Se la letteratura diventa marketing

Dal cibo ai cartelloni pubblicitari: i nomi dei grandi letterati russi sono spesso usati per promuovere prodotti di largo consumo (Foto: ufficio stampa)

Dal cibo ai cartelloni pubblicitari: i nomi dei grandi letterati russi sono spesso usati per promuovere prodotti di largo consumo (Foto: ufficio stampa)

Pushkin dà il nome a dei dolcetti, per Tolstoy c'è un profilo su Twitter e i versi di Lermontov vengono riprodotti sulle birre: i nomi dei grandi scrittori russi sono stati da tempo trasformati in un brand. Chi trae profitto dalla loro fama, e in che modo?

Aleksandr Pushkin è il più famoso poeta russo. Le sue opere sono lette in patria e all’estero, e sono state adattate per i teatri e i cinema ditutto il mondo. Pushkin è uno dei simboli della cultura russa, e in quanto tale la sua popolarità è di poco inferiore a quella della matrioska, dell’orso e della balalaika. C’è sempre stato chi ha tentato di sfruttare il suo nome a proprio vantaggio. La prima grande impresa commerciale a capitalizzare sul brand “Pushkin” fu fondata nel 1899, in occasione del centesimo anniversario della nascita del poeta. Quell’anno la richiesta di oggetti commemorativi fu tale che si dovette ricorrere alla produzione su scala industriale: vodka, sigarette e dolci il cui nome era ispirato a quello di Aleksandr Sergeyevich Pushkin si vendevano come il pane. In occasione del duecentesimo anniversario ad arricchirsi fu invece lo Stato (dal momento che ai tempi dell’Urss le imprese private erano fuorilegge), che inondò gli scaffali dei negozi di cioccolata, vodka, distintivi e monete commemorative “Skazki Pushkina”.

Oggi il nome di Pushkin continua ad essere associato a maglie da football, occhiali da sole, proprietà immobiliari di lusso e ditte di materiali da costruzione - a farvi ricorso però sono anche colossi dell’industria quali Nescafé, Coca-Cola e Mars. Il ritratto dello scrittore appare sulle confezioni del caffè, persino al di fuori dai confini russi. Aleksey Gvintovkin, direttore generale del BrandHouse Group, è certo che “ricorrere all’immagine di Pushkin e invocare la sua opera porti dei vantaggi sicuri. Per chi mira ai mercati esteri, poi, una simile strategia assicura che il prodotto che si desidera reclamizzare evochi un certo fascino, le tradizioni e la particolare natura del misterioso animo russo”.

Letteratura sui deodoranti per ambienti

Quanto all’impiego dei classici della letteratura, una delle più spregiudicate scelte di marketing degli ultimi anni è stata quella presa dall’agenzia Voskhod per la campagna pubblicitaria Knigi-osvezhitely. Iniziativa che nel 2011 è stata premiata con un Leone d’oro a Cannes. Su commissione della catena di librerie “100 tysyach knig” (Centomila libri), l’agenzia Voskhod ha prodotto una serie di deodoranti per ambiente sulle cui confezioni erano riprodotti alcuni brani tratti dai classici della letteratura. Avendo accertato che la maggioranza delle persone legge quando si trova in bagno, l’agenzia decise di stampare opere letterarie direttamente sulle confezioni dei deodoranti. I “deodoranti letterari” furono distribuiti nel centri commerciali, nei multisala, nei ristoranti e nei bar. Grazie a questa trovata originale, il numero dei clienti delle librerie “100 tysyach knig” aumentò del ventitré percento.

Lermontov promuove la birra

Nel 2011 “Baltika”, il maggiore marchio di birra russo, ha lanciato una campagna pubblicitaria ideata dall’agenzia Leo Burnett Moscow e incentrata sui versi del poeta Mikhail Lermontov. Erano dieci anni che il marchio non rilanciava la propria immagine tramite una campagna pubblicitaria che coprisse l’intero assortimento dei propri prodotti. Stando a Sergey Denisov, che ha lavorato al progetto, l’iniziativa funzionò. Secondo alcuni sondaggi condotti in quegli anni, il marchio Baltika era passato di moda e aveva perso attrattiva agli occhi dei consumatori; pur trattando diversi prodotti, Baltika non aveva adottato alcun concetto che abbracciasse con coerenza l’intero brand. “Decidemmo di rettificare la situazione”, spiega Denisov. “E per farlo ci servimmo dei versi di Lermontov”. Per rammentare ai consumatori delle radici e del retaggio culturale che li univano al marchio, si decise dunque di sfruttare alcuni estratti delle opere del più famoso poeta russo dopo Pushkin. Stando ai dati del 2011, gli introiti della Baltika aumentarono del 13,2 percento. Che sia stato merito di Lermontov?

Tolstoy e Google

Dal canto loro, i colossi dell’information technology non sono certo rimasti a guardare. Nel suo video pubblicitario, diffuso via internet e intitolato “Come sarebbe oggi il mondo se internet fosse stata inventata mille anni fa”, Google ha immaginato Lev Tolstoy nei panni di utente di Twitter. Il video mostra l’autore (noto per le sue frasi lunghe e le descrizioni dettagliate che spesso si protraggono per diverse pagine) intento a pubblicare uno stato su Twitter. Questa ingegnosa trovata di marketing è piaciuta, e il video è stato visto da circa trecentomila utenti. “Gli scrittori più autorevoli rappresentano un codice culturale. Chi usa la loro immagine o cita le loro opere in una pubblicità intende raggiungere un pubblico particolare, relativamente ampio, con un livello di istruzione e un livello di reddito medi”, spiega Yekaterina Alekseyeva, che dirige il Dipartimento di Prosa e poesia classica della casa editrice Eksmo. Secondo la Alekseyeva, associare il prodotto da reclamizzare a un classico della letteratura è una buona idea. Questo perché tendiamo ad accordare ai classici una grande fiducia: Tolstoy non può dare cattivi consigli.

Metti lo scrittore sui social network

Nel 2010, per promuovere il festival letterario BookMarket, la compagnia Affekt escogitò una campagna promozionale insolita, basata sulla creazione di account di Facebook fittizi a nome di Tolstoy, Pushkin, Gogol e Dostoevskij. Attraverso i loro stati, gli scrittori commentavano con tono classicheggiante su eventi nazionali ed esteri, corrispondevano tra loro e rispondevano alle domande degli altri utenti - arrivando a stringere mille “amicizie” e ad essere “visitati” da oltre diecimila utenti. Alla fine però Facebook ha ritenuto che questi account rappresentassero una violazione del proprio regolamento, decidendo di cancellarli. Malgrado ciò, né l’agenzia pubblicitaria né gli organizzatori del festival hanno subito delle perdite. “Il diritto d’autore decade dopo settant’anni dalla morte dello stesso. Trascorso questo tempo, chiunque può attingere alle sue opere senza dover chiedere alcun permesso”, ricorda Anna Topornina, avvocato presso lo studio Yukov I Partnyry. I discendenti dei grandi scrittori non percepiscono alcuna royalty, né possono influenzare in alcun modo il contesto nel quale l’opera viene impiegata. Come dimostra il caso dei versi di Lermontov, che sono stati utilizzati per reclamizzare una birra.

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