La bandiera a stelle e strisce. E, di fianco, quella sovietica. Un accostamento che fino a pochi anni prima era semplicemente impensabile. In sottofondo un riff di chitarra che sembrava venir fuori dalla migliore tradizione dell’hard rock americano. E che invece era stato ideato, pensato, nella Mosca della perestrojka. 1989: i Gorky Park sono una band attiva da soli due anni.
E il loro primo singolo, “Bang”, inizia a essere trasmetto dalla Mtv americana. E il gruppo guidato dal chitarrista Alexei Belov e dal cantante Nikolai Noskov diventa in maniera immediata il simbolo della compiuta distensione tra Urss e Stati Uniti. Ma non c’è solo questo: i Gorky Park mandano un messaggio a tutto il gotha del rock mondiale: anche in Russia possiamo suonare l’hard rock. Senza sfigurare.
Del resto, bastava guardarli. La connessione sentimentale e programmatica con la scena che alla fine degli anni ’80 rivitalizza il rock duro, è già negli atteggiamenti, nel modo di vestire, nel tipo di approccio agli strumenti. I Gorky Park arrivano subito, grazie al primo disco, all’altezza di mostri sacri come Bon Jovi e Motley Crue, Cinderella e Scorpions.
La consacrazione, pochi mesi dopo l’uscita del loro primo disco, intitolato semplicemente “Gorky Park”. Accade tutto al Moscow Music Peace Festival, quando la band non sfigura sullo stesso palco dei mostri sacri americani. Un set micidiale. Tirato. Energico. E per la compilation che segue il concerto i Gorky scelgono il pezzo rock per eccellenza: “My Generation” degli Who. Il messaggio è in filigrana: basta con la cortina di ferro musicale, riscopriamo la funzione comunitaria del rock, creiamo un ponte tra i ragazzi dei nostri Paesi.
Nel 1990 i Gorky Park sono oramai una certezza. Vanno in tour con i Bon Jovi. E sul palco di ogni concerto le due bandiere convivono. Poi gli eventi del 1990. La storia prende il sopravvento. Il crollo del regime sovietico sembra lasciare i Gorky senza la loro ragione sociale. Iniziano, nella band, le prime defezioni. Noskov lascia la band. Ma i tre sopravvisuti vanno avanti, cercando di fronteggiare anche il cambiamento nella musica rock mondiale, alle prese con il terremoto del grunge.
Di colpo i loro riff di chitarra e i capelli cotonati diventano immediatamente retrò. E la crisi che nei primi anni’ 90 stringe la Russia, fa il resto. Il risultato è “Moscow Calling”, disco del 1993: non solo una citazione del capolavoro dei Clash del 1979. Ma un vero e proprio urlo lanciato al mondo a testimoniare la permanenza di quella stagione in cui la musica teneva insieme i ragazzi russi e quelli dei Paesi occidentali. Poi un lento declino. Fino allo scioglimento della band, alla fine degli anni ’90.
Ma il rock è come l’araba fenice. Ritorna. Rinasce, sempre, dalle proprie ceneri. E i Gorky Park non sfuggono a questa dinamica. Li potremo rivedere, dal vivo a Mosca il 18 novembre del 2012. Quando i Gorky festeggeranno i venticinque anni dal loro esordio.
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