente ingoiati da quella realtà. E, come una Alice nel Paese delle Meraviglie, entrerete in un Paese sconosciuto, nell’universo DAU, e inizierete a vivere secondo le sue regole totalitarie.
La portata! Il concetto stesso, la sua realizzazione e come il progetto viene presentato oggi. Se fosse possibile fare a meno di tutti gli elementi ausiliari, già di per sé i film DAU sarebbero unici. Qualcosa che non abbiamo mai visto prima. Contengono una straordinaria combinazione di film documentario e di finzione, narrativa artistica e verità della vita, immaginazione e realtà, passato e presente. Tutto qui è intrecciato così abilmente che non si capisce dove finisca il mondo inventato e inizi il corso naturale della vita.
Entrando nello spazio DAU, vi ritroverete in un mondo sconosciuto. Non saprete mai in anticipo cosa vi aspetta. Dipende dalla fortuna: può esserci una performance di Marina Abramović o di Romeo Castellucci, un concerto dei Massive Attack, una conferenza di fisici o una lezione sugli effetti delle sostanze psicotrope sulla liberazione della personalità.
DAU è un’installazione totale e monumentale, in cui bisogna immergersi profondamente e a lungo, con il cuore aperto e la mente sgombra. Solo fidandosi di tutto ciò che accade, non prestando attenzione alle lacune organizzative, non criticando e indignandosi, sentirete la stranezza e la follia di tutto ciò che accade e diventerete parte di questa allucinazione infernale, che da un lato cerca di scioccare, e dall’altro fa pensare alle questioni più importanti.
I tredici film sono proiettati in vari spazi del Théâtre du Châtelet e del Théâtre de la Ville. Ma per la completa immedesimazione degli spettatori nell’atmosfera dell’epoca sovietica, entrambi i teatri parigini sono stati trasformati in palazzi con appartamenti in comune, pieni di oggetti della vita quotidiana sovietica. Persino le toilette portano lo spettatore a fare l’esperienza che potrebbe fare in uno sperduto villaggio russo, e nei bar si può mangiare e bere solo quello che era disponibile a quell’epoca nell’Urss.
L’attuale sistemazione degli edifici dei due teatri migliora la sensazione di spostarsi in un’altra realtà: l’effetto macchina del tempo funziona alla perfezione. Oltre a viaggiare per le sale, dove le figure di cera dei personaggi dei film sono così reali che a volte finisci per salutarle, si può partecipare a conferenze dai temi insoliti o incontrarsi e discutere dei problemi con uno sciamano siberiano che condurrà un rituale per purificare la vostra aura. Oppure si può parlare con ecclesiastici di diverse religioni, con uno psicologo o con un assistente sociale in uno spazio separato. Successivamente, si può visualizzare la propria intervista e condividerla con tutti o cancellarla. Se decidete di condividerla, tutte le interviste che altri spettatori hanno autorizzato a pubblicare saranno disponibili per voi.
Nel centro Pompidou è stato costruito uno spazio intero di un appartamento comune sovietico sotto vetro, dove è possibile osservare la vita di alcuni personaggi in carne e ossa.
Come sarà presentato il progetto a Londra, per ora è tenuto segreto.
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