Il monumento di Cirillo e Metodio a Khanty-Mansiysk (Foto: PhotoXpress)
Cirillo e Metodio sono considerati gli apostoli degli slavi, ma anche i compatroni d’Europa insieme a San Benedetto da Norcia, per volere di Papa Giovanni Paolo II, dal 1980. Due figure di primo piano che vengono celebrate con un ciclo di conferenze intitolate “Letture Cirillo-Metodiane. Per i 1.150 anni di scrittura slava”.
L’evento è stato inaugurato il 4 febbraio 2013 presso il Centro Russo di Scienza e Cultura di Roma e proseguirà fino all’8 febbraio 2013 all’Università di Firenze, per concludersi il giorno seguente a Mosca, andando a sancire una relazione ideale e, nello stesso tempo, concreta, che unisce l’Italia e la Russia nel nome dei due famosi santi.
I fratelli Cirillo e Metodio nacquero a Salonicco nei primi decenni del IX secolo; fin da piccoli si distinsero per la loro erudizione, sapienza e fede. Quando il principe della Grande Moravia, Rastislav, chiese all'imperatore di Bisanzio Michele III di inviare missionari presso le proprie terre, furono scelti proprio Cirillo e Metodio che si recarono nelle terre morave.
Per questa missione Cirillo creò l’alfabeto detto “glagolitico”, che successivamente nel primo impero bulgaro sarebbe stato sostituito dall’alfabeto “cirillico”, allo scopo di evangelizzare il popolo slavo nella sua lingua.
Se è facilmente comprensibile l’interesse e la venerazione dei popoli slavi per i fratelli di Salonicco, può non essere così immediato il legame tra i due santi e l’Italia.
In occasione dell’apertura del ciclo di conferenze in onore di Cirillo e Metodio, abbiamo chiesto al professor Marcello Garzaniti, ordinario di Filologia Slava presso l’Università di Firenze e presidente dell’Associazione Italiana Slavisti, di spiegarci cosa lega i Santi Cirillo e Metodio all’Italia.
Un momento della prima conferenza “Letture Cirillo-Metodiane. Per i 1.150 anni di scrittura slava”, il 4 febbraio 2013 al Centro Russo di Scienza e Cultura di Roma (Foto: Ufficio stampa)
“Il legame tra Cirillo e Metodio è innanzitutto di carattere storico – chiarisce il professor Garzaniti. – I fratelli di Salonicco, nell’867, furono convocati a Roma da Papa Niccolò I per discutere sulla conformità dei libri scritti nella nuova lingua; in quell’occasione Cirillo e Metodio portarono in dono al Papa le reliquie di Clemente I, morto a Cherson, in Crimea. Durante la visita dei due fratelli, il Papa approvò la traduzione dei libri sacri e, sempre durante il soggiorno romano, Metodio fu consacrato sacerdote e Cirillo assunse l’abito monastico”.
A ciò va aggiunto il fatto che proprio a Roma, e sempre in occasione della missione in Italia dei due futuri Santi, Cirillo si ammalò e morì il 14 febbraio 869 e, per volere di Papa Adriano II, fu sepolto a Roma nella Basilica di San Clemente, dove si trova ancora adesso e dove ogni 24 maggio, la giornata dell’alfabeto slavo, viene festeggiato solennemente da diversi Paesi slavi.
Un momento della prima conferenza “Letture Cirillo-Metodiane. Per i 1.150 anni di scrittura slava”, il 4 febbraio 2013 al Centro Russo di Scienza e Cultura di Roma (Foto: Ufficio stampa)
“Quello storico non è l’unico legame tra l’Italia e Cirillo e Metodio - spiega ancora il professor Garzaniti. – C’è anche quello culturale, dovuto all’attenzione che il papato ha sempre rivolto al mondo slavo, e quello in seguito legato alla riscoperta in Europa delle figure di Cirillo e Metodio durante il XIX secolo, un fenomeno che ha investito anche l’Italia”.
“Da non dimenticare, infine, – conclude Garzaniti – che proprio in Italia sono stati condotti ottimi studi sulla missione cirillo-metodiana e la sua eredità da uno dei maggiori maestri della slavistica italiana, Riccardo Picchio, recentemente scomparso”.
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