L’addio dei russi alla voce dei Linkin Park Chester Bennington

Chester Bennington a Mosca

Chester Bennington a Mosca

: Valerij Melnikov/RIA Novosti
Difficile immaginare una serata tra giovani in Russia senza un po’ di canzoni del gruppo americano, popolarissimo tra chi ha tra i 20 e i 40 anni, e qualcuno che le canta a squarciagola

“I tried so hard, and got so far. But in the end, it doesn’t even matter”, cantava Chester Bennington, voce dei Linkin Park, morto suicida il 20 luglio 2017,  in una delle sue canzoni più conosciute, “The end”: “Ho provato così tanto, e sono arrivato così lontano. Ma alla fine, non importa neanche”.

E aveva ragione. Quando si avvicina la fine, molto che sembrava avere una straordinaria importanza, si rivela irrilevante.  

L’ultimo album dei Linkin Park, “One More Light”, il settimo in studio, era stato accolto molto negativamente dal pubblico e dalla critica, alla sua uscita nel maggio scorso. Da questo gruppo cult del nu metal, chi è cresciuto col grunge, il fragore delle chitarre elettriche e gli acuti, si aspettava ben altro che quelle sonorità pop.

Fonte: Anton Novoderezhkin/TASSFonte: Anton Novoderezhkin/TASS

Ma adesso i fan sono pronti ad ascoltare il nuovo album in loop e a parlare solo di quello che è davvero importante: com’era e come resterà insostituibile il frontman del gruppo, Chester Bennington, che si è tolto la vita nella sua casa di Los Angeles. Un mese fa, allo stesso modo, era morto il suo grande amico Chris Cornell, chitarrista dei Soundgarden, che avrebbe avuto il compleanno proprio nel giorno in cui si è ucciso Bennington.

I Linkin Park sono stati sei volte in tournée in Russia, tenendo nove concerti, tra Mosca e San Pietroburgo. Fin dall’inizio della sua carriera, il gruppo (fondato nel 1996) è stato molto popolare tra i teenager russi, e nessun party è immaginabile senza la loro musica e qualcuno che grida a squarciagola le parole delle loro canzoni.

«Quanti ricordi si legano alla sua voce!», è quello che dicono più spesso in queste ore in Russia. Le canzoni da lui interpretate le conoscono praticamente tutti, nella generazione tra i 20 e i 40 anni. Ascoltandole è cresciuta, tra delusioni e innamoramenti, un’intera generazione.

“È morto Chester Bennington. Si potrebbe parlare a lungo di quanto questo sia triste, e piangerlo pubblicamente, ma per me il commento più appropriato è questa frase di mia moglie Karina: ‘Così se ne va la nostra giovinezza’”.

“Nel 2003 avevo 14 anni, e fin dalla prima nota mi innamorai dell’appena uscito “Meteora” (un album del Linkin Park, ndr) e cominciai a ritagliare foto del gruppo e ad appiccicarle sul diario. Quando di anni ne avevo 17, credo che non ci fosse una singola festa che finisse senza la canzone ‘Somewhere I belong’. Ancora adesso è la mia suoneria. Grazie occhialuto dai tatuaggi di fuoco!”

La band continua ad essere ascoltata e amata in Russia. “Non resta che stupirsi di quanto il nu metal e il rap rock sappiano mantenere fedeli i propri fan. I Linkin Park, come anche in Limp Bizkit, sebbene abbiano ormai passato la fase del loro picco di popolarità, continuano a riempire le piazze. All’esercito dei fan della prima ora, che ormai hanno superato la quarantina, si aggiungono continuamente nuovi, giovani, appassionati. Questi artisti sono diventati, possiamo dire così, dei brand. Ci sono i nuovi nomi di moda, ci sono quelli ormai vecchi, e c’è chi come loro non ha bisogno di pubblicità”, scrisse il giornale Kommesant nel 2009, quando vennero in Russia per il Tuborg Green Fest.

Nel 2011 i Linkin Park si esibirono sulla Piazza Rossa di Mosca.

I fan russi prepararono una sorpresa per i loro beniamini e organizzarono un flashmob. Alzarono fogli bianchi con su scritte le parole d’ordine di Martin Luther King: “saggezza”, “giustizia”, “amore”, durante l’esecuzione della canzone con il suo discorso”.

Quarantun anni, sette album in studio, due Grammy Award, circa 80 milioni di dischi venduti, canzoni famosissime come “Numb”, “In the end”, un capolavoro come l’album “Meteora”… Alcuni russi sono perplessi: “Successo, popolarità, famiglia, amici. Perché allora? Com’è possibile?”. Altri si limitano a piangerlo, perché alla fin fine non possiamo mai conoscere il dolore altrui”.

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