Ratmansky, il sublime in movimento

"Concerto DSCH" al Teatro alla Scala (Foto: Brescia-Amisano / Teatro alla Scala)

"Concerto DSCH" al Teatro alla Scala (Foto: Brescia-Amisano / Teatro alla Scala)

Dal Bolshoj al mondo. Alexei Ratmansky è uno dei coreografi più richiesti dai teatri del pianeta. E dal 14 dicembre è al Teatro della Scala. L'intervista di Russia Oggi

La vitalità della coreografia russa nel mondo si affida al nome di Alexei Ratmansky, il quarantacinquenne coreografo cresciuto nel suo paese, affermatosi sui palcoscenici internazionali e, dopo cinque anni alla direzione del Balletto Bolshoj di Mosca, nominato nel 2009 “artist in residence” dell’American Ballet Theatre. Se gli americani se lo tengono stretto con un contratto pluriennale e le grandi compagnie si contendono le sue creazioni, l’Italia gli offre il palcoscenico migliore inaugurando la stagione di balletto del Teatro alla Scala con “Serata Ratmansky”, in scena dal 14 dicembre (anteprima giovani) al 16 gennaio. Incontrato a Milano alla vigilia del debutto insieme alla moglie e assistente Tatiana, Ratmansky appare il tipico artista cosmopolita generato dall’intellighenzia russa, con il suo inglese impeccabile, i modi eleganti, la cultura raffinata.  

La Russia nella nuova stagione
dei teatri italiani

Maestro Ratmansky, come è nata questa serata a suo nome, composta dai tre titoli Concerto DSCHRussian SeasonsOpera?

“Devo ringraziare Makhar Vaziev, direttore del Corpo di ballo del Teatro alla Scala, che molti anni fa, quand’ero ancora sconosciuto, mi commissionò Cenerentola per il Balletto del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, che allora dirigeva. Due anni fa volle nel repertorio scaligero il mio Concerto DSCH e nacque allora l’idea di un’intera serata, di cui sono onorato. Una grande responsabilità, perché un programma con tre pezzi di un solo coreografo deve essere molto ben equilibrato, un po’ come una buona cena, con un antipasto, una portata principale e un dessert".

Qual è il tema di Opera, la nuova creazione?

Opera, su musica originale di Leonid Desyatnikov - un grande compositore, oltre che un amico - è un balletto dedicato ai grandi teatri e quindi anche un omaggio alla Scala. Oltre che alla cultura italiana, di cui noi russi – ma chi non lo è? - siamo innamorati: un soprano, un mezzosoprano e un tenore cantano testi tratti da Goldoni e Metastasio, i protagonisti sono Roberto Bolle e Massimo Murru, étoiles della Scala".

Alexei Ratmansky in prova con il corpo di ballo (Foto: Marco Brescia / Teatro alla Scala)

Concerto DSCH Russian Seasons invece sono balletti su motivi russi nati in America.

“Entrambi sono stati creati per il New York City Ballet: per questo i temi russi sono guardati da una certa distanza. Concerto DSCH, su musica di Dmitri Shostakovich (il compositore che rappresenta la storia e la coscienza di noi russi) evoca gli anni  successivi alla morte di Stalin, pieni di speranza ma senza dimenticare le ferite del passato, un po’ come il dopoguerra in Italia. Russian Seasons, su partitura originale di Desyatnikov, è ispirato al folklore russo e attraversa le fasi della vita scandite dal calendario ortodosso. I ballerini italiani, forse per l’eredità di Enrico Cecchetti (il grande maître de ballet che contribuì a fondare lo stile del balletto russo) danno a questi balletti un’interessante dinamica tra danza e interpretazione. Protagonista l’étoile del Bolshoj e della Scala Svetlana Zakharova, che con le sue linee uniche è la voce, lo strumento ideale".

I suoi balletti nascono spesso da un’ispirazione russa. Però lei la Russia l’ha lasciata: perché?

“Anche se ho lasciato il mio paese penso di servire ancora il balletto russo, per i temi e le musiche dei miei balletti e perché anche all’estero lavoro con ballerini russi. È un tempo difficile in Russia, perché la politica è molto coinvolta nell’arte e soprattutto nel balletto e io sono contento di esserne lontano. Ma mantengo stretti legami con il Bolshoj e il Mariinsky che hanno in repertorio miei balletti e ci sono nuovi progetti. Ma i russi sono interessati principalmente a danzare, meno alla coreografia, che per me è altrove, in Europa e in America".

Per questo ha deciso di trasferirsi a New York?

“Sì, per me e anche per mia moglie attualmente è il posto migliore dove vivere. Forse perché come coreografo mi sono sempre sentito cosmopolita più che russo".

Come George Balanchine, il coreografo russo che fondò il balletto americano del Novecento?

“Vorrei essere come lui… Certo Balanchine, per l’estetica e l’etica che ha espresso, guida i mei passi".

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