Prima della Rivoluzione i sacerdoti frequentavano i corsi di medicina e andavano nei villaggi a prestare, tra le altre cose, aiuto medico (Foto: Andrey Shapran)
È di padre Aleksandr
Novopashin, priore della chiesa di San Aleksandr Nevskij, l’idea di mandare una
nave-chiesa in giro per l’Ob. Risale al 1996 la prima spedizione missionaria
dell’imbarcazione, orgogliosamente chiamata missione del “Santo apostolo Andrej
il Primo Chiamato” (secondo la denominazione ortodossa dell’apostolo Andrea, ndr). Un anno prima i sacerdoti avevano
attraversato la regione di Novosibirsk con il gruppo del “Treno della memoria”,
dedicato al cinquantesimo anniversario della Vittoria nella Seconda Guerra
Mondiale.
“Nel 1990 le strade della regione erano distrutte, come anche i trasporti fluviali. Così abbiamo deciso di noleggiare una nave non molto grande – racconta padre Aleksandr –, l’abbiamo cercata insieme a un prete ex impiegato nei trasporti fluviali. La scelta è ricaduta su una barca Om-378 che apparteneva al Comitato per l’ecologia della regione di Novosibirsk. E con un gruppo di sacerdoti ci siamo messi in viaggio. La prima volta siamo rimasti a lungo in acqua, attraccando soltanto dopo la mezzanotte. E abbiamo trovato tutto il villaggio sulla riva! Prima che facesse mattino abbiamo dato il battesimo direttamente sull’Ob. Quella volta abbiamo preso con noi a bordo un collettivo artistico. Sul posto però abbiamo visto cosa serviva: oltre ai sacerdoti, nel paese mancavano i dottori. Così abbiamo messo su la prima squadra di medici”.
L’inizio del cammino
Prima della Rivoluzione i
sacerdoti frequentavano i corsi di medicina e andavano nei villaggi a
prestare, tra le altre cose, aiuto medico. Oggi tra i membri della squadra
figurano 11 specialisti. La maggior parte dei medici si aggiunge ogni anno. Il lavoro
in missione non viene pagato ai dottori come extra; lo stipendio rimane uguale,
più l’indennità di trasferta. Le condizioni sono spartane: cabine da quattro,
cuccette come negli scompartimenti dei treni. Sveglia alle 7, messa
comunitaria, colazione e un paio di ore di strada fino al paesino successivo.
La missione raggiunge le campagne che distano al massimo cento chilometri dal fiume. Il carico di lavoro per ogni medico è pari a 60-70 persone al giorno. Nella traversata in corso i dottori hanno ricevuto 4.941 pazienti, 615 erano bambini.
“All’inizio nei villaggi ci ha colpito lo stato di abbattimento spirituale. All’epoca anche nelle città le persone perdevano il lavoro e in campagna era tutto allo sfacelo: i campi restavano abbandonati, nelle fattorie rimanevano soltanto gli scheletri delle case e delle attrezzature. In un paese, nel quartiere Bolotinskij, vivevano senza corrente, con le lampade al cherosene, i bambini svenivano dalla fame. Era terribile. In questa cornice abbiamo scoperto nelle persone un vivissimo interesse per la vita spirituale. Ne abbiamo battezzate 200 in una volta sola”, ricorda Padre Konstantin Rabota, l’organizzatore della spedizione, presente sulla nave dalla sua primissima incursione.
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Oggi le autorità locali mettono a disposizione degli autobus. Una volta giunti sul posto i missionari si sistemano nelle scuole, nelle Case della cultura, nei punti di assistenza ostetrica, negli ospedali di quartiere. Dove non ci sono scuole o ospedali si piazzano direttamente in strada. All’inizio della loro attività i sacerdoti riuscivano a battezzare 2.000 persone in un viaggio. Poi il numero è andato calando, ma quattro anni fa c’è stato un nuovo slancio: nelle famiglie sono arrivati i bambini. In molti paesi il tasso di natalità ha superato quello di mortalità. Quest’anno 718 persone hanno ricevuto il battesimo.
I medici stessi non sanno spiegarsi perché si mettono in mare ogni anno. Olga Fishova, ecografo presso l’ospedale clinico della regione di Novosibirsk, partecipa già da 15 anni ai viaggi missionari e racconta: “Quando partii per la seconda volta, non mi preoccupava per niente che ci fosse molto da fare. Capite bene che lì i rapporti raggiungono un livello molto alto. Iniziamo a capirci con un gesto, uno sguardo. A volte pensiamo anche la stessa cosa. La nave cambia i rapporti tra di noi. Ci fermiamo nei corridoi del nostro ospedale a chiacchierare con i dottori con cui siamo andati in viaggio. Un collega passa accanto e ci chiede: Siete stati insieme sulla nave, vero? Parlate in un altro modo!. Un medico, se lo è davvero e se analizza il suo lavoro, non può non credere che Dio esista. Capisce che non sempre tutto va secondo la volontà del dottore. Dopo i viaggi ne ho parlato con i rianimatori che mi hanno risposto: noi lo vediamo”.
Un luogo d’incontro
L’arrivo della missione è
una buona occasione per gli abitanti della campagna di mettersi in contatto
l’uno con l’altro. “Non ci vediamo da due anni –
dice uno dei nuovi pazienti. – È arrivata la missione ed è venuto da sé
ritrovarsi”.
“A volte prova a convincere la gente ad andare in città, nell’ospedale regionale. C’è chi non ha i soldi, chi non sa dove lasciare i figli, chi fa soltanto le ecografie e non gli serve altro – racconta uno dei medici. - Per convincerli fanno venire i sacerdoti, e un paio di volte, in vista di questi incontri, hanno chiamato persino il direttore dell’amministrazione. Durante la missione in corso sono stati diagnosticati 8 infarti, oltre a diabeti, patologie tiroidee e neoplasie. Anche se le malattie croniche che si riscontravano in campagna nei primi anni oggi non ci sono più. Però ne sono arrivate altre…”.
“Più ci si allontana da Novosibirsk o dal capoluogo del distretto, più la gente si fa cordiale. Più si è vicini, invece, più diventano esigenti, - incalza Olga. - Da 3-4 anni a questa parte si sente spesso dire: voi dovete, voi siete obbligati, perché ve ne andate alle 6, dovete rimanere fino all’ultimo paziente! Credo che sia la propaganda antimedica che agisce così, tutte queste trasmissioni a non finire su dottori che hanno commesso delle sviste. I giovani iniziano a calcolare quanto prendiamo per queste missioni. Non prendiamo un bel niente; il nostro stipendio e 100 rubli per la trasferta”.
E in futuro?
“Una volta è arrivata una
signora di 96 anni”, ricorda Konstantin. Aveva perso il marito in guerra e si
era tirata su da sola 11 figli. Le ho chiesto: “Chi l’ha aiutata? Si è
risposata dopo la guerra?. Mi ha guardato e mi ha detto: Sono ancora
sposata! - racconta padre Konstantin. - La forza di spirito di questa
generazione mi ha conquistato. Sembra che queste donne
anziane, che hanno tutte sofferto, ma non si sono piegate, ci abbiano passato
il testimone. Su emulazione del nostro viaggio per mare hanno mandato in giro
per la Russia un treno. Per ora però non fanno ancora tesoro dell’esperienza
della nave. Ma nel Paese ci sono così tanti luoghi che il treno non potrà mai
raggiungere, dove si può arrivare soltanto passando per i fiumi…”.
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