Una stampa del volto dello scrittore durante una recente commemorazione a San Pietroburgo (Foto: Marta Rebon\Ferran Mateo)
Scivolano su un piano inclinato. Quello che porta a superare, senza mai rendersene conto del tutto, il confine tra Io e Mondo, tra interno ed esterno, tra i propri desideri e ciò che accade. Generando pazzia, dissociazione, isteria. E se è questa la dinamica principale attorno a cui si costruisce la vicenda del Fratelli Karamazov, “Il Delirio di Ivan. Psicopatologia dei Karamazov”, il nuovo libro edito da Laterza che Antonio Semerari dedica agli eroi di Dostoevskij, non è solo un analisi approfondita di un capolavoro della letteratura mondiale. Ma anche una fenomenologia della vita quotidiana, quella odierna, quella in cui lo scorrere del tempo è saturato da proiezioni del sé – reali e virtuali - che sgretolano ogni confine.
E l’operazione teorica di Semerari non può ascriversi semplicemente nel novero di quei tentativi di interpretazione psicologica della letteratura. Perché qui il punto centrale è una domanda che ha a che fare anche con la teologia e la filosofia: cosa accade all’uomo che ha a che fare, per troppo tempo, con il male? Quanto gli equilibri interni di una persona vengono prima lentamente logorati, poi semplicemente abbattuti, se la propria vita si muove tra compromessi etici al ribasso e inutili e malposti tentativi di redenzione?
Il metodo che Semerari usa per rispondere a queste domande, è quasi cinematografico. Lo psichiatra italiano si immerge nel testo e accompagna il lettore, passo dopo passo, in una carrellata che tocca e descrive i punti salienti del romanzo. Non solo: sono gli stessi personaggi del capolavoro di Dostoevskij ad essere trattati quasi come pazienti. Le loro confessioni vengono analizzate con rigore e con metodo e utilizzate come cifra di un percorso possibile attraverso gli abissi dell’animo umano. Dal piccolo trauma fino alla completa disgregazione della propria identità.
Una chiave di lettura offerta dallo stesso Semerari nelle conclusioni del saggio: “Posti di fronte ad un male che sovrasta la loro capacità di reazione, accade a questi personaggi quello che accade alla maggioranza degli esseri umani: la loro capacità di discriminare con chiarezza tra gli eventi del mondo interiore e la realtà esterna si indebolisce e la loro identità perde di coesione”. A a partire da questa frattura, le reazioni sono molteplici, tutte sottolineate dal saggio. Perché ognuno ha a che fare come può con i suoi Demoni. E non tutti sono in grado, come il genio della letteratura russa, di disporli su un piano immaginario e di trarre da loro parole universali, significanti ora come oltre un secolo fa. Di coltivare le proprie ombre per connettere persone diverse. Nei deliri di Ivan, l’ennesimo dono di Dostoevskij ai suoi lettori.
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