La camera d'ambra è stata riaperta al pubblico per i 300 anni di San Pietroburgo (Foto: Itar-Tass)
La Russia è l’erede dell’Impero russo e dell’Unione Sovietica e nel corso della sua storia millenaria ha accumulato – creato, comprato, conquistato nelle guerre – tesori incalcolabili, conservati in grandiosi musei. Il più grande di tutti, l’Ermitage di San Pietroburgo, è uno dei più illustri luoghi di conservazione dell’arte mondiale, paragonabile al Louvre di Parigi.
Vi si trovano quadri inestimabili di antichi maestri olandesi, italiani, spagnoli, francesi: tutta la storia dell’arte racchiusa in quattro edifici, il più grande e bello dei quali è il Palazzo d’Inverno, costruito nel Settecento dall’architetto italiano Rastrelli.
Nel Cremlino di Mosca, l’antica capitale di Gran Principi e Zar della Russia medievale, sono conservate le regalie degli zar. La più importante è la Corona di Monomaco, un’antica corona russa.
La corona di Monomaco
La Corona di Monomaco (Foto: Itar-Tass) |
Si tratta di una papalina in filigrana d’oro a forma di cono, decorata con pietre preziose e guarnita con pelliccia di zibellino. La pelliccia viene cambiata regolarmente, poiché non si conserva in modo ottimale, mentre la corona è sempre la stessa.
La papalina russa venne realizzata con ogni probabilità nell’Asia centrale, poiché è un copricapo orientale. La teoria più ragionevole sulla sua origine è che sia una tjubeteika che il tartaro Uzbek Khan regalò al Principe di Mosca Ivan I Kalita nel XIV secolo. Il principe moscovita era un vassallo fedele e un alleato dei tartaro-mongoli che avevano conquistato l’antica Rus' cento anni prima della sua salita al trono.
Inoltre, più di cento anni dopo, il suo discendente Ivan III sconfisse i tartari, dando il via a un governo autonomo. Dopo la caduta di Bisanzio lo zarato moscovita (denominazione del governo russo a partire da Ivan IV fino a Pietro I, ndr) rimase l’ultimo governo ortodosso indipendente. Allora fu creata la leggenda, secondo cui la regalia degli zar fosse di gran lunga più antica: l’imperatore bizantino Costantino Monomaco l’avrebbe spedita ancora nel XII secolo al suo genero Vladimir Monomaco, principe di Kiev e antenato dei principi moscoviti.
Così, con questa leggenda, il copricapo entrò nella storia. Usato per le incoronazioni degli zar moscoviti dell’antica dinastia dei Rjurikovich, fu oggetto conteso nel periodo dei Torbidi, all’inizio del Seicento, quindi fu posto sul capo della nuova dinastia dei Romanov, il primo dei quali venne eletto nell’assemblea di tutti i popoli del 1613. L’ultimo a ricevere la corona dorata fu lo zar Ivan V, fratello maggiore del grande riformatore e primo imperatore Pietro I. Ivan e Pietro vennero incoronati insieme e per lo zar più giovane fu preparata una copia del copricapo. In seguito la capitale si trasferì a Pietroburgo, appena fondata, e gli zar divennero imperatori; la vecchia corona non venne mai più utilizzata fino al 2002, anno in cui fu realizzata e donata a Vladimir Vladimirovich Putin per il suo cinquantesimo compleanno una copia della Corona di Monomaco.
Abito da incoronazione dell’Imperatrice Elisabetta e i suoi altri 14.999 vestiti
Alla sua incoronazione, l'imperatrice Elisabetta indossava uno splendido abito di broccato intessuto con fili d'oro, esposto oggi presso l'Armeria del Cremlino a Mosca (Foto: Ria Novosti)
L’appena citato imperatore russo Pietro I morì nel 1725 senza lasciare una discendenza maschile. Pietro aveva due figlie illegittime: Elisabetta e Anna. Dopo la morte dell’imperatore, inizialmente alla guida dell’impero ci fu la sua vedova, quindi suo nipote Pietro II (figlio di Alessio, ndr) e poi la nipote (figlia del fratellastro Ivan V, ndr). Nel 1741 Elisabetta conquistò il trono a seguito di un colpo di Stato a palazzo, uno dei tanti nel Settecento.
La rivolta fu quasi senza spargimenti di sangue: secondo la leggenda, Elisabetta, mentre pregava alla vigilia della folle impresa, avrebbe giurato di non giustiziare nessuno.
Quindi la regina venne incoronata e per l’occasione venne cucito un abito speciale di broccato liscio d’argento con ricami dorati che ora è conservato nell’Armeria del Cremlino di Mosca. Il vestito venne confezionato in Russia: all’imperatrice premeva mostrare che non amava gli stranieri, al contrario dei suoi predecessori. L’abito era – secondo la moda dell’epoca – enorme, con un’ampiezza pari all’altezza di un uomo. Elisabetta si riteneva una delle più belle donne del suo tempo e amava molto i vestiti. Quando morì, vent’anni dopo la sua incoronazione, lasciò 15.000 vestiti, bauli di calze, l’erario svuotato, il Palazzo d’Inverno ancora da terminare – il futuro Ermitazh – ed enormi debiti. Negli ultimi anni della sua vita i sarti rifiutarono di fare credito alla corte.
La camera d’ambra, l’ottava meraviglia del mondo
La camera d’ambra è stata costruita in Prussia (ora Germania unita), regalata dal re Federico I all’imperatore russo Pietro I e poi leggermente modificata dall’architetto Rastrelli su ordine dell’imperatrice Elisabetta. È una sala da ballo interamente rivestita da pannelli bicolore intagliati di ambra e legno placcato in oro. Si è conservata fino alla Seconda guerra mondiale nel Palazzo di Caterina a Carskoe Selo (Il villaggio degli zar, ndr) nei dintorni di Pietroburgo. Durante la guerra Leningrado (così si chiamava all’epoca Pietroburgo) venne assediata e i sobborghi depredati e saccheggiati. La camera d’ambra fu portata via e per tutta la durata della guerra venne esposta pubblicamente nel castello di Königsberg, l’odierna Kaliningrad.
Durante l’assalto a Königsberg da parte delle truppe sovietiche la camera scomparve. Forse prese fuoco durante i bombardamenti oppure la nascosero nei sotterranei del castello di Königsberg ed lì ci è rimasta seppellita per sempre. O ancora fecero in tempo a portarla via da Königsberg e ora è nascosta da qualche parte in Germania, Repubblica Ceca o Austria. Nessuno lo sa con certezza. Le ricerche continuarono per tutta la seconda metà del Novecento, ma alla fin fine si decise di allestire una nuova camera d’ambra. La ricostruzione durò dal 1981 al 1997, ma la camera venne rimessa a nuovo e aperta soltanto nel 2003, sempre nel Palazzo di Caterina, per il trecentenario di San Pietroburgo.
Il diamante “Orlov”
Il diamante Orlov |
Nel Palazzo dell’Armeria del Cremlino si trova lo scettro imperiale della zarina russa Caterina II con incastonato un enorme diamante di colore verde con 180 sfaccettature per un totale di 189,6 carati. Questo storico diamante fu trovato in India alla fine del XVII secolo. La pietra grezza da cui deriva pesava inizialmente circa 400 carati, ma ne perse molti durante il taglio. Alla fine del Settecento la pietra venne acquistata per 400.000 fiorini d’oro da Ivan Lazarev, gioielliere armeno e banchiere che prestava servizio in Russia. Da Lazarev fu a sua volta comprata dal conte Orlov.
Alexei Orlov era il favorito di Caterina, protettore delle scienze, corrispondente epistolare di Jean-Jacques Rousseau; allevò la razza di cavalli “trottatori di Orlov” e partecipò alla gestione del governo. Regalò il diamante all’imperatrice che ordinò di apporlo sullo scettro imperiale, chiamandolo in onore del conte con il suo nome. Secondo un’altra versione il diamante piacque all’imperatrice e Orlov in questo caso fece soltanto da intermediario, chiamato a respingere l’accusa nei confronti della zariza di sperpero eccessivo. In ogni caso i monarchi europei invidiavano terribilmente Caterina: nessun all’epoca aveva un diamante di quelle dimensioni.
S’intende, i frammenti del gigantesco diamante “Cullinan” di proprietà della corona britannica, sono molto più grandi, ma questa pietra venne recuperata soltanto all’inizio del Novecento.
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