“Una sfinge, rimasta un enigma fino alla tomba”. Così Petr Vjazemskij, poeta russo del XIX secolo, descrisse Alessandro I (1777-1825). Vjazemskij coglieva nel segno con queste parole: l’imperatore che nel 1801 ereditò il trono da Paolo I (suo padre; che fu ucciso in una congiura di palazzo), aveva molto da nascondere, e le sue opinioni continuarono a cambiare moltissimo per tutto il corso della sua vita.
Alessandro iniziò come liberale pieno di desiderio di attuare riforme, istituire un Parlamento, dare al Paese una costituzione e persino abolire la servitù della gleba. Alla fine, però, si astenne dal fare cambiamenti di rilievo, pur di mantenere il potere, e le sue riforme rimasero lettera morta o gravemente incompiute.
Questo non significa che il suo regno non sia stato glorioso. Dopotutto, è stato proprio sotto di lui che la Russia sconfisse l’esercito di Napoleone, schiacciò l’impero francese e arrivò a occupare Parigi. Ma negli ultimi anni della sua vita, Alessandro era apatico e trascorse i suoi ultimi giorni ritirato in preghiera, lasciando ai suoi ministri la guida della Russia. Forse è per questo che la sua morte improvvisa dette la stura a tanti dubbi nella società russa.
Morte misteriosa
Secondo la versione ufficiale, Alessandro I morì di febbre tifoide nel novembre del 1825 nella città di Taganrog, oltre 1.100 chilometri a sud di Mosca, sul Mar d’Azov. Ma come dice lo storico Andrej Nikolaevich Sakharov in un’intervista, l’imperatore aveva solo 47 anni e era in buone condizioni di salute al momento della sua morte. Tuttavia, non è questa l’unica cosa strana della sua scomparsa.
Il corpo di Alessandro era in una bara chiusa, e quasi nessuno vide la sua faccia. I pochi che lo fecero, dissero che il defunto non assomigliava all’imperatore. D’altro canto, ci potrebbe essere una spiegazione semplice per questo fatto: ci vollero quasi due mesi per trasportare il corpo di Alessandro da Taganrog a San Pietroburgo, quindi potrebbe essere stato solo l’effetto della decomposizione.
Ma perché un imperatore onnipotente avrebbe dovuto lasciare il suo trono? Sakharov ritiene che Alessandro abbia sofferto di fortissimi sensi di colpa. Ci sono prove schiaccianti che abbia preso parte alla cospirazione contro suo padre, che lo portò sul trono. Questo crimine sarebbe diventato con il tempo sempre più insopportabile, specialmente quando, negli anni Quaranta, diventò molto religioso.
Un vecchio misterioso
Più di dieci anni dopo la morte di Alessandro, nel 1836, uno strano uomo apparve vicino a Perm, circa 1.400 chilometri a est di Mosca. Questo sessantenne alto e barbuto, con tracce di frustate sulla schiena, venne arrestato dalla polizia locale dopo che si era rifiutato di dire la sua identità e le sue origini. Così, fu mandato in Siberia. Ne sembrava felice, e si stabilì vicino a Tomsk (3.600 chilometri a est di Mosca). L’unica cosa che disse alle autorità fu il suo nome: Fedor Kuzmich.
Kuzmich visse a lungo, morendo nel gennaio 1864. Da profondo cristiano, sempre pronto ad aiutare i suoi vicini siberiani, Kuzmich conquistò la loro ammirazione con la sua saggezza e la sua gentilezza. E così, lo trattavano come uno starets (letteralmente “anziano”, ma nell’accezione di “padre spirituale”, quasi un santo).
È difficile distinguere tra verità e leggenda quando si studiano le testimonianze su Fedor Kuzmich. Non parlava mai del suo passato, ma si dice che parlasse fluentemente il francese, e che lo avesse dimostrato chiacchierando con alcuni ufficiali della guarnigione locale. Avrebbe anche raccontato storie sulla vita a San Pietroburgo e sulla guerra patriottica del 1812 e parlato dei comandanti russi come se li conoscesse personalmente. Ci sono anche numerose testimonianze di soldati che avevano già servito nella capitale e ritenevano che Fedor Kuzmich e l’imperatore defunto fossero due gocce d’acqua.La verità è là fuori
Anche 150 anni dopo la morte di Kuzmich nessuno ha dimostrato o confutato la teoria che fosse Alessandro I. Nel suo libro del 2002 “Imperial Legend: The Mysterious Disapperance of Tsar Alexander”, lo storico Alexis Troubetzkoy (1934-2017), ricorda che ancora a metà del XX secolo i rinomati aristocratici russi che vivevano a Parigi erano assolutamente convinti che Alessandro non fosse morto nel 1825 e avesse vissuto il resto della vita in Siberia con il nome di Fedor Kuzmich.
Se ci furono molti testimoni che affermarono che i due uomini erano, nei fatti, uno solo, ci sono anche importanti incongruenze. Per esempio, Fedor Kuzmich era noto per l’uso di parole dialettali ucraine e russe meridionali, che Aleksandr, nato e cresciuto a San Pietroburgo, è improbabile che conoscesse.
Ad oggi non è stato fatto nessun test genetico che potrebbe chiarire una volta per tutte la questione. Come ha affermato l’antropologo Mikhail Gerasimov, il governo nega il permesso di aprire la tomba di Alessandro per fare un test del Dna e confrontarlo con altri Romanov. Per quanto riguarda la perizia forense della grafia, i risultati sono poco chiari e gli specialisti non sono d’accordo.
Per ora, la verità che circonda la morte di Alessandro e la possibilità che sia fuggito dal suo senso di colpa è ancora là fuori, nella selvaggia Siberia.
L’articolo fa parte della serie “Russia X-Files” in cui Rbth indaga su fatti ed eventi misteriosi accaduti in Russia
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