Mio padre, Lev Tolstoj

Le memorie di Aleksandra, figlia dello scrittore. Ventisei anni accanto a un genio. Tra aneddoti e ricordi indimenticabili
La copertina del libro

“Questo libro rappresenta il mio dovere verso colui che ha illuminato la mia vita per i ventisei anni che gli passai accanto; anche in questi tristissimi anni in cui mi avvicino alla vecchiaia, continua a guidarmi come una fulgida stella…”. Sono parole toccanti e che emozionano quelle con cui Aleksandra Tolstaja introduce il libro dedicato a suo padre Lev oggi edito da Castelvecchi con il titolo “La vita con mio padre” (480 pp, € 22). E la stessa emozione si percepisce leggendo le pagine di questo lungo ed intenso racconto che la dodicesima dei tredici figli dell’autore di Guerra e Pace scrisse ormai adulta svelando ai lettori un lato nuovo del grande Tolstoj.

Fedele agli ideali paterni, Aleksandra Tolstaja organizzava cliniche e dirigeva scuole tolstoiane, fino a quando nel 1929 non fu costretta a lasciare  la Russia perché accusata di attività controrivoluzionarie. Dall’America, dove si occupava di aiutare i rifugiati politici, diventata ormai adulta decise così di scrivere e di raccontare del padre ricordando la Russia lontana: “scrivo di ciò che mi è più intimo, ricordando coloro che già da lungo tempo hanno cessato di vivere, ricordando la patria, che pare morta, anch’essa…”.

Nel volume, Aleksandra Tolstaja inizia dalla sua infanzia raccontando di come la sua nascita non fosse affatto voluta e fosse arrivata anzi in un momento di crisi tra lo scrittore e la moglie Sonja Andreevna : “la contessa non voleva metterti al mondo”, le confessò la niana da bambina, “A quei tempi, mi ricordo, la contessa non andava affatto d’accordo col conte.” Ma nonostante un’infanzia solitaria e logorata dal dubbio di non essere voluta e amata come gli altri fratelli, Aleksandra cresce con una grande ammirazione per quel padre così speciale che tutti i figli guardavano con rispetto e devozione: “tutto quello che riguardava mio padre aveva un’importanza speciale: lo studio dal soffitto arcuato, la scrivania, l’antica poltrona così lunga che ci si poteva sdraiare come in un lettino, l’odore particolare di cuoio e di vecchia carta che emanava da tutto quanto gli apparteneva”.

Non mancano naturalmente i racconti dei giorni trascorsi nella tenuta tolstojana di Jasnaja Poljana dove lo scrittore amava rimanere anche oltre l’autunno con le figlie più grandi: “mi pareva che il babbo e le sorelle, partendo per Jasnaja, fossero allegri come scolaretti fuggiti alla vigilanza degli adulti!” scrive Aleksandra Tolstaja. Ma nel libro l’autrice rievoca anche tanti altri episodi legati alla storia della sua famiglia, al rapporto con la madre e a quello tra lei e il marito, alla salute cagionevole del padre e alla sua decisa fedeltà nei suoi confronti. Diventata sua segretaria e copista, Aleksandra condivide con il padre ogni momento della sua attività, comprese le visite di grandi nomi della cultura russa come Cechov, Gor’kij e Balmont, ma soprattutto inizia a dare un senso alla sua vita.

Ed è proprio Aleksandra ad assistere il padre durante la malattia fino all’ultima fuga conclusasi con la morte dello scrittore nella stazione ferroviaria di Astapovo. Di particolare intensità sono le ultime parole che Lev Tostoj disse prima di spirare alla figlia Aleksandra e alla sorella: “Vi consiglio di ricordare una cosa: ci sono molti altri al mondo oltre Lev Tostoj, mentre voi guardate solamente me.”

 Quelle parole aiutarono Aleksandra a sottrarsi “alla disperazione nella quale mi trovavo, e mi fecero ricordare che la vita è stata data all’uomo per qualche ragione e, indipendentemente dalle circostanze, noi siamo obbligati a continuare questa vita, cercando nella misura delle nostre debili forze di servire Colui che ha mandato sulla Terra e gli uomini”. La vita con mio padre è un racconto intenso, ricco di ricordi, impressioni, sensazioni ma anche emozioni e riflessioni che restituiscono un affresco nuovo e autentico della figura di Lev Tolstoj scrittore, ma anche e soprattutto padre.

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