Un italiano nella Russia più rurale

Uno degli scatti di Francesco Comello esposto a Milano (Foto: Ufficio Stampa)

Uno degli scatti di Francesco Comello esposto a Milano (Foto: Ufficio Stampa)

Gli scatti di Francesco Comello, che immortalano la vita dei contadini di Oshevensk, sono esposti a Milano fino al 9 novembre 2013. La scelta dei soggetti nelle parole del fotografo

Le sedici foto in bianco e nero sembrano rimandare immagini di un passato remoto. Bambini, donne e uomini giovani e anziani che giocano, pregano, lavorano in un paesaggio rurale che potrebbe essere stato ritratto oggi o 50 anni fa. Nessuno di loro è in posa davanti all’obiettivo, il fotografo sembra invisibile ai loro occhi.

Foto: Ufficio Stampa

Uno degli scatti di Francesco Comello esposto a Milano (Foto: Ufficio Stampa)

E, in effetti, lo è stato, perché, per realizzare le suggestive immagini di Oshevensk, villaggio rurale a 650 chilometri a Nord di San Pietroburgo, sorto a ridosso del santuario ortodosso consacrato al monaco Aleksandr di Oshevensk, il fotografo friulano Francesco Comello si è calato nella vita di tutti i giorni dei suoi poco più di 400 abitanti, soggiornando lì per quaranta giorni in quattro anni, dal 2008 al 2011, e quattro stagioni diverse.

"Ho voluto vivere il più possibile questa esperienza per documentarla, ogni foto è una piccola storia", ha raccontato l’artista 50enne, nato a Reana del Rojale, in provincia di Udine, che il 9 ottobre 2013 ha inaugurato alla galleria San Fedele di Milano la mostra “Oshevensk”, aperta fino al 9 novembre 2013. 

Foto: Ufficio Stampa

Uno degli scatti di Francesco Comello esposto a Milano (Foto: Ufficio Stampa)

Oshevensk non è un villaggio che si trova sulle rotte turistiche della Federazione. Come lo ha conosciuto?

Informazioni utili

Oshevensk
Mostra fotografica di Francesco Comello
a cura di Gigliola Foschi
Organizzazione mostra: M. Chiara Cardini
Testi: Gigliola Foschi
Allestimento: Umberto Dirai
Le fotografie sono state scattate tra gli anni 2009 e 2011
Dal 9 ottobre  al 9 novembre 2013. Dal martedì al sabato, orario: 16-19, esclusi i festivi (al mattino su richiesta)
Galleria San Fedele, Via U. Hoepli 3a, 20121, Milano (tel:+39.02.86352233; sanfedelearte@sanfedele.net)

Vi si era trasferita una mia amica, la scultrice russa Nadia Tarasova. Per lei il trasferimento è stato un percorso di avvicinamento alla fede attraverso padre Viktor, il monaco che reggeva il monastero. In quel periodo stavo cercando una storia da raccontare e, non appena Nadia mi parlò di Oshevensk, ebbi subito delle suggestioni che mi hanno spinto fin là.

Qual è stata la prima suggestione che le è arrivata mettendo piede a Oshevensk?
Ritrovare un mondo contadino che faceva parte dei miei ricordi d’infanzia. Arrivai al villaggio all’alba, dopo un viaggio in treno di diciotto ore. Vedere quelle case di legno mi ha subito catapultato indietro nel tempo. Entrando poi nella chiesa, risalente alla fine del 1700, sono stato avvolto da quest’aura di spiritualità che mi ha meravigliato.

Come è riuscito a costruire il rapporto che le ha permesso di entrare in sintonia con la gente del luogo tanto da fotografarla in maniera così naturale?
Nei primi tre viaggi c’era la mia amica Nadia a fare da interprete, visto che io non parlo il russo. Però, spesso, non c’era bisogno di parole. Nel tempo, ho instaurato un legame con un uomo della mia età, che andavo a trovare spesso. Anche se ognuno di noi parlava la sua lingua, insieme stavamo bene lo stesso. L’ultimo viaggio, nel giugno 2011, l’ho fatto da solo, con qualche difficoltà in più, ma sono riuscito lo stesso a entrare nella vita della gente del villaggio, pur senza mediazione.

Quante foto ha scattato a Oshevensk?
Tantissime, perché la tecnologia odierna lo permette. Però quelle scelte non sono più di cinquanta. Io sono molto severo con me stesso, perché, per me, la foto deve essere perfetta dal punto di vista formale e deve essere una parte di un racconto articolato.

Foto: Ufficio Stampa

Uno degli scatti di Francesco Comello esposto a Milano (Foto: Ufficio Stampa)

Questa mostra dove è già stata esposta? 
L’ho già portata in varie parti d’Italia, da Carrara a San Felice sul Panaro, ricevendo anche il premio come autore dell’anno Fiaf 2010, ma a darmi grandi soddisfazioni è stata l’esposizione al Photovernissage di San Pietroburgo. È facile meravigliare esponendo questi scatti in Italia, perché offro lo spaccato di un mondo che non si conosce, ma è stato molto importante poter portare in Russia la mia visione di questo loro mondo ed essere apprezzato per questo.

Conta di tornare a Oshevensk o in altri luoghi della Russia per raccontare altre storie per immagini?

Vorrei tornare a Oshevensk per concludere questo lavoro, che per me è ancora aperto. Sento che c’è qualcosa ancora da raccontare. Probabilmente lo farò nel 2014 e potrei anche andare da qualche altra parte, perché si è creato un legame con questa terra e con queste persone che hanno poco, vivono una vita dal ritmo blando in case senz’acqua con bagni esterni con buche a fondo perso, secondo dei valori morali e spirituali che noi abbiamo perso. Naturalmente io con le mie foto cerco la bellezza e non ho volutamente raccontato quel lato oscuro rappresentato dall’alcolismo.

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