"Lennon visse, vive e vivrà!". Ogni scolaro sovietico conosceva questo vecchio slogan comunista in cui si poteva sostituire perfettamente il nome del leader del proletariato mondiale, Vladimir Lenin, con quello del leggendario cantante del quartetto di Liverpool. La musica e i testi dei Beatles contribuirono alla formazione del bagaglio culturale collettivo della generazione degli anni '60 e '70 molto più dell'ideologia sovietica ufficiale.
L'assassinio di John Lennon da parte di un folle nel dicembre 1980 sconvolse i fan sovietici non meno di quelli occidentali, che appresero la notizia dalla stampa mondiale. La notizia ascoltata dai radioamatori sintonizzati sulle emittenti occidentali si diffuse immediatamente in tutte le grandi città del Paese.
Quel tragico giorno gli studenti si radunarono davanti all'edificio principale dell'Università di Mosca (Mgu) per una commemorazione spontanea: erano diverse centinaia, come testimoniò il giornale britannico Daily Telegraph. Un fatto curioso è che gli studenti portarono con sé una bandiera americana le cui stelle erano state coperte con la vernice: "L'America non ha saputo proteggere la vita di Lennon", così spiegò la mancanza delle stelle uno degli studenti in lutto. "Il culto sovietico dei Beatles non è minore che nel resto del mondo", scriveva il noto giornalista russo Leonid Parfenov nella voce "John Lennon" dell'enciclopedia Namedni, dedicata alla storia del periodo sovietico.
Oggi che il mondo festeggia il cinquantesimo anniversario dei Beatles e i 70 anni recentemente compiuti da Sir Paul McCartney, lo slogan "Lennon vive" è ancora popolare nel paese erede dell'Urss. "Nel rock'n'roll di Elvis e nelle ballate dei Beatles trovavamo un significato maggiore che non in tutti gli articoli di Lenin che ho dovuto riassumere alle elementari o nei tre anni dell'università", scrive in uno dei suoi libri il musicista rock e fan dei Beatles Aleksej Rybin.
Come abbiano fatto i Beatles ad attraversare la cortina di ferro è ancora oggi una questione discussa tra i critici musicali e gli storici; in compenso, si può stabilire con precisione la data in cui il gruppo venne citato per la prima volta dalla stampa ufficiale sovietica. Nel 1964 un articolo su John Lennon e sulla crescente popolarità dei Beatles fu pubblicato dal corrispondente londinese del quotidiano dei giovani sovietici Komsomolskja Pravda Boris Gurnov.
Gurnov in seguito raccontò all'autore del presente articolo che i suoi capi inizialmente non avevano visto di buon occhio l'idea di un incontro con Lennon: "A quei tempi, la stampa sovietica le considerava "stravaganze artistiche borghesi". Io scrissi un lungo articolo nel quale tentai di analizzare i motivi per cui la gioventù nutriva un simile entusiasmo per i Beatles: lo misi in relazione con alcuni complessi freudiani. I fan della band si trovavano nella fase della maturazione sessuale", spiega Gurnov.
Probabilmente Gurnov aveva in parte ragione: per timore di questa energia dirompente la censura sovietica seguiva con la massima attenzione le deleterie influenze occidentali. Eppure, i fan dei Beatles riuscivano a racimolare informazioni sulla band granello per granello, cercandole nella stampa occidentale che solo di rado arrivava in Urss, ma anche nei periodici dei paesi dell'Europa Orientale, che godevano comunque di maggiore libertà: tra questi c'era il popolare giornale giovanile della Repubblica Democratica Tedesca Junge Welt.
Benché le informazioni disponibili sui Beatles fossero scarse, le canzoni della leggendaria band ogni tanto venivano incluse nelle compilation sovietiche pubblicate dall'unica casa discografica dell'Urss, la Melodija. Secondo le testimonianze dei melomani, i fan sovietici dei Beatles poterono ascoltare per la prima volta la canzone Girl in una compilation del 1967; un altro pezzo della band inglese, Let it Be, uscì in una compilation del 1972.
In tutto in Urss vennero pubblicati 20 pezzi dei Beatles, anche se ai musicisti non vennero mai corrisposti i diritti d'autore. Un fatto curioso è che i melomani sovietici, che conoscevano bene i titoli originali delle canzoni del loro gruppo preferito, risero parecchio quando lessero sulla copertina dell'album la traduzione della famosa hit A Hard Day's Night: il titolo in russo faceva pensare piuttosto a una qualche trasmissione sovietica.
Nel 1988 Paul McCartney fece un magnifico regalo ai suoi fan in Urss. Appositamente per i fan sovietici incise un album intitolato Back in the Ussr con le canzoni dei Beatles. Il disco ebbe una tiratura di 500.000 copie, ciò che permise all'equivalente sovietico del Guinness dei primati, il "Pari", di conferire a McCartney il premio per l'artista straniero con la più alta tiratura di un singolo album.
Appena uscito, l'album divenne uno dei titoli più ricercati dai melomani sovietici. Il suo prezzo per gli speculatori di allora arrivava a un centinaio di rubli, mentre oltre frontiera l'album appena pubblicato in Urss veniva valutato tra i 100 e i 200 dollari.
"Con l'uscita di questo disco realizzato appositamente e in esclusiva per l'Urss, ho voluto tendere una mano alla gente sovietica in segno di pace e di amicizia", recitava la scritta in copertina.
È interessante l'osservazione del politico russo nonché appassionato melomane Alexei Mitrofanov: sia Paul che John Lennon, che simpatizzava per la sinistra, avrebbero potuto "tendere una mano alla gente sovietica" già molto prima. Nelle affermazioni di Mitrofanov qualcosa di vero c'è: i "vecchi del Cremlino" non avevano fatto caso abbastanza a quanto i Beatles alla fine dell'agosto 1968 avessero giovato al prestigio dell'Urss.
Proprio allora, infatti, Paul McCartney aveva scritto la canzone Back in the URSS, che contiene molte osservazioni positive sul Paese che aveva appena aggredito la Cecoslovacchia, attirandosi giustamente l'avversione del mondo intero.
In Unione Sovietica, nonostante la canzone Back in the Ussr, i Beatles non erano particolarmente benvoluti: alle voci critiche nei confronti del gruppo, che si preferiva chiamare sprezzantemente "gli scarabei", e ai feuilleton si unì persino l'autorevole compositore Nikita Bogoslovskij: "... Sono pronto a scommettere che tirerete avanti ancora un anno o un anno e mezzo, e poi arriveranno dei ragazzi con delle pettinature ancora più stupide delle vostre, che grideranno ancora più forte di voi, e tutto finirà" - scriveva il compositore in uno dei tanti articoli critici sui Beatles apparsi sulla stampa sovietica.
"Si pensava che la direzione in cui andavano i Beatles non fosse conciliabile con l'ideologia allora accettata" - raccontò il presidente Vladimir Putin parlando di quei tempi in un incontro con Paul McCartney al Cremlino nel 2003.
Sembra ieri che i Beatles erano vietati dai dirigenti sovietici, che temendo la "rovinosa influenza" di quei ragazzi dai capelli lunghi tenevano sotto stretta osservazione le acconciature dei gruppi sovietici semi-consentiti. Oggi in Russia la generazione cresciuta con la musica dei Beatles è arrivata al potere: ha dichiarato il suo amore per il gruppo inglese il capo dell'amministrazione presidenziale Sergei Ivanov, che nel 2003 assistette al concerto di Paul McCartney sulla Piazza Rossa.
Nonostante la miopia dei dirigenti sovietici, che veramente avevano paura tanto dei simpatizzanti della sinistra occidentale quanto di quelli della destra, in URSS e nella Russia post-sovietica rimase a lungo in vita la leggenda popolare secondo cui i Beatles avrebbero tenuto un concerto a porte chiuse solo per i membri del governo sovietico.
Benché non esista alcun documento che lo confermi, gli esperti di musica hanno ipotizzato che si trattasse di gruppi che imitavano i Beatles, come ad esempio i Blitz, una band della Georgia, che allora era una repubblica sovietica: i Blitz avevano ottenuto un certo successo con un'esibizione nell'enorme sala concerti "Jubilejnyj" di Leningrado.
"Certo, è pur sempre un surrogato, direte voi: ma tutti noi eravamo cresciuti mangiando un surrogato di salame, suonavamo surrogati di chitarre, studiavamo un surrogato di storia, nei negozi di musica con un surrogato di denaro compravamo dischi con le canzoni di surrogati di cantanti, e in televisione appariva un surrogato di leader del nostro paese... perciò il surrogato dei Beatles non era affatto la cosa peggiore", scrive il musicista e scrittore Alexei Rybin, che ebbe modo di assistere a un concerto degli imitatori georgiani dei Beatles.
La cosa più importante, osserva Rybin, era una buona interpretazione delle canzoni dei Beatles in inglese; i georgiani si erano davvero allenati a lungo e con costanza, studiando le famose hit Yesterday e A Hard Day's Night.
Proprio per comprendere cosa cantassero i Beatles, e non per imparare a memoria i noiosi testi sulla lotta comunista, gli scolari sovietici più progrediti studiavano l'inglese; tra loro c'era anche il futuro economista e politico Grigorij Javlinskij: "Quando alla fine degli anni '80 ci venne data la possibilità di viaggiare all'estero, scoprii che per me praticamente non vi era alcuna barriera linguistica. In seguito si è visto che le persone della mia generazione hanno una sorta di "alfabeto basilare", una lingua comune: è l'effetto del decennio vissuto insieme ai Beatles.
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