Archstoyanie 2013, sperimentazioni sensuali nella natura

Installazioni di arte moderna immerse nel contesto bucolico del villaggio di Nikola-Lenivets (Foto: Yaroslava Kiryukhina / Russia Oggi)

Installazioni di arte moderna immerse nel contesto bucolico del villaggio di Nikola-Lenivets (Foto: Yaroslava Kiryukhina / Russia Oggi)

Installazioni acustiche di ogni genere, una sbalorditiva performance dell’artista nudo Fedor Pavlov, letture di poesia moderna e documentari: nel villaggio di Nikola-Lenivets la tre giorni di architettura

Giunto alla sua ottava edizione, il festival di ArchStoyanie richiama tanto gli amanti dell’arte contemporanea che persone desiderose di trascorrere qualche ora all’aria aperta.

La curiosità

Una delle opere più emblematiche del festival è stata l’installazione “Due sfere”, dell’artista multimediale tedesco Julius von Bismarck: ogni trenta minuti una sfera di metallo veniva lasciata cadere da un’altezza di quattordici metri. Nell’impatto con il suolo la sfera si frantumava tra schizzi di fango, causando una sorta di mini-terremoto

Il nome del festival, che potrebbe essere tradotto con “Attesa arcaica”, si riferisce a un evento realmente accaduto in questa regione più di cinque secoli fa: la “grande attesa presso il fiume Urga”. Protagonisti dell’evento furono Akhmat, il Khan dell’Orda d’oro, e il Granduca di Russia Ivan III, che nell’autunno del 1480 sostarono sulle sponde opposte del fiume Ugra, un affluente dell’Oka, che delimitava il confine del Ducato di Mosca. L’evento segnò la fine dell’oppressione della Orda d’oro tatara.

Non esiste una land-art russa

Il pittoresco paesaggio di Nikola-Lenivets, villaggio a quattro ore di auto da Mosca, è costellato da installazioni di land-art. Nel corso degli ultimi dieci anni il villaggio, il cui nome significa “Nicola il pigro”, si è trasformato in una colonia di artisti.

L’autore della maggior parte delle installazioni all’aria aperta è Nikolai Polissky, trasferitosi qui nel 1989. Interpellato da Russia Oggi, Polissky si è detto deluso dalla mancanza di una “land-art russa”. “È davvero un peccato, se si pensa ai vasti paesaggi di cui disponiamo. Durante l’epoca sovietica era vietata e da allora le cose non sono molto cambiate”, ha spiegato l’artista, aggiungendo di essere stato il primo a creare delle vere e proprie installazioni di land-art in questo luogo. Tradizionalmente la land-art impiega materiali naturali, come il fieno, i tronchi, la terra e l’argilla.

Secondo Polissky, ex-membro della collettiva artistica underground sovietica Mitki, la land-art è una forma di autoespressione, e in quanto tale non richiede uno spettatore. Sarebbe proprio questo, spiega Polissky, a renderla una forma d’arte “pura”.  

Polissky considera Nikola-Lenivets un luogo d’arte “piuttosto pubblico”, anche se per installare Bobur, un’opera ispirata al Centro Pompidou di Parigi, è stato necessario chiedere l’autorizzazione al miliardario Maksim Nogotkov, che ha acquistato Nikola-Lenivets nel 2011.

Nel Regno Unito e negli Usa “l’arte del paesaggio” esiste già da oltre mezzo secolo, mentre in Russia ha iniziato a diffondersi solo nove anni fa. Attualmente Polissky e la sua squadra di “contadini” (degli agricoltori che vivono nei paraggi e lo aiutano a realizzare le sue opere) sono gli unici russi le cui opere di land-art vengono invitate a partecipare alle maggiori rassegne al di fuori della Russia, come la Biennale di Venezia (2008) e Art Basel di Miami.

Vladislav Surkov, il “Cardinale grigio” del Cremlino, ha scritto un saggio sull’arte di Polissky, definendola “espressione dello spirito russo”.

Architettura senza architettura

Nell’ultima edizione del festival non è stata presentata alcuna nuova opera, mentre in passato ArchStoyanie si è sempre distinto come una vetrina delle ultime novità della land-art.

“La creatrice, che risiede a Mosca, ha organizzato un evento per la stampa moscovita, i cui partecipanti hanno percorso circa duecento chilometri per arrivare sino qui”, ha spiegato Polissky, che la gente del luogo chiama con affetto “zio Kolya”.

Katerina Bochvar, nominata di recente curatrice del festival, ha infatti preferito concentrarsi su alcune performance e installazioni. Stando agli organizzatori di ArchStoyanie, tali opere sono state presentate in esclusiva ai visitatori del festival e non saranno replicate in nessun'altra circostanza.

La performance che ha dato il nome all’intera rassegna è “Fuori dalla foresta”, ideata da Valentin Tszin, art director del “Poema theatre”. L’iniziativa, protrattasi per dodici ore, mirava a illustrare il nesso tra un artista e la sua creazione, che Tszin ha descritto metaforicamente come una foresta buia. Alla performance hanno preso parte un centinaio di persone vestite di bianco e nero, il cui aspetto ricordava più quello degli zombie che persone in carne ed ossa.

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Per coloro che non riescono a staccarsi dai libri nemmeno quando si trovano immersi nella natura, l’architetto Boris Sverdlov e l’editore Boris Kupriyanov, uno degli iniziatori ed esecutori della riforma delle biblioteche di Mosca, hanno allestito nove sale di lettura all’aperto, dove i lettori hanno potuto leggere con un telescopio o dalla cima degli alberi.

Una delle trovate più sorprendenti del festival però era rappresentata dalle installazioni acustiche. Avete mai pensato che in natura esistessero degli “ortaggi parlanti”? Gli “architetti ghiacciati” hanno deciso che le verdure possono comunicare con altri vegetali – zucche, angurie e melanzane - facendo loro leggere “a voce alta” dei brani di letteratura.

La musica classica vi annoia? E se il piano, al posto delle note, producesse dei versi animali, sorprendendovi con una “Sonata al chiaro di luna” di Beethoven intonata dai ruggiti di una tigre? Il gruppo Electroboutique ha creato un simile strumento, che è stato suonato da un uomo vestito da leshy (uno spiritello della mitologia slava che protegge gli animali e le foreste).

Domenica 28 luglio 2013 è stata la giornata clou del festival, con due performance “di nudo” e una lettura di poesia. Una giovane ragazza dai capelli lunghi, la pelle di marmo e le sembianze di una creatura fatata si è fatta ammirare mentre giaceva in una “bara” rivestita di paglia e coperta da una lastra di vetro. Un altro “artista nudo”, il moscovita Fedor Pavlov, si è avvolto in una rete di spago ed è rimasto sospeso a mezz’aria nell’“Arco” di Boris Bernaskoni, un’opera che assomigliava all’interno di un pozzo.

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