La copertina del libro “Zivago nella tempesta” edito da Feltrinelli (Foto: ufficio stampa)
Agenti del Kgb e uomini della Cia alla ricerca di un romanzo che fa tremare la Cortina di ferro. Una guerra tra case editrici per accaparrarsi i diritti di traduzione. Lettere false e missive in codice. Ci sarebbero tutti gli ingredienti del romanzo di spionaggio, se non fosse che la storia della pubblicazione de “Il dottor Zivago” di Boris Pasternak – uscito in anteprima mondiale in Italia nel 1957 – è tutta vera, suffragata da documenti storici che continuano ad appassionare studiosi e amanti del grande autore russo. Paolo Mancosu, docente di Filosofia e Logica all’Università di Berkeley, ha dedicato all’argomento il saggio “Zivago nella tempesta” (Feltrinelli, 496 pagine, 29 euro), in cui ripercorre le avventure editoriali del capolavoro che fruttò allo scrittore il premio Nobel per la letteratura. Si tratta di un lavoro minuzioso di ricostruzione, basato su ricerche negli archivi di mezza Europa e sulla consultazione integrale del Fondo Pasternak, depositato alla Fondazione Feltrinelli, che custodisce anche il dattiloscritto originale con note a mano dell’autore.
L’affare Zivago e quel libro passato per l’Italia |
La “tempesta” investì Zivago prima e dopo la pubblicazione. E coinvolse, oltre allo stesso Pasternak, anche Giangiacomo Feltrinelli, il giovane e ambizioso fondatore della neonata casa editrice a cui lo scrittore aveva inviato il romanzo vietato nell’Unione sovietica. A sessant’anni dalla sua nascita la casa editrice milanese celebra la sua storia con un volume che ne racconta uno dei momenti più significativi ed è, allo stesso tempo, uno spaccato su quella guerra fredda culturale che vide anche la Cia impegnata nella diffusione di libri sgraditi al regime sovietico.
Un romanzo nel romanzo. Mancosu racconta che a prendere “Il Dottor Zivago” dalle mani di Pasternak a Peredelkino è Sergio d’Angelo, iscritto al Partito comunista italiano, corrispondente per Radio Mosca e “talent scout letterario” dell’editore milanese. Feltrinelli intuisce la grandezza dell’opera e sottopone il suo traduttore ad una prima lettura – fiume di sette ore per averne conferma, ma temporeggia, consapevole del rischio di pubblicare in lingua straniera un libro vietato dalla censura russa. Gli scambi epistolari con Pasternak – nel volume è riportato per la prima volta l’intero carteggio tra i due – sono frequenti, spesso intercettati dal Kgb che a sua volta invia a Feltrinelli false missive in cui è l’autore russo a chiedere la restituzione del romanzo. Nel frattempo le pressioni sono enormi. Su Pasternak, sempre più emarginato e isolato dalle autorità. Su Feltrinelli, a cui compagni e dirigenti del Partito comunista chiedono di sospendere l’operazione per non incrinare i rapporti con Mosca. Ma alla fine il libro va in stampa e, complice il caso politico che gli è scoppiato intorno, va a ruba: nel solo 1957 si succedono nove edizioni.
La mia Russia insieme a Pasternak |
Al successo in Italia segue quello in Europa: le trattative tra case editrici per ottenere i diritti di traduzione sono febbrili e talvolta sfociano in guerra aperta con Feltrinelli. Mancosu ricostruisce con dovizia di particolari quest’aspetto della vicenda e conferma, sulla base dei documenti analizzati, il coinvolgimento della Cia nella distribuzione di un’edizione pirata in russo ai visitatori dell’Esposizione universale di Bruxelles del 1958. Di lì a poco l’Accademia svedese conferirà a Boris Pasternak il Nobel per la letteratura – che lo scrittore non ritirerà mai di persona per espresso divieto delle autorità russe – consacrando alla fama mondiale la storia di Lara e Zivago.
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