Ilja Kabakov, il maestro dell’arte russa contemporanea (Foto: AFP / East News)
Ilja Kabakov è uno dei maestri riconosciuti dell'arte contemporanea. I suoi lavori sono quotati più di ogni altro artista russo. Dalle installazioni all'arte concettuale. Ecco il suo racconto dell’arte sovietica underground e dei momenti salienti della sua vita.
Ilja Kabakov vive negli USA, ma è nato nell’URSS. Ha raggiunto la popolarità come uno dei fondatori della Scuola Concettuale di Mosca. Ha iniziato la sua carriera come un illustratore di libri ed ha partecipato attivamente alle mostre dei dissidenti. I lavori di Kabakov Beetle (5,8 milioni di dollari, anno 2008) e Luxury Suite (4,1 milioni di dollari nel 2006) sono due delle opere d’arte contemporanea russa più costose mai vendute. Le opere di Kabakov sono esposte alla Galleria Tretjakovskaja, all’Ermitage, al Museo di Arte Moderna di New York e in altre prestigiose collezioni nel mondo
Ci racconta il suo ingresso nel mondo dell'arte underground?
Ai tempi di Stalin tutte le opere create da un artista dovevano essere controllate. Le commissioni si introducevano negli studi e portavano via le tele. All’epoca di Krusciov e Brezhnev nessuno era interessato a ciò che dicevi nella tua cucina o nel tuo studio. Furono tempi meravigliosi. A Mosca intorno al 1957 fioriva un fantastico mondo sotterraneo dell’arte non ufficiale. C’erano artisti, poeti, scrittori, teologi locali e compositori. Queste persone non esponevano, non c’erano critici, gallerie né sale espositive. Capisci, in un rifugio antiaereo tutti sono amici, tutti sono disposti a condividere un panino, una mela, tutti sono sulla stessa barca e per questo ciascuno capisce e supporta l’altro. Quando la porta del rifugio antiaereo si aprì nel 1987, ognuno trovò la propria destinazione.
All’estero ha trovato maggiore libertà?
Quando sono partito ho incontrato le persone che avevo sempre sognato. Questo mi ricorda la storia di Anderson sul brutto anatroccolo. I cigni esistevano davvero. Io ho scoperto il miglior periodo dell’arte occidentale, dai tardi anni Ottanta al 2000. Fu il momento di massimo splendore del business dei musei e delle mostre in Europa e in America. Io trovai la mia strada. Ero immensamente felice come un musicista che passa da una sala concerti ad un’altra e fa concerti ovunque. Oltre a questo, tutti volevano sapere cosa veniva fuori dalla "Corea del Nord" e fu proprio questo interesse a rendere le mie mostre possibili. Ero come Sinbad il marinaio, che avrebbe dovuto raccontare all’Occidente del terribile baratro dal quale ero in grado di riferire segnali e storie. Pensavo di avere dentro rabbia, disperazione ed angoscia sufficienti per il resto della mia vita, ma com’è venuto fuori in seguito, mi ero in qualche modo purificato lasciando il mio Paese, e ora non avevo nulla di più da dire.
Quel Quadrato che rivoluzionò l'arte |
Ma non la offendeva che la considerassero in primo luogo per la sua provenienza dall’Unione Sovietica e poi come artista?
No, il mondo dell’arte era completamente apolitico. Il secolo nel quale sono nato era completamente orientato all’arte. Io stesso percepivo il potere sovietico non come politico, ma come potere meteorologico. Cioè l’Unione Sovietica era un clima di incessante pioggia e merda, e sarebbe stato così sempre. Il potere sovietico si percepiva come un momento eterno di oscurità e pioggia. Io non volevo protestare: non puoi certo metterti con la testa fuori dalla finestra e urlare “Basta con questa pioggia!”
Ci parla delle Installazioni Totali?
Nel 1984-1985 avevo già progettato una serie di installazioni impossibili da realizzare a Mosca. Solo quando partii divenne possibile. I Sovietici fecero l’errore di permettere l’ingresso nel nostro Paese di un enorme numero di opere d’arte occidentali. Dovevamo essere tagliati fuori, come i nazisti, ma nell’URSS l’arte occidentale veniva esposta nei musei e la musica eseguita nei conservatori. Le librerie erano piene delle migliori traduzioni della letteratura occidentale. Nonostante la Cortina di Ferro, l’arte occidentale era sempre presente. I professori ci dicevano “avete già diciotto anni e non avete concluso nulla. Alla vostra età Raffaello aveva già dipinto la Madonna leggente col bambino”. Il mio luogo di nascita era istintivamente connesso con l’Occidente e fare sempre il confronto tra “là” e “qua” era come stare seduto su due sedie. Oggi penso che molti possano capirlo.
La realtà circostante era di una tetra e animalesca ferocia. Il contrasto tra la realtà e le oasi quali il Museo Pushkin, la Galleria Tretjakovskij, il Conservatorio e un certo numero di biblioteche creò un terreno fertile per l’arte. Leggendo i libri tu guardi a quello che ti circonda dalla prospettiva di ciò che stai leggendo. Potresti guardare il tuo ambiente con un approccio differente, forse da etnografo, da membro della British Geographical Society che osserva i cannibali durante un viaggio in Africa. Oppure puoi assumere un atteggiamento di rabbia, “Perchè faccio questa vita da cani?” Questa è disperazione! Oppure, come terza possibilità, sei il piccolo uomo di Gogol con il cappotto. Nonostante la pressione ideologica, hai i tuoi ideali, il tuo cappotto e la tua coscienza che urla. Da una parte sei un osservatore, ma dall’altra sei un paziente. Quello che le nuove generazioni non hanno mai provato è la folle paura che le autorità possano portarti in strada e sbatterti in galera. Questa paura è difficile da spiegare oggi.
La versione originale dell'intervista è qui
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