La capitale del nord viene descritta dal poeta dei poeti in un modo diventato ormai iconico e idiomatico: è proprio grazie a Pushkin, infatti, che il monumento a Pietro il Grande di fronte alla Neva è stato ribattezzato “Il cavaliere di bronzo”, come il titolo di questo libro.
Il poema si apre con Pietro in piedi sul luogo dove sorgerà la futura capitale. Il suo sogno è quello di costruire una nuova città, aprendo così una “finestra” sull’Europa.
Il sogno diventa realtà: da lì a poco la città è in piena espansione, brulica di nuovi palazzi imperiali. Ma lo zar russo, troppo impegnato nel gestire la propria strategia geopolitica, non dà peso al fatto che la città viene costruita su terreni paludosi. Le inondazioni si rivelano frequenti, la più devastante delle quali metterà in ginocchio la città nel 1824.
Il disastro viene chiaramente descritto nel poema di Pushkin: il protagonista riesce a sopravvivere, ma nella tragedia perde la propria amata e si infervora con il fondatore della città.
Oggi le inondazioni non rappresentano più una seria minaccia per San Pietroburgo: di recente è stata installata una barriera di protezione nel Golfo di Finlandia. Tuttavia gli abitanti continuano a lamentarsi del clima, dei forti venti e dei rigidi inverni che caratterizzano la capitale del nord.
“Racconti di Pietroburgo” è una raccolta di cinque racconti che descrivono i contrasti e le difficoltà della vita in città. Nel 1828 il giovane Gogol si trasferisce a San Pietroburgo da un villaggio della provincia ucraina.
Arriva pieno di speranze, ma ben presto si ritrova ad affrontare pesanti delusioni. Proprio come molti protagonisti dei suoi racconti, anche Gogol ciondola nell’infelicità, svolge un lavoro noioso, non ha nemmeno i soldi per comprarsi un cappotto invernale.
“Il cappotto” e “Le memorie di un pazzo” seguono le storie di poveri impiegati, impotenti di fronte alle ingiustizie sociali che, secondo lo scrittore, caratterizzavano la San Pietroburgo dell’epoca.
Nel racconto “La Prospettiva Nevskij” Gogol descrive l’arteria più importante della città come “la bellezza principale della capitale”, che “mente sempre”. Di notte il diavolo “accende i lampioni con un unico scopo: mostrare tutto sotto una falsa luce”.
Le descrizioni grottesche, paradossali, quasi mistiche, sono tipiche delle opere di Gogol. Nel racconto “Il naso”, questa parte del volto di un uomo si separa dal resto del corpo e inizia a girare liberamente per la città, scorrazzando in carrozza con addosso un’uniforme da generale.
Ne “Il ritratto” il povero artista acquista un dipinto raffigurante un anziano signore. Di notte il ritratto prende vita e abbandona la cornice...
È la città la vera protagonista di molti libri di Dostoevskij. E svolge un ruolo decisivo anche nella vita dei personaggi. “È una città di pazzi. Sono ben pochi i posti dove si trovano influenze così cupe, dure e strane sull’anima di un uomo come a San Pietroburgo”, diceva l’autore.
Un giovane studente, Raskolnikov, avido lettore di filosofia afflitto dalla povertà, arriva a compiere un duplice omicidio (uccide premeditatamente una vecchia usuraia e la sorella di lei, apparsa all’improvviso sul luogo del delitto). Il vero castigo di Raskolnikov non è il campo di lavoro a cui è condannato, ma il tormento e i dolori che sopporta attraverso tutto il romanzo.
L’assedio di Leningrado, che durante la Seconda guerra mondiale mise in ginocchio la città per 900 durissimi giorni, fu uno dei capitoli più drammatici della storia russa. Gli autori di questo libro hanno dato voce ai sopravvissuti, indagando nei diari e scavando nelle loro memorie.
Quando nel 1977 vennero pubblicati i primi estratti su una rivista sovietica, il libro suscitò non poco scandalo poiché lo stile e la narrazione risultarono ben diversi dalla versione ufficiale fornita di quei tragici fatti storici.
Il libro, cupo e deprimente, racconta le commoventi storie di una giovane madre con due figli piccoli, di un adolescente e di un anziano professore che riuscirono a sopravvivere al drammatico assedio.
Aprire la “valigia” di uno scrittore sovietico-americano per scoprire com’era la vita ai tempi di Leningrado. Con ironia e malinconia, Dovlatov ripercorre la sua esistenza com’era prima di salire a bordo di un aereo che lo avrebbe portato dall’altra parte dell’Oceano, senza mai più fare ritorno.
In questo libro gli oggetti personali dello scrittore raccontano il rapporto con la moglie e i ricordi surreali di un tempo che non esiste più.
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