Rivoluzione al Pushkin

Dopo l'esperienza al Complesso museale ed espositivo del Maneggio di Mosca, Marina Loshak prende in mano le sorti del Museo Pushkin della capitale russa (Foto: Kommersant)

Dopo l'esperienza al Complesso museale ed espositivo del Maneggio di Mosca, Marina Loshak prende in mano le sorti del Museo Pushkin della capitale russa (Foto: Kommersant)

Il 10 luglio 2013 Marina Loshak assumerà la direzione dello storico Museo delle Belle Arti di Mosca

Per molti, in Russia, la nomina di Marina Loshak in sostituzione di Irina Antonova al Museo statale delle Belle Arti A. S. Pushkin di Mosca, diretto da quest'ultima per più di mezzo secolo, non è apparsa solo come una procedura di routine, ma come un segnale che il processo di modernizzazione in corso ha coinvolto gli ambiti più conservatori della vita pubblica, incluso il settore museale. E sebbene la Loshak abbia assicurato, nelle innumerevoli interviste da lei rilasciate, di non voler attuare nessuna “rivoluzione museale”, appare evidente che le trasformazioni saranno inevitabili.

Direttrici a confronto

Marina Dedovna Loshak (Odessa, 22 novembre 1955), gallerista, art-manager, storica dell’arte, curatrice di mostre, collezionista, dirigente di museo. Una dei principali esperti di avanguardia russa. Dal 1° luglio 2013 è stata nominata direttore del Museo statale delle Arti Figurative A.S. Pushkin. Dal 2007 co-fondatrice e co-proprietaria della Galleria Proun. Dal 2012 al 2013 direttore artistico del Complesso museale ed espositivo del Maneggio. Collezionista di arte naïf e di cappelli e copricapi. Si è laureata all’Università statale di Odessa in Filologia classica. Nel 1998 è stata responsabile dell’ufficio comunicazioni e pubbliche relazioni della Banca Sbs-Argo e quindi “attaché culturel”  e infine dal 1999 al 2000 ha diretto il Centro d’arte contemporanea Moskovskij sulla Neglinnaya, all’epoca di proprietà della Banca Sbs-Argo. Co-proprietaria della boutique di abiti vintage Brocade.È membro del Consiglio di esperti del premio Kandinsky

Irina Aleksandrovna Antonova (Mosca, 20 marzo 1922), storica dell’arte, è stata direttore del Museo statale delle Arti Figurative A.S. Pushkin dal 1961 al 1° luglio 2013. Dal 1° luglio 2013 ricopre la carica di  Presidente del museo. Durante la Seconda Guerra Mondiale ha conseguito il diploma di infermiera e, dalla primavera del 1942, con il grado di sottosergente, ha prestato servizio all’ospedale sulla Krasnaya Presnya. Nel 1945 si è laureata all’Università Statale di Mosca (Mgu) e l’11 aprile ha cominciato a lavorare al Museo statale delle Arti Figurative A.S. Pushkin, frequentando un dottorato presso il museo il cui tema di ricerca riguardava l’arte italiana nel Rinascimento. Ha curato e organizzato prestigiose mostre internazionali quali le mostre “Mosca-Parigi”, “Mosca-Berlino”, “Russia-Italia”, “Modigliani”, “Turner”, “Picasso”, e altre. È stata inoltre autrice di oltre 100 pubblicazioni e di cataloghi, articoli, album, trasmissioni televisive e sceneggiature di filmati a carattere scientifico-divulgativo. Ha insegnato all’Istituto di Storia dell’arte dell’Università Statale di Mosca, all’Istituto di cinematografia e all’Istituto di Lingue orientali di Parigi. Dal 2011 è membro della camera pubblica della Federazione Russa. Dal 2012 è stata inclusa nello staff di fiducia del candidato presidente della Federazione Russa Vladimir Putin

Se non altro perché Marina Loshak (classe 1955) appartiene a una generazione e a un milieu artistico del tutto differenti da quelli della direttrice che l’ha preceduta.

Filologa classica per formazione, e non  storica d’arte, ha al suo attivo soprattutto progetti letterari o legati all’arte d’avanguardia. Si è occupata del Museo letterario di Odessa e del Museo Majakovsky di Mosca, specializzato nelle avanguardie, e ha curato mostre sull’avanguardia russa per il Centro d’arte contemporanea Moskovskij. L’ultimo incarico che ha ricoperto è stato quello di direttore del Complesso museale ed espositivo del Maneggio; uno spazio museale importante, ubicato anch’esso nel centro di Mosca, ma comunque non in grado di competere per importanza con il Museo Pushkin, di ben altro livello, con un lascito culturale pari a quello del Teatro Bolshoy e dell’Ermitage.

Uno degli obiettivi principali che ha dinnanzi a sé Marina Loshak è quello di allineare il museo agli attuali standard occidentali. “Talvolta la contemporaneità dell’approccio non dipende tanto da trasformazioni radicali, - sostiene la Loshak - quanto da un certo tipo di linguaggio relativo a fattori molto semplici come la luce, la navigazione su Internet. Vi sono cose che sono diventate oggi indispensabili come l’aria, come per esempio il Wi-Fi. Con l’aiuto di mezzi elementari possiamo compiere i primi passi in avanti. I musei devono parlare la lingua della contemporaneità, io e lei non ci sforzeremmo mai di comunicare in slavo antico. Il flusso di informazioni oggi a Mosca è molto veloce e si sente l’esigenza di un continuo rinnovamento”.

Tuttavia, non si tratterà di un processo così semplice e non basterà introdurre qualche innovazione tecnica per attuarlo. All’ordine del giorno vi sono già da un pezzo l’ampliamento dell’attuale museo, che ha banalmente bisogno di una maggiore disponibilità di spazio, per poter esporre le tele ora custodite nei depositi, e la costruzione della cosiddetta “cittadella museale” sulla Volkhonka. Il complesso era stato progettato dall’architetto britannico Norman Foster, ma finora non è stato realizzato.

E qui la posizione della Loshak sfiora il rivoluzionario. Di idee concrete sulla realizzazione del progetto ancora non ne ha, ma ha già una visione di quale dovrà essere il risultato. “Mi piace l’idea di un museo aperto, un po’ come quelle finestre senza tende che si vedono in Olanda. Nel nostro Paese si amano  barriere e steccati. Il nostro obiettivo è quello di abbatterli tutti… La realizzazione di questo progetto dev’essere il nostro obiettivo comune. Occorre assolutamente richiedere la consulenza del maggior numero di esperti, per avere una visione più ampia di quella strettamente museale. Confido molto nella collaborazione con la città e con le autorità municipali il cui operato apprezzo enormemente. Credo che la città sia coinvolta più di chiunque altro in questo progetto. E ritengo che non solo i parchi debbano essere il luogo dove la gente ritrova una propria dimensione naturale, ma che anche nei musei ci si debba sentire a proprio agio. Il museo deve diventare un luogo accogliente dove aver voglia di andare e di trattenersi e l’atmosfera deve diventare più amichevole”.

Suona alquanto scioccante per chi è abituato a forme più tradizionali di museo: alle “nonne”  affaticate all’ingresso, ai pesanti tendaggi, all’atmosfera da tempio dell’arte… Tuttavia, la Loshak ha consolidato da un pezzo la sua fama di persona dalle idee progressiste, il che in arte equivale a massima apertura e massima democrazia. Dobbiamo attenderci che nel museo, dove negli utimi anni non è stata allestita neppure una mostra d’arte contemporanea, ben presto ne vengano programmate anche in grande numero. Qui naturalmente giocano un ruolo determinante le idee progressiste e moderne della Loshak, ma non solo. L’arte contemporanea è proprio il settore di cui la Loshak è esperta e di cui ama occuparsi. 

La storia del Pushkin

Il Museo statale delle Arti Figurative A.S. Pushkin di Mosca (già Museo delle Belle Arti “imperatore Alessandro III” presso l’Università imperiale di Mosca) è uno dei maggiori e più importanti musei russi d’arte europea. Fu inaugurato il 31 maggio (13 giugno) del 1912. Le sale espositive occupano una superficie di 2672,2 mq e i depositi si estendono per 2364,8 mq. Il museo è stato fondato dal nucleo del Gabinetto di Belle arti e antichità dell’Università di Mosca come deposito pubblico per uso didattico di calchi e copie di opere dell’arte classica mondiale. Dal 1949 al 1953 l’attività espositiva del Museo fu sovvertita e la sede del museo ospitò l’ “Esposizione dei doni ricevuti da I.V. Stalin dai popoli dell’Urss e dai paesi stranieri”. La collezione del Museo statale delle Arti Figurative A.S. Pushkin raccoglie opere dell’arte occidentale dall’antichità al XX secolo. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale il Museo ha accolto una parte considerevole dei quadri della Galleria di Dresda e anche il Tesoro di Priamo, scoperto da Heinrich Schliemann nel territorio occupato dall’antica Troia. Successivamente la collezione della  Galleria di Dresda fu restituita alle autorità della Repubblica Democratica tedesca. Tuttavia, alcuni capolavori appartenuti ai musei della Germania Occidentale e a collezionisti privati rimasero al Museo Pushkin. La collezione attuale comprende oltre 560 mila opere di pittura, grafica, scultura e arte applicata, nonché reperti archeologici, oggetti  numismatici e fotografie artistiche

Per ora non esistono progetti concreti sulla realizzazione della “cittadella museale”, ma c’è già una presa di posizione precisa: “La prima cosa che faremo sarà creare un sistema di informazione assolutamente trasparente perché in presenza di un progetto  di tale entità non ci siano misteri o reticenze di nessun genere”.

La franchezza e la trasparenza sono anch’essi segni di una coscienza progressista e di una nuova, moderna mentalità, ma anche di una brillante e perfetta strategia di comunicazione. Non va dimenticato che la Loshak vanta anche una solida esperienza nel campo delle pubbliche relazioni e che è stata a suo tempo responsabile della direzione comunicazioni e pubbliche relazioni della banca Sbs-Argo. Si può scommettere che l’immagine pubblica del Museo Pushkin cambierà già nelle prime settimane della sua assunzione di servizio. E del resto appare già cambiata. Non appena è stata fatto il nome della Loshak, come successore di Irina Antonova, lo stile del Museo Statale delle Arti Figurative A.S. Pushkin da accademico è diventato assolutamente contemporaneo.

Uno dei temi più delicati legati al museo è stato il recente conflitto con l’Ermitage relativo al trasferimento a Mosca di una parte dei quadri della collezione del museo pietroburghese. Il discorso riguardava l’antica vicenda della fondazione del Museo di nuova arte occidentale, in seguito chiuso. La collezione unica di impressionisti e modernisti era stata allora divisa tra il Pushkin Mosca e l’Ermitage di Pietroburgo. Ora si è riproposta la questione della riapertura del Museo di nuova arte occidentale, ma il più prestigioso e occidentale dei musei del Paese, l’Ermitage, non vuole separarsi dalla sua parte di collezioni. In un’intervista rilasciata ai media russi la Loshak si è espressa con prudenza sull’eventualità di riunire le collezioni nel nuovo museo, ma si è lasciata sfuggire che questa dovrà essere una decisione “sovra-museale”, ossia statale. 

La nomina di Marina Loshak ha suscitato un clamore inusitato per una notizia che riguarda un ambito come quello museale. Alcuni prevedono un rafforzamento dell’influenza dello Stato nel settore, altri parlano di un’inevitabile liberalizzazione del mondo museale, chiuso e accademico, e pronosticano una legittimizazione dell’arte contemporanea a livello statale.

Certo è che dal 10 luglio 2013 avranno inizio tempi nuovi per l’arte russa.

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