La chanson russa. Musica proibita

La vita in carcere, il pentimento e l'amore: fil rouge di un genere musicale ai margini. Amato in tutto il Paese

La musica dei carcerati è sempre stata presente in qualsiasi cultura. Basti pensare ai blues e all’hip hop americani. Ma la chanson russa è su un piano differente. Comunemente in Russia si pensa che la gente più brillante ascolti musica occidentale. Mentre il resto del Paese preferisce sintonizzarsi su chi trasmette chanson. Ma questo è vero soltanto in parte.

In realtà, gli ambienti più istruiti in genere disdegnano lo stile di musica da carcere. D’altro canto, ci sono chanson conosciute da ogni singolo russo, e le prime a venire in mente a tale proposito sono le composizioni di Mikhail Krug, oggi scomparso. Tuttavia c’è un'intera costellazione di cantanti relativamente nuovi, tra i quali Stas Mikhaylov, Yelena Vaenga, e Grigorij Leps (quest’ultimo è stato appena inserito nella lista nera DoS statunitense per sospetta collusione mafiosa). Questi artisti sembrano spuntati fuori dal nulla. Soltanto ieri hanno sfondato su emittenti televisive e radiofoniche e oggi in tutto il Paese riempiono gli stadi per i concerti.

Fondatori di questo genere musicale sono stati Mikhail Shufutinskij, Aleksandr Novikov, Villi Tokarev, Aleksandr Rosenbaum, e Lyubov Uspenskaya. Ma ci sono anche numerosi dischi di cantanti e autori minori provenienti da ogni angolo della Russia. Le canzoni che Kalina Krasnaya trasmette sono le loro. Il nome del programma allude al titolo di un film dell’illustre regista sovietico Vasilij Suksin che racconta la semplice storia di un ladro che in prigione inizia una corrispondenza con una signora che vive in campagna. La loro amicizia, nata dalle lettere, si trasforma poco alla volta in una relazione a tutti gli effetti. Non appena è scarcerato, il protagonista si trasferisce in campagna con la donna che ama e intraprende una vita onesta, ma alla fine è assassinato dai delinquenti con i quali un tempo aveva legato.

L’idea di fondo del film è semplice: un reato non è mai estinto del tutto e l’espiazione è irraggiungibile. La chanson russa, invece, lancia un messaggio completamente diverso: essa canta e decanta persone apparentemente eroiche, duramente colpite dalla sfortuna.

Secondo un proverbio russo, nessuno è immune dalla prigione e dalla povertà. Non importa quanto si è ricchi e influenti. Ci si può sempre trovare rinchiusi in carcere o in miseria. Le rappresaglie staliniane e le dure persecuzioni dei criminali hanno reso i carcerati russi simpatici alla popolazione. Di conseguenza, la chanson russa è un fenomeno quasi più sociale che culturale.

La chanson russa ha preso il nome in prestito dalla tradizione della chanson francese, il cui caratteristico stile melodico fu elaborato da Jacques Brel, Charles Aznavour, e Salvatore Adamo. In Unione Sovietica, tuttavia, le canzoni popolari riguardanti la vita in carcere sono sempre state note come blatnaya pesnya (canzoni della criminalità).

Si ritiene che il termine “chanson russa” sia stato coniato abbastanza di recente, alla fine degli anni Novanta. “La chanson russa è un concetto introdotto dai consulenti marketing, proprio come lo fu un tempo la definizione di world music”, dice Artem Lipatov, la cui carriera come produttore radiofonico di programmi di musica pop è durata oltre 20 anni.

Naturalmente, i cantanti di chanson russe non hanno assolutamente rapporti con il mondo della criminalità. La maggior parte di loro è formata da musicisti professionisti. Dice il cantautore Mikhail Tanich, fondatore della band Lesopoval, la più nota tra le band che suonano chanson russe: “L’unico membro della band che abbia avuto un’esperienza di qualche sorta con il carcere sono io”, dice Tanich, che ha combattuto nella Seconda Guerra Mondiale, è stato decorato al valore e condannato nel 1947 a sei anni di carcere dopo che qualcuno fece la spia e lo denunciò per aver detto in una conversazione privata che le radio e le strade tedesche erano migliori di quelle sovietiche. Dopo la sua scarcerazione, Tanich divenne uno dei più illustri e acclamati cantautori sovietici. Della sua esperienza in carcere non parlò mai fino al 1990, quando nacque la band Lesopoval.

“Molti cantautori hanno iniziato a scrivere canzoni per sfruttare questo genere musicale” dice Lipatov. “Molti di loro hanno avuto successo, da Arkady Severny, scomparso nel 1980, ad alcuni cantautori moderni come Mikhail Gulko e Shufutinskij. Hanno conquistato la base dei loro fan considerandoli collezionisti di dischi e hanno iniziato a soddisfare il mercato”.

La storia di Mikhail Shufutinskij, musicista esule, è diversa. Shufutinskij non nascose che mentre si guadagnava da vivere suonando in un ristorante russo negli Stati Uniti, iniziò a suonare le canzoni della criminalità su richiesta del pubblico: “In Unione Sovietica queste canzoni erano proibite. Ma in America gli ex cittadini sovietici volevano ascoltare questo genere di musica. Io conoscevo tutte quelle canzoni: mio padre e i suoi amici le avevano cantate a casa nostra. All’epoca ero troppo ignorante per capire di che parlassero, ma le profonde tensioni di quella musica hanno lasciato una forte impressione in me. Per me furono quasi ninne-nanne”. Shufutinskij è un musicista professionista. Prima di immigrare, studiò in una scuola di musica sovietica e continuò a lavorare con successo con diverse band. Dopo essere arrivato in America, iniziò ad afferrare ogni occasione di lavoro trovasse negli studi di registrazione e riuscì perfino a suonare la tastiera per un disco della band rap Run DMC: “Sono sempre stato bravo a leggere gli spartiti e a suonare seguendo la musica. Ecco perché così tante band mi hanno chiamato di quando in quando a fare da sostituto”.

Shufutinskijy, Uspenskaya, e Tokarev erano conosciuti come emigrati. I loro brani in stile chanson andarono forte nella diaspora russa americana e, trasmessi attraverso l’oceano, divennero incredibilmente popolari in Unione Sovietica: i loro album furono copiati e ricopiati di nascosto da una audiocassetta a un’altra innumerevoli volte.

Tokarev ricorda: “Le mie canzoni erano suonate e cantate in tutta l’Unione Sovietica. Ho avuto l’opportunità di suonare con le band migliori e non mi è mancato mai nulla, veramente. Ma all’epoca non si potevano suonare certe cose. Arrivai negli Usa con cinque dollari in tasca e iniziai a studiare inglese. Il primo lavoro che trovai fu come tassista. Cercai di guadagnare soldi per aprire uno studio di registrazione tutto mio. In realtà, incisi il mio primo album con musicisti americani e nel giro di pochi mesi mi ritrovai ricoperto di soldi”. Tokarev canta versi ottimistici e sa reggere bene la parte con i suoi folti baffi, ma i suoi testi sono pieni di nostalgia, sofferenza e solitudine. Nelle sue canzoni non parla mai esplicitamente della vita in prigione, ma ogni suo testo è pervaso dalla sensazione della mancanza di libertà e della sfortuna. E sono proprio questi, in effetti, gli argomenti principali di qualsiasi chanson russa.  

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